Il 24 luglio 1931, nasce il regista, sceneggiatore, montatore, direttore della fotografia e scrittore Ermanno Olmi. Di seguito la sua filmografia, con tanto spazio dedicato ai cortometraggi, realizzati dal regista con la sua consueta sensibilità.
L’esperienza dei cortometraggi, quasi tutti documentaristici, fu per Ermanno Olmi una palestra fondamentale, resa possibile attraverso la sua attività lavorativa con l’azienda della Edison, dove lavorava il padre, poi la madre e infine lui, non tanto avvezzo alla vita da impiegato.
In questi suoi primi lavori cinematografici, il giovane Olmi ebbe modo di consolidare una fitta rete di collaboratori, come Lamberto Caimi, Roberto Savero, Walter Locatelli, Pier Paolo Pasolini e Tullio Kezich, i quali affiancarono il regista in questi suoi primi esperimenti cinematografici. Un periodo di formazione artistica e culturale, durante il quale Ermanno Olmi prese confidenza con la macchina da presa, anticipando il suo universo poetico, popolato da un forte sentimento umanista.
Ingenuo come un bambino, prodigioso come un poeta
È umile, ingenuo come un bambino e prodigioso come un poeta, Ermanno Olmi, un osservatore sensibile, un regista accurato e un filosofo ancestrale. Un cinema, il suo, attento alla realtà che rifiuta ogni trucco e concentra la sua attenzione sulle attività antropologiche.
La natura, la spiritualità, e il trascorre del tempo sono le principali corde di Ermanno Olmi, per dar vita alla sua personale e originale sinfonia umana. Poesia e filosofia danzano attraverso una messa in scena sostanzialmente semplice, ma al contempo molto espressiva. Una visione che si interroga sul mistero della vita, attraverso esperienze vissute da contadini, operai e impiegati. Gente comune catturata nel fluire di una serie di micro – storie che partendo dal particolare arrivano a simboleggiare l’universale, come il linguaggio utilizzato per rivelare un mondo poetico ma mai astratto.
Prima di ogni altra cosa, Ermanno Olmi è stato un poeta. Questa qualità, però, si è espressa in maniera inconsapevole, conservando la sua innocenza. È una prassi ben visibile già dai suoi primi lavori, calati in una quotidianità normale, dove i protagonisti non fanno altro che lavorare. L’ambiente lavorativo è il luogo privilegiato, scelto per mostrare esistenze, solo apparentemente anonime, ma traboccanti di lirismo.

La filmografia di Ermanno Olmi anticipa il cinema di Pier Paolo Pasolini
La filmografia di Ermanno Olmi, simbolicamente, si pone immediatamente prima dell’attività di un altro poeta come Pier Paolo Pasolini. I due sono contemporanei e hanno collaborato in più di un’occasione. Olmi e Pasolini si sono fatti alfieri del mondo popolare e in modo diverso hanno abbracciato l’ideologia marxista. In Olmi, però, è palpabile una certa armonia che in Pasolini viene a mancare. La frattura tra mondo contadino e mondo operaio (il tanto amato sottoproletariato pasoliniano) non è ancora avvenuta e nell’universo poetico di Ermanno Olmi si percepisce, accanto al sacrificio del lavoro, una speranza tangibile. Il progresso fa capolino nella società italiana, l’industrializzazione del Paese è nella sua fase primordiale e il fracasso delle turbine inizia a farsi sentire anche lontano dalle grandi città, come Milano.
Le campagne, ma soprattutto le montagne, rimaste incontaminate per secoli, diventano le principali risorse per arricchire un sistema che inizia a promettere progresso e ricchezza a un Paese uscito distrutto dalla guerra.
Il cattolicesimo lombardo in Ermanno Olmi
In questi primi lavori della filmografia di Ermanno Olmi, l’avanzamento dell’industrializzazione è vista in maniera positiva. Persiste l’armonia tra uomo e natura, che viene ancora rispettata. La terra non è più solcata dalla zappa del contadino, ma percossa dai denti metallici della pala meccanica. Nonostante ciò, l’uomo non è ancora arrogante verso l’intero pianeta e accetta, non solo il sacrificio del lavoro, ma anche il suo rischio. È questa una costante del cinema di Olmi che con poche differenze si può agevolmente accostare al cattolicesimo lombardo, sociale e operoso.
Il rapporto con Dio e Il Cristo è l’architrave dell’opera di Olmi che immancabilmente subisce una profonda mutazione che procede in parallelo con il rapporto tra uomo e terra. La religione o meglio la spiritualità influenza, e non poco, i personaggi e le storie narrate così come si faceva una volta, di sera intorno al focolare, mentre fuori tutto veniva avvolto dalla nebbia.
La spiritualità e il rapporto con il Creatore sono presenti già nei brevi documentari realizzati per la Sezione Cinema dell’Edison. In queste opere e in parte per tutta la filmografia di Ermanno Olmi, la spiritualità viene trattata di pari passo con la concezione di Lavoro.

La diga del ghiacciaio e Manon Finestra 2
È il caso di La diga del ghiacciaio (1955) realizzato a 2000 metri, nei pressi di Riale, in Piemonte.
Il documentario è dedicato alla costruzione di un importante impianto idroelettrico nell’Alta Val Formazza. Il lavoro degli operai viene mostrato nei suoi minimi particolari, sottolineando anche un certo aspetto rituale del lavoro che acquista un valore totalizzante nella vita dell’uomo. Il sacrificio e il rischio sono prepotentemente presenti, accanto alla spiritualità, rappresentata dalla maestosità delle montagne.
Il medesimo impianto narrativo è presente in Manon Finestra 2 (1956) realizzato su un testo scritto da Pier Paolo Pasolini.
Nell’Alto Chiese, ai piedi del maestoso Adamello, è in costruzione uno degli impianti idroelettrici più grandi d’Europa. Gli operai sono impegnati nella costruzione di diverse dighe, tra le quali quella di Cimego avrà le turbine più grande del mondo. Per scavare le gallerie si sono praticati dei fori sulle pareti della montagna che vengono chiamati finestre.
Ermanno Olmi in questi due lavori utilizza uno sguardo scientifico. Il suo approccio ha una finalità antropologica, a tratti radicalmente neutra. Allo stesso tempo, però, non rinuncia alla poesia della spiritualità.
Come in La diga del ghiacciaio, anche in Manon Finestra 2 il lavoro è totalizzante, non c’è distacco, ma unione tra uomo e ambiente, al punto che nel secondo documentario i minatori chiamano finestra, come quelle di una comune casa, i fori praticati sulla montagna. Un tratto sensibile che introduce la solitudine vissuta dall’uomo che lavora lontano dai suoi affetti.
“Sono qui, soli, in questa specie di esilio così vicino al cielo e dal cielo così lontano, nelle viscere della montagna”.
Il Pensionato
Il lavoro torna, ma osservato da un diverso punto di vista, in Il pensionato (1958).

Giuseppe è stato meccanico nelle Officine del Gas. Simpatico burbero e temuto dagli apprendisti, quando arriva l’ultimo giorno di lavoro si commuove. Dopo trentacinque anni, intorno a lui c’è il vuoto. Ha tanto tempo libero, ma non sa come impiegarlo. Il mondo va avanti e lui ora è fermo. Ma poi nasce una simpatica collaborazione con una coppia di giovani tipografi e tutto cambia.
In questo delizioso cortometraggio, sensibile e a tratti colorito da espressione in milanese:
“Ades voo fora e ghe ne disi quater. L’è ora de finila”.
Ermanno Olmi anticipa uno dei temi principali della sua filmografia: il rapporto tra la vecchia e nuova generazione. Il confronto, a volte lo scontro, ma sempre mitigato, avviene ovviamente nella sfera lavorativa che diventa un luogo di arricchimento, scambio e trasmissione di un sapere immateriale, non tangibile, ma fondamentale per la poetica quotidianità mostrata da Ermanno Olmi.

Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggero
In Dialogo tra un venditore di almanacchi e un passeggero (1954), tratto dall’Operetta morale di Giacomo Leopardi, Ermanno Olmi affronta un’altra tematica a lui molto cara: lo scorrere del tempo.
Il Natale è ormai prossimo, le vetrine dei negozi sono illuminate a addobbate a festa. In un sottopassaggio un gruppo di venditori ambulanti vendono ai passanti almanacchi, cartoline e giocattoli per i più piccoli. Un passante si avvicina a un venditore e così inizia il dialogo leopardiano.
In questo caso Ermanno Olmi riutilizza le parole scritte nel 1832 dal giovane poeta di Recanati, per mostrare il trascorre del tempo. Un confronto che diventa subito una riflessione sulla diversa identità del tempo. Una differenza evidente tra il semplice scorrere cronologico del tempo esteriore e quello intimo, vissuto da ogni uomo.
Il tutto avviene nella campagna, alle porte di Milano, ricoperta di neve. Un luogo reale, dove il progresso sta arrivando o forse già è giunto, dove umili e poveri conservano la loro dignità. Il contesto urbano, avvolto nella nebbia, serve a sottolineare l’idea sociale del dialogo leopardiano rivisto da Olmi, ma allo stesso tempo proietta i personaggi in una dimensione surreale, dove il trascorre del tempo avanza e si sospende in una riflessione sull’umanità. Una delle tante presenti nella filmografia di Ermanno Olmi.
L’onda
Ne L’onda (1955), Ermanno Olmi utilizza le parole di un altro poeta, Gabrielle D’annunzio. Il titolo, infatti, si rifà ad una poesia omonima, scritta all’inizio del Novecento.
Nel cortometraggio, della durata inferiore ai dieci minuti, il regista sperimenta per la prima volta un obiettivo cinemascope che inizia a influenzare l’intera produzione cinematografica italiana.
Ermanno Olmi si reca a Portovenere, una località balneare della costa ligure, per provare il nuovo obbiettivo e si ritrova a catturare la potenza del mare, maestoso quanto la montagna.
Il testo di Gabrielle D’annunzio, recitato fuori campo da Giorgio Albertazzi, è ideale per accompagnare le immagini dedicate al mare. Il ritmo delle parole segue ad unisono quello delle immagini, in un vero poema visivo.
Altri cortometraggi e documentari nella filmografia di Ermanno Olmi
Nel corso della sua carriera cinematografica Ermanno Olmi ha realizzato circa quaranta opere, tra documentari e cortometraggi, nelle quali mostra l’uomo impiegato nelle proprie attività in rapporto alla natura della campagna, della montagna e della città. Un viaggio che segna anche la formazione e la crescita artistica del regista, che forse raggiunge il suo apice – non solo artistico ma umano – in Terra madre (2009).

In questo documentario, scritto da Ermanno Olmi, con il contributo di Carlo Petrini, l’armonia tra uomo e natura si rompe e si denuncia questa rottura che, con il trascorre del tempo, si farà sempre più evidente.
Il documentario inizia dando spazio a Terra Madre, la manifestazione ideata da Carlo Petrini e Slow Food, un evento a cui partecipano migliaia di comunità di contadini, pastori e pescatori provenienti da tutto il mondo.
La denuncia, non solo ambientalista, ma sociale, politica e antropologica è evidente, ma questa viene accompagnata da una riflessione intima, tratteggiata poeticamente. È nella seconda parte di Terra Madre che la prassi umanista del regista viene a galla. Come consuetudine, Ermanno Olmi parte dal particolare per giungere all’universale, evocando la vita di un contadino del Nord Est, che per anni ha vissuto in un piccolo podere senza luce, gas e telefono, nutrendosi con i soli frutti della terra. Un modello da seguire o una suggestiva utopia?
- Piccoli calabresi sul Lago Maggiore… nuovi ospiti nella colonia di Suna (1953).
- Una diga a quota 2500 (1953).
- L’energia elettrica nell’agricoltura (1955).
- La mia valle (1955).
- Cantiere d’inverno (1955).
- Buongiorno natura (1955).
- Giochi in colonia (1958).
- Il grande paese d’acciaio (1960).
- Pomodoro (1961).
- Ritorno in paese (1967).
- Milano ’83. (1984).
- Lungo il fiume (1992).
- Rupi del vino (2009).
- Il premio (2009).
- Il pianeta che ci ospita (2015).
- Vedete, sono uno di voi (2017).
Il primo lungometraggio e il capolavoro L’albero degli zoccoli
Nato nel luglio del 1931 nel Bergamasco, Ermanno Olmi cresce in una famiglia profondamente cattolica. Il padre, lavoratore dell’Edison, muore in un bombardamento della Seconda Guerra Mondiale e dopo poco la madre viene assunta dalla stessa azienda.
Il giovane Ermanno interrompe gli studi in più di un’occasione, per poi essere assunto dalla stessa azienda in cui hanno lavorato i genitori. È qui che il futuro regista si innamora del cinema. Organizza le attività ricreativa dell’Edison e l’attività cinematografica diventa sempre più frenetica, fino a realizzare, sempre per conto dell’Edison il suo primo lungometraggio, Il tempo si è fermato. Il film ottiene il Premio San Giorgio alla XX Mostra Internazionale d’arte Cinematografica di Venezia ed è molto apprezzato da Federico Fellini che, dopo averlo visto, contatta Olmi per dirgli:
“Da questo momento in poi io e te siamo fratelli”.
La vera e propria consacrazione, però giunge con il secondo lungometraggio, Il posto, film che dona ad Ermanno Olmi la fama internazionale.
Il suo capolavoro arriva nel 1977, con L’albero degli zoccoli, film vincitore della Palma d’oro e il Cesar per il miglior film straniero. Dopo poco Cammina cammina (1982), una sua rivisitazione dei magi, Olmi si ammala e dopo una lunga pausa, torna sul grande schermo con La leggenda del Santo bevitore. Il suo ultimo film è Torneranno i pirati (2014).

Il tempo si è fermato
È la storia di due guardiani di dighe. Un vecchio operaio e un giovane studente lavoratore che durante la stagione invernale si ritrovano isolati dal mondo.
Come avveniva con Il pensionato, Il tempo si è fermato si focalizza sul rapporto tra giovani e vecchi. Questa volta, però, l’incontro tra le due generazioni avviene in alta montagna, lontano dalla città. Il paesaggio, ancora una volta, è quello delle montagne dell’Adamello ricoperto di neve.
L’anziano insegna al giovane i trucchi del mestiere. Il tutto avviene nel silenzio, mentre in lontananza si sente il minaccioso rumore delle valanghe. La quotidianità dei due lavoratori è scandita da una meravigliosa sacralità ingenua, a tratti infantile, poetica e popolare.
Il film, già dal solo titolo, sottolinea come in questo ambiente armonico con la natura il tempo pare si sia fermato, ma poi le parole dell’operaio più anziano fanno riferimento a un mutamento in corso nella società dell’epoca e forse inconsapevolmente il giovane è rappresentante di questo cambiamento in atto.
Il posto
Il posto ha come protagonista Domenico, un timido giovane che dalla campagna lombarda giunge a Milano, per muovere i suoi primi passi nel mondo del lavoro. Domenico si reca nella città per partecipare a un concorso per essere assunto da una grande azienda e qui conosce Antonietta, una sua coetanea, che come Domenico spera di trovare il suo primo impiego.
È un film sensibile, con un retrogusto malinconico. Domenico è entusiasta della sua progressiva scoperta della grande metropoli. La speranza di trovare un posto fisso per tutta la vita gli permette di sognare sul suo futuro, all’insegna del benessere, segnato dall’ottimismo del boom economico.
L’esistenza degli impiegati più anziani, però, preannuncia un avvenire ben diverso, scandito dalla noia della vita impiegatizia. La storia principale di Domenico e Antonietta, interpretata da Loredana Detto, futura moglie di Ermanno Olmi, è intervallata da una microstoria di altri impiegati, come colui che sogna di diventare un romanziere.

