Ex-Husbands è il secondo lungometraggio del regista e sceneggiatore newyorkese Noah Pritzker, fuori concorso al Quarantunesimo Torino Film Festival.
Tre uomini in crisi
In brevi flashback e flashforward iniziali sono presentati Peter Pearce (Griffin Dunne), suo padre Simon (Richard Benjamin) e suo figlio Nick (James Norton).
Tre uomini in crisi esistenziale in tre momenti differenti durante un periodo di sei anni. Peter divorzia dalla moglie dopo sessant’anni di matrimonio perché vuole sentirsi libero e pensa di avere ancora molti anni da vivere felice. Dopo sei anni, invece, lo scopriamo ospite di una struttura assistenziale vittima di un ictus che lo ha reso disabile. Peter scioccato dalla confessione del padre, sposato felicemente con Maria (Rosanna Arquette) sei anni dopo invece è separato e in procinto di firmare le carte di divorzio. Il figlio Nick deve partire per l’addio al celibato a Tulum in Messico, ma dopo sei anni di fidanzamento, si lascia con la futura sposa.
A Tulum va anche Peter per un fine settimana di svago e riposo e diventa un’occasione per incontrare Nick, l’altro figlio Mickey (Miles Heizer) e i loro amici, trasformando il tutto in momento di riflessione sulla perdita della felicità e i fallimenti della vita.
Ex-Husbands mette in scena la solitudine dell’individuo
Sono tutti ex in Ex-Husbands. Non solo più mariti o fidanzati, ma sono ex della vita, malinconicamente persi in occasione mancate, in quello che è stato e non è più. Al ritorno da Tulum, Simon è morto e Peter lo scopre solo andando a trovarlo. Al divorzio, dopo il mancato matrimonio del figlio, si aggiunge anche la perdita del padre. “Sono diventato orfano” sentenzia Peter alla moglie al telefono avvisandola della morte dell’ex-suocero. In questa affermazione si concentra il sentimento di abbandono e solitudine dell’uomo. O del maschio, in un film praticamente tutto al maschile che tratta del concetto di perdita in senso assoluto. Sia essa di un amore, di una casa, di una prospettiva di vita, di un futuro e di un passato, di un legame di sangue o affettivo.
Anche la professione di dentista di Peter è simbolica. Uno che cura i denti, che mantiene un sorriso sempre perfetto, non riesce a mantenere il legame in piedi con la moglie, fatica a comunicare con i figli, non riesce più con il padre.
Il manifesto del film di Ernst Lubitsch, To be or not to be (1942, Vogliamo vivere!) che Peter porta nella camera del padre e poi appende su un muro del suo nuovo appartamento nel centro di New York, non si riesce ad appendere oppure crolla miseramente a terra. Chiara metafora della caduta dei Pearce tutti e di Peter in particolare. Ancora a domandarsi su “essere o non essere” sia se si ha ottanta o sessanta o trent’anni.
Senza grandi sussulti, Pritzker scrive e dirige un dramma con dialoghi a tratti brillanti a tratti pieni di pessimismo cosmico, tipico di un certo cinema americano degli ultimi anni. Il maestro di questa corrente è ovviamente Woody Allen. Ma a differenza di quest’ultimo, Pritzker manca totalmente di umorismo e si prende molto sul serio. Griffin Dunne riesce a esprimersi al meglio nella recitazione quando duetta con i figli o con la moglie, ma appare comunque a tratti ingabbiato in un personaggio insopportabile. Così come del resto appaiono tutti gli uomini della famiglia Pearce.
Ex-Husbands è una triste e malinconica constatazione della sconfitta intergenerazionale. Individui che o sono alla ricerca di nuove opportunità oppure cercano di salvaguardare quello che hanno o infine non sanno cosa fare da grandi. E il finale cimiteriale è un altro simbolo mortifero delle loro esistenze di provvisorie speranze.
Antonio Pettierre