Presentato Fuori concorso nella sezione La prima volta del 41/o Torino Film Festival, Holy Shoes è l’opera prima dell’attore e sceneggiatore italiano Luigi Di Capua . Il regista ha raggiunto la notorietà come membro del gruppo The Pills, celebre prima con le webseries su YouTube e poi sceneggiatore, tra gli altri, di Smetto quando voglio. Ad honorem e Smetto quando voglio. Masterclass.
Il film è prodotto da Agostino Saccà per Pepito Produzioni con Rai Cinema e il contributo del Ministero della Cultura. Nel cast, fra gli altri, troviamo Carla Signoris, Simone Liberati, Isabella Briganti, Denise Capezza, Ludovica Nasti e Orso Maria Guerrini.
In sala dal 4 Luglio con Academy Two.
Holy Shoes La storia
Quattro storie si intrecciano grazie ad un paio di scarpe- simulacro : le Typo 3, bianche e inarrivabili, ambite da giovani e adulti e su cui vengono proiettati i desideri di alcuni dei personaggi del film. Filippetto è un ragazzo di 14 anni che vive con la madre nella periferia di Roma. Marina la scuola e ambisce solo a farsi bello agli occhi della propria ‘ragazzetta’ . Bibbolino è un rivenditore di sneakers frustrato . Di famiglia alto-borghese , fatica a trovare una propria identità al di fuori dell’ombra del padre Generale. Mei è un’adolescente cinese che cerca di costruirsi un futuro lontano dal ristorante di famiglia. Si dedica al fratello Asperger ma vede nelle Typo 3 falsificate una possibilità di fuga. Luciana conduce un’esistenza monotona. Il marito Paride non è più attratto da lei e un giorno la sua vita cambia dopo l’incontro con Agnese, la giornalista vicina di casa.
Simulacri
Per alcuni passione per altri ossessione. Non c’è dubbio che le scarpe siano da sempre simbolo di status sociale ed è altrettanto indubbio che nella realtà di oggi iper consumistica questo fenomeno si sia esteso pericolosamente portando spesso a comportamenti ossessivi e manifestazioni maniacali.
Il lungometraggio di Lugi Di Capua è quasi un saggio da un lato sul materialismo e il consumismo e dall’altro sul desiderio ossessivo degli oggetti e delle esistenze altrui.
Attorno alle scarpe ruotano le diverse storie dei quattro protagonisti, tutti ‘posseduti’ da oggetti e desideri che li consumano dentro. Per Fabietto le costose sneakers rappresentano un oggetto quasi sacro e forse anche la maniera per dimostrare di essere all’altezza dell’ambiente sociale frequentato dalla sua fidanