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Rome International Documentary Festival

RIDF 2023: intervista alla direttrice artistica Emma Rossi Landi

In occasione della seconda edizione del Rome International Documentary Festival RIDF abbiamo intervistato la sua co-fondatrice e direttrice artistica Emma Rossi Landi, in un dialogo sul nuovo universo del cinema documentario, da Roma al mondo

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È iniziata in questi giorni la seconda edizione del Rome International Documentary Festival (RIDF): il concorso romano dedicato alla promozione e celebrazione del cinema documentario narrativo e di creazione.

Dall’1 al 7 dicembre 2023 al Nuovo Cinema Aquila di Roma, 21 proiezioni di lungometraggi documentari suddivisi in concorso internazionale e sezione Ita-Doc. Ma anche una eclettica programmazione online di cortometraggi visibili da tutta Italia tramite la piattaforma MyMovies. E poi le masterclass, eventi speciali e molto altro.

Abbiamo parlato di tutte le novità della nuova edizione del RIDF con la filmmaker Emma Rossi Landi, che insieme a Christian Carmosino Mereu cura la direzione artistica del festival.

Con l’occasione ne è uscito un dialogo sulle condizioni di buona salute del cinema documentario contemporaneo.

Sulla biodiversità del documentario e la possibilità di farla conoscere al grande pubblico

Siamo arrivati alla seconda edizione del RIDF. Come si sta sviluppando questa idea di portare il cinema documentario a Roma?

Questo festival nasce perché uno fa tanti documentari nella vita. Io il primo l’ho fatto nel 2001, sono passati più di vent’anni. E la sensazione mia non è tanto quella di fare tanti altri documentari che poi non vengono visti, ma che quelli che esistono dovrebbero essere visti e apprezzati. Deve crearsi la possibilità di vedere dei documentari veramente belli, coinvolgenti e che ti emozionino, oltre a farti pensare e a farti conoscere realtà di cui non sapevi niente, calarti in storie di vita e accrescere coscienza e conoscenza del mondo contemporaneo in cui viviamo.

E poi anche dal punto di vista cinematografico, tutta la sperimentazione che c’è nel linguaggio del documentario è preziosa. Oggi la chiamano “biodiversità del documentario”. Ci sono dei documentari bellissimi in giro che in Italia non si vedono.

Ultimamente la consapevolezza di che cos’è un documentario è cresciuta molto rispetto a dieci anni fa, quando facevamo “Il mese del documentario” con Christian (n.d.r. Carmosino Mereu), e c’ era spesso la domanda: “Che cos’è un documentario?”. Quando si parlava di documentario si immaginavano solo gazzelle, leoni o una cosa didattica e didascalica.

Adesso questa cosa è chiara per tutti, per ogni genere di pubblico, ma per noi  c’è l’obiettivo di portare questi film al grande pubblico e vediamo che, oggi, c’è più recettività. Questi documentari così belli non hanno possibilità di essere visti, ma il pubblico interessato c’è ed è crescente.

Una selezione che mette in primo piano il cinema

Nelle due categorie presenti al RIDF quest’anno – World-Doc e Ita-Doc – ho trovato fuoriuscissero due tematiche ricorrenti: da un lato c’è un forte ritorno ad un elemento autobiografico nella selezione internazionale, mentre la sezione italiana esplora quello che definirei il tema delle “migranze”, inteso non solo come narrazione di processi migratori ma come esplorazione di una nascente idea di cittadinanza mondiale.

Molto spesso quando dici che c’è un festival di documentario ci si aspetta un tema e io dico: no non c’è, perché per me non ha senso. Ti precluderebbe troppo nella fase di selezione. Però noto, e questo è il secondo anno, che il tema si autoimpone.

Questo, secondo me, perché alla fine sono le tematiche urgenti della nostra contemporaneità.

Non puoi parlare d’Italia senza parlare di immigrazione e di questa società multiculturale che fortunatamente si sta formando e imponendo.

La ricerca dell’identità invece, che sicuramente si vede nella sezione internazionale, ma io direi anche nell’italiana, è forse frutto di una situazione post-Covid? Mentre l’anno scorso il Covid non c’era perché i film erano stati concepiti e girati precedentemente e magari montati durante il Covid, in quelli di quest’anno esso a un certo punto arriva, viene vissuto e viene superato. Però sicuramente questa solitudine a cui siamo stati imposti e sottoposti ha portato a una maggiore riflessione su chi siamo, anche singolarmente come individui.

In più credo ci sia sicuramente una confusione su chi si è al di fuori della propria comunità, quando esse si sgretolano, le dimensioni cambiano e le certezze vanno sotto sopra. Credo che sia uno specchio dei problemi della contemporaneità quello di non sapere chi sei e dove stai andando. In particolare, in questi momenti di perdita di valori fondativi e centrali delle comunità di appartenenza.

Sulla questione dei temi che si autoimpongono: ho apprezzato che gli eventi speciali (n.d.r. 20 Days In Mariupol e Planet B), che portano in loro le due tematiche forti del momento, guerra e ambiente, sono inserite sì perché temi caldi della nostra realtà, ma non sovrastano la programmazione.

Questo è un festival di cinema documentario dove il cinema è la cosa principale.

Chiaramente il documentario ha sempre una tematica ma anche il film di finzione ne ha una.

Perché il documentario parte dalla realtà la sua tematica è importante. Però noi scegliamo i film per il film non per le tematiche.

È comunque importante parlare dei temi più caldi e presenti.  Per esempio, 20 Days In Mariupol è un film massacrante. Noi come direttori artistici quando l’abbiamo visto siamo rimasti in dubbio se mostrarlo al festival perché è molto crudo, ma ti dà l’idea di che cosa vuol dire vivere in una zona di guerra da civile, quando tutta la tua realtà viene distrutta, dunque abbiamo deciso di proiettarlo per questo motivo.

È l’unico film sulla guerra che c’è in programmazione. Abbiamo voluto dire qualcosa contro la guerra con questo film ma abbiamo anche voluto mantenere il focus sull’idea che in primis questo è un festival di cinema.

Un festival sociale, punto d’incontro tra grande pubblico e professionisti

Con l’inaugurazione dei Drink&Doc e la rinnovata partnership con Roma3, RIDF vuole essere un festival sociale: punto di congiunzione tra grande pubblico, studenti di cinema e professionisti. Quali sono gli obiettivi di un esperimento del genere?

Una delle cose da documentarista che ho sentito spesso è stato l’isolamento. Perché tu lavori ad un tuo progetto a volte per anni e ti trovi in realtà spesso da solo a fantasticare ed elucubrare sulle tue cose.

Già da luglio abbiamo iniziato questi Drink&Doc insieme all’associazione Documentaristi Anonimi che si è creata durante la scorsa edizione de RIDF.

Ne abbiamo organizzato uno e sono venute tantissime persone, segno che è vero che il documentarista ha bisogno di confronto. Partendo da questo presupposto abbiamo quindi deciso di continuare questi Drink&Doc all’interno del festival e includendo i registi della giornata in maniera da creare ogni giorno un momento di aggregazione sociale, ma soprattutto un confronto informale.

Un evento dal taglio umano perché poi è questo quello che di speciale ha il documentario rispetto al cinema di finzione: la componente empatica umana.

I Q&A dopo le proiezioni ci saranno sempre ma questo è un altro momento di interazione. La quantità di gente che è venuta agli eventi passati mi ha fatto capire che questa non è solo un’esigenza mia.

C’è poca cultura del doc, come se fosse una cosa di serie b ma per chi lo fa non lo è. Per chi lo fa e chi lo ama è una cosa importantissima e anche più bella del cinema di finzione e più intensa, perché ti coinvolge in maniera più personale.

Riguardo alla collaborazione con Roma 3, questa è fondamentale per noi. Abbiamo una giuria di studenti e le masterclass fatte in collaborazione con il dipartimento DAMS, anche grazie alla professoressa Ivelise Perniola, insegnante di documentario a Roma 3 e membro della nostra giuria Ita-Doc.

Le masterclass di quest’anno saranno focalizzate. Ad esempio, c’è quella su “Montare il conflitto”, con Annalisa Forgione, Beppe Lionetti e Roberto Perpignani.  Ci sarà anche una masterclass di Giuseppe Schillaci su realtà e finzione nel cinema documentario, che ovviamente è un tema importante sempre. Questo “è tutto vero” non esiste mai nel documentario.  È vero perché il regista si cala in una realtà e cerca di rappresentarla, non è un film di finzione che è un’invenzione nella testa di una persona messa in pratica da una troupe, ma è un contatto di una persona con una determinata realtà. Un corpo a corpo con la realtà dove tu entri dentro questa cosa e in qualche maniera la trasformi nel tuo punto di vista.

Un nuovo anno pieno di novità per un RIDF in visibile evoluzione

Altra novità per il RIDF è la sezione dei cortometraggi documentari, visibili su MyMovies su tutto il territorio italiano. Il cortometraggio per sua natura da una grande libertà di sperimentazione tanto tecnica quanto narrativa e questo si riflette anche nella vostra selezione. Allo stesso tempo è anche un formato molto difficile da posizionare nel mercato cinematografico.

È molto complicato proiettare una selezione di cortometraggi in un festival perché la vita distributiva del cortometraggio documentario è ancora più difficile dei lungometraggi.

Il cortometraggio documentario è un genere complesso da produrre, da distribuire e infine da vedere. Ed è per questo che abbiamo voluto mettere la selezione dei corti online. Perché alla fine il cortometraggio, mandandolo in sala prima del lungo, sparisce. Invece, secondo me, con questa sezione online il corto ha più visibilità. Io come filmmaker apprezzerei di più la possibilità di far vedere il mio lavoro in tutta Italia e in un suo spazio a parte.

Spero che così siano più valorizzati perché sono molto interessanti. Nel cortometraggio documentario più che nel lungo ci sono molti più sconfinamenti verso la videoarte, che io trovo interessantissimi nel corto e mortali nel lungo per esempio.

Nel cortometraggio c’è ancora più biodiversità se possibile di quella che c’è nel lungo.

C’è tanta varietà, tanti modi diversi di raccontare e per alcuni è il primo spazio, come giovani filmmaker, per essere incitati a continuare a fare il loro lavoro facendo vedere le loro cose.

Segui tutte le recensioni e le ultime notizie sul RIDF 2023.

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