Al via le quattro masterclass proposte dal Rome Documentary Film Festival, in collaborazione con il DAMS Roma Tre. Le masterclass RIDF sono proposte per approfondire le tecniche, le azioni e gli strumenti che registi, autori utilizzano per realizzare un documentario.
Il primo incontro, Immagini che bruciano, tenuto dal regista e storico del cinema Marco Bertozzi, ha destato molto successo dal pubblico in sala.
Bertozzi ha dedicato la sua presentazione al found footage, al riuso ed il lavoro sulle immagini d’archivio nel cinema documentario.
Partendo dal libro L’Alchimia della Rovina di Bill Morrison Decasia, presentato alla casa del cinema di Venezia, Bertozzi ci mostra come si sia arrivati, nel 2002, ad un anno chiamato ‘Documentary Time’, quando per la prima volta, nelle mostre d’arte contemporanea, le sale erano piene di documentari.
Non stiamo parlando di utilizzare, semplicemente, delle immagini con sottofondo una voice over, ma prenderle e, attraverso degli interventi quali montaggio, ralenti, e la colorazione, di utilizzarle per intendere tutt’altro, in maniera non banale.
‘’Sono immagini prese da archivi, quei materiali che le cineteche non sanno come classificare, perché non corrispondenti al canone di un film. Dei resti inutilizzati, che ci raccontano di un passaggio di un tempo, dell’emulsione che se ne va, un qualcosa che ha a che fare con la morte. La morte della pellicola? O forse la morte del cinema?’’
Queste le parole di Bertozzi nell’introdurre la prima parola della masterclass: Storia.
Storia perché un grande quesito accompagna queste riflessioni del regista.
”Se le immagini non corrispondono più al loro significato originario, se col found footage recuperiamo una dimensione plastico-pittorica al di là di quella narrativa, se questi film ci raccontano altro, dobbiamo forse riscrivere la storia del cinema?”
La qualità negli anni della rivoluzione tecnologica.
Bertozzi fa un’interessante riflessione sulle immagini d’archivio e di bassa qualità. Siamo in anni in cui bisogna essere al passo con la tecnologia. Sempre pressati nell’avere telefoni, camere, di ultima generazione, per essere al passo con i tempi tecnologici con la promessa che un’alta definizione ci da una migliore qualità del racconto.
Quando si utilizzano delle immagini d’archivio, invece, Bertozzi ci porta a riflettere sul fatto che forse, anche le immagini che sembrerebbero mancanti di qualità, in realtà ci portano proprio all’interno di quella profondità che l’esperienza del sogno e psicanalitica, di una storia rivista, ci può offrire.
Archivi: tra pellicola e digitale
Gli archivi documentaristici, nel corso dello sviluppo del found footage, hanno dovuto fare delle scelte. Con la pellicola era più complicato mettere a disposizione, elaborare o gestire, trovare delle immagini. Gli archivisti e storici avevano bisogno di una rete abbastanza forte, per realizzare un film completamente a base d’archivio.
L’avvento del digitale ha costituito un momento fondamentale. Le cineteche mettono a disposizione, con time code per non essere copiati, i loro materiali, digitalizzandoli velocemente. Marco Bertozzi, durante la masterclass, riflette sulla possibilità di un orizzonte di condivisione di immagini molto più semplice rispetto ad anni fa.
Costruire orizzonti attraverso le immagini
Importante nell’evoluzione del pensiero è la possibilità di costruire altri orizzonti filosofici attraverso le immagini, attraverso un pensiero che non necessita la parola. A tal proposito, Bertozzi commenta:
‘‘Wow, questa cosa qui è tostissima Il fatto di poter riusare le immagini liberamente per creare nuovo senso, ci sottrae dalla centralità della parola e ci consente anche di fare delle riflessioni filosofiche, attraverso le immagini e non attraverso il verbo. Questa è una bella rivoluzione’’