I fidanzati
La filmografia di Ermanno Olmi prosegue con I fidanzati, presentato nel 1963 al Festival di Cannes.
Giovanni, un operaio milanese, viene mandato a lavorare in Sicilia dalla sua azienda. Ciò comporta un allontanamento dalla sua fidanzata e all’ incontro di Giovanni con un contesto a lui sconosciuto, come quello siciliano.
Con questo film Ermanno Olmi amplia il tema del lavoro, già affrontato nei documentari prodotti per l’Edison. Il lavoro è sempre totalizzante e il regista non si limita a mostrare gli strumenti di lavoro dell’industria, ma fa sentire il loro suono. Utilizzando uno stile che anticipa l’Antonioni di Deserto Rosso, Ermanno Olmi accompagna l’immagine dell’industrializzazione di una terra sostanzialmente povera, con un sonoro a tratti assordante, un sentore che qualcosa sta mutando per sempre.

E venne l’uomo
Con E venne l’uomo, interpretato da Rod Steiger e Adolfo Celi, Ermanno Olmi affronta, apertamente, per la prima volta il tema della sacralità.
Il film racconta la vita di papa Giovanni XXIII. Il racconto inizia dalle umili origine del futuro pontefice, ripercorrendo le tappi salienti della sua formazione, esaltando le qualità umane del cosiddetto Papa Buono.
Ermanno Olmi descrive papa Roncalli come una figura importantissima per l’intera umanità. Un uomo conciliante, alla continua ricerca del dialogo con le altre religioni, per il bene dell’umanità. Il Papa Buono è un pontefice distante dalle politiche ufficiali della Santa Sede e cerca il confronto con i più umili, che sente molto vicini a lui stesso e a Dio.
Una rappresentazione senza trucchi; spesso e volentieri ricorre a sequenze estratte da filmati già esistente e dove la presenza di Rod Stenger sembra assumere una funzione di traghettatore tra spettatore e il testo filmico.
Un certo giorno
Nel 1969, Ermanno Olmi realizza Un certo giorno.
Un pubblicitario che sta per ottenere un’importante evoluzione professionale, investe e uccide con la propria automobile un operaio. Il fatto lo sconvolge profondamente.
Il film è sostanzialmente basato sulla tematica dello scorrere del tempo, il quale può tracciare un percorso netto verso il successo e l’affermazione, ovviamente in ambito lavorativo. L’imprevisto, però, è dietro l’angolo e può sconvolgere ogni esistenza.
La morte dell’operaio, investito sul ciglio di una strada, indica la fragilità del trascorre del tempo. Un equilibrio sottile, pronto a rompersi alle prime avvisaglie. Ma il tragico evento segna il ritorno di Ermanno Olmi nel raccontare il rischio e il sacrificio del lavoro degli umili, che, in questo film, sembrano muoversi sullo sfondo, per poi determinare l’esito della vicenda.

I recuperanti
Con I recuperanti, un film per la televisione ideato e scritto insieme a Tulio Kezich e Mario Rigoni, Ermanno Olmi ripropone il rapporto tra diverse generazioni.
Siamo nel 1945; la guerra è finita. Gianni, un giovane alpino, torna a casa dalla Russia. Ad aspettarlo c’è il padre che si è sposato con una giovane del paese e il fratello Francesco, deciso a partire per l’Australia in cerca di lavoro. Gianni, invece, scegliere di seguire Du, un vecchio con il vizio del bere che si procura da vivere scavando nella terra per recuperare i materiali bellici.
Ancora una volta il confronto tra vecchi e giovani diventa un’occasione di trasmissione del sapere. Du trasmette a Gianni le sue conoscenze di un lavoro pericoloso, ma gli garantisce la libertà. Gianni, da parte sua, fornisce il progresso della tecnologia nella ricerca delle vecchie bombe sepolte nell’altopiano.
La novità del film è il concetto della terra, la quale non dona più frutti, ma bombe, da cui si può estrarre materiale da vendere. La ricompensa della terra per il lavoro dell’uomo si fa amara e ancora più fragile. Il rischio del lavoro, invece, aumenta e l’armonia tra uomo e natura sembra sfumare per sempre.
Il film è disponibile su Rai Play

Durante l’estate
La filmografia di Ermanno Olmi sembra concedersi una stasi riflessiva con una specie di favola surreale, intitolata Durante l’estate.
Un anonimo uomo di mezza età appassionato di araldica, senza averne la facoltà, attribuisce titoli nobiliari a uomini del popolo.
“Non è facile da spiegare… per me il colore è una cosa molto importante. Per esempio, perché il nazismo è nero e il comunismo è rosso? Perché anche le idee hanno bisogno di colori. La storia non è solo una questione geografica di confini, ma soprattutto una questione di colori”.
Con queste parole si esprime il protagonista del film, quando i suoi capi gli impongono l’uso di un determinato colore. È questa una visione poetica del mondo che Ermanno Olmi trasferisce a un personaggio gentile e stravagante.
Il film sembra assumere la forma di una dichiarazione d’intendi dell’autore, alla perenne ricerca della nobiltà nelle cose umili e innocenti.
Il film è disponibile su Rai Play

L’albero degli zoccoli
È il 1978 quando Ermanno Olmi realizza il suo capolavoro, L’albero degli zoccoli, film girato con la partecipazione di veri contadini del Bergamasco.
In una cascina a Palosco, tra l’autunno del 1897 e la primavera dell’anno successivo, vivono quattro famiglie di contadini. Una piccola comunità che lavora la terra, il cui raccolto per due terzi spetta al padrone.
Il film è costituito da una serie di scene e situazioni tipiche della vita dei contadini. L’albero degli zoccoli può essere considerato la summa dello stile cinematografico e artistico del regista. L’universo poetico di Ermanno Olmi prende vita attraverso gli umili e il loro rapporto con la terra.
È un film dal sapore sacrale. Ne L’albero degli zoccoli tutto diventa rito, dall’accudire gli animali alla coltivazione dei pomodori. Il raccontare storielle intorno al fuoco ha lo stesso valore di recitare il rosario. Il sacrificio e la sofferenza per un’esistenza non certo facile è sostenuta da un cattolicesimo operoso, tipico delle società agrarie lombarde del fine Ottocento.
L’albero degli zoccoli è un film tanto poetico, quanto vero. La quotidianità dei contadini è mostrata con realismo e il regista inserisce non pochi riferimenti al suo reale vissuto.
La leggenda del santo bevitore
Ermanno Olmi, dopo la malattia, torna al cinema nel 1988, con La leggenda del santo bevitore, film vincitore del Leone d’Oro alla XLV Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il lungometraggio è tratto dall’opera di Joseph Roth.
Un vecchio e misterioso uomo con cappello e ombrello scende lentamente le scale che portano sotto a un ponte sulla Senna a Parigi. Dietro di lui arriva un uomo barcollante e mal vestito. Da ciò nasce una vicenda focalizzata su piccoli miracoli quotidiani.
Il film è dedicato a Lalla, moglie del critico Tulio Kezich, caro amico di Olmi, che ebbe la felice intuizione di suggerire al regista il racconto di Joseph Roth.
La leggenda del santo bevitore replica il successo de L’albero degli zoccoli e la fama internazionale di Ermanno Olmi diventa ancora più forte.

