Marianne è un film del 2023 di Michael Rozek, un lungo monologo con Isabelle Huppert come unica attrice.
L’opera sperimentale riflette su cinema, musica e sentimenti.
Il film è stato presentato al Torino Film Festival 2023.
Trama di ‘Marianne’
There is no script, just words on the teleprompter.
Questa battuta di Isabelle Huppert riassume molto bene la “trama” del film.
In questo monologo, seduta su un divano o davanti allo specchio, l’attrice infrange la quarta parete e discute sulla verità nel cinema, sulla regia, la narrazione e il rapporto spettatore/immagini.
‘Marianne’ e la Nouvelle vague
Michael Rozek attinge dalla Nouvelle Vague e, in particolare, dal Jean-Luc Godard di Addio al linguaggio, riducendo all’osso la messa in scena: Isabelle Huppert è sola davanti la camera. Copione in mano, legge e parla allo spettatore.
Come nel teatro epico di Brecht, l’attrice non interpreta un personaggio, ma lo racconta senza impersonarsi in esso, declamando il suo nome e cognome e qualche didascalia dello script.
Un inizio del genere permette di far subito presa su chi guarda, ma c’è un problema: la scelta artistica rimane invariata per novanta minuti e rende banale e ordinaria la rottura della quarta parete, privandola di tutta la sua forza.
When the very thing i wanted to do was get closer to you. Connect with you.
Il regista cerca di atteggiarsi ad autore dei Cahier du Cinéma, spogliando il film di ogni illusione e artificio, criticando la narrazione, colpevole di falsare la verità della vita sullo schermo.
Il risultato è quello di arroccarsi su una posizione pretenziosa: la provocazione si perde nel flusso delle parole.
Michael Rozek apre a riflessioni interessanti: la musica e le pellicole che smuovono le emozioni, le colonne sonore che sembrano ripetersi di film in film. Sono tanti temi su cui si potrebbe discorrere per ore.
Tutto, però, rimane superficiale, e si banalizza in frasi ad effetto e nell’intellettualismo più vuoto.
Sul più bello il dialogo s’interrompe e si passa ad altro argomento.
Il reale secondo Rozek
In the true stories there were a lot of things that even the people involved never understood.
Si parla di film tratti da storie vere, in cui la realtà viene diluita.
Anche qui la riflessione si conclude con una battuta a effetto: nella realtà lui non era così bello.
Marianne è una grande occasione mancata, bruciata per le smanie intellettuali di un regista che, forse, dovrebbe riguardare un film come La finestra sul cortile di Hitchcock, riflessione interessantissima sul rapporto spettatore/immagine, senza alcuna pretenziosità
Michael Rozek, nel suo monologo, accusa lo spettatore di passività, di ignavia, di non combattere la finzione sullo schermo e restarne schiavo. Ma tutto quello che ha da offrirgli come alternativa è un fiume di parole, in cui la provocazione ne fagocita i temi.