Il segreto del bosco antico
Nel 1993, Ermanno Olmi realizza Il segreto del bosco antico. Il film, con protagonista Paolo Villaggio, è tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati.
Il colonnello Sebastiano Procolo, un vecchio militare in pensione, eredita dal cavalier Morro, per conto del nipote Benvenuto, una grande casa e un terreno boschivo, chiamato Bosco Vecchio, con l’impegno di dedicargli tutte le cure necessarie al suo mantenimento.
In questo film il regista utilizza lo stesso impianto ecologico presente in Terra Madre. Il registro utilizzato, però, è diametralmente opposto, giungendo a realizzare l’ennesima opera squisitamente poetica.
Ne Il segreto del bosco antico è presente un forte senso di sacralità esaltate dalla fonte letteraria di Dino Buzzati, scrittore con una sensibilità molto vicina ad Ermanno Olmi.

Il mestiere delle armi
Nel 2001, la filmografia di Ermanno Olmi viene consacrata con nove David di Donatello, tre Nastri d’argento, un Premio Flaiano e un Globo d’Oro, per Il Mestiere delle armi.
Il film narra le vicende di Joanni de’ Medici, conosciuto come Giovanni delle Bande Nere, al servizio dello Stato Pontificio impegnato in una estenuante guerra d’Italia, avvenuta nella prima metà del XVI secolo.
“Chi fu il primo che inventò le spaventose armi? Da quel momento furono stragi, guerre… Si aprì la via più breve alla crudele morte. Tuttavia il misero non ne ha colpa! Siamo noi che usiamo malamente quel che egli ci diede per difenderci dalle feroci belve”.
Il film si apre su questa citazione di Tibullo e il significato può essere esteso alle innovazioni più recenti per quanto riguarda le armi di distruzione di massa. Il mestiere delle armi è ambientato in un periodo storico molto lontano, quando l’autorità e il potere temporale della Chiesa era ostacolato dall’Imperatore del Sacro Impero, ma i risvolti portati avanti dal lungometraggio trovano una totale assonanza nel contesto attuale.
Centochiodi
In Centochiodi, film realizzato nel 2007, Ermanno Olmi dirige Raz Degan nel ruolo da protagonista.
Cento preziosi libri vengono ritrovati inchiodati al pavimento nella biblioteca universitaria di Bologna. L’autore di questo atto sacrilego è un giovane assistente di Filosofia della Religione, che con questa azione ha voluto colpire il simbolo di una cultura vecchia e distante dalla realtà.
L’immagine dei libri aperti e inchiodati al pavimento è molto forte e non poteva che far scaturire un vivace dibattito, in cui il regista viene accusato, ingiustamente, di distruggere i libri, come hanno fatto i nazisti. Alla base, però, c’è un equivoco. Olmi non vuole bruciare il sapere e la cultura, ma spingere l’attività umana oltre. Leggere e apprendere conoscenze è senza dubbio importante, ma è solo un primo passo verso la crescita dell’uomo. Successivamente l’uomo deve mettere in pratica ciò che ha appreso dai libri e ciò avviene solo in rari casi.
Olmi in Centochiodi non se la prende con i libri e usa i chiodi per fissare le parole, per costringere l’uomo all’azione.

La filmografia di Ermanno Olmi: un cinema fatto di sguardi
La filmografia di Ermanno Olmi è estremamente importante per il cinema italiano e mondiale. Il suo è un cinema fatto di sguardi, come quello del bambino ne L’albero degli zoccoli che, infreddolito torna a casa dopo scuola e ri – conosce con lo sguardo la vita di suo fratello appena nato.
Lo sguardo del giovane studente ne Il tempo si è fermato, ingenuo, ma attento nell’osservazione del collega più anziano, per apprendere conoscenze e applicarle alla vita.
Ermanno Olmi con i suoi film è stato capace di cogliere, attraverso questi sguardi, un mondo culturale variegato, fatto di materialità e immaterialità, giunto alla fine. Con le sue opere il regista ha salvaguardato un patrimonio di testimonianze trasmesse per secoli oralmente e il coraggio e l’innovazione di Ermanno Olmi hanno consentito la trasmissione di questi beni ai posteri.
- Lunga vita alla Signora! (1987).
- Cantando dietro i paraventi (2003).
- Il villaggio di cartone (2003).
- Torneranno i pirati (2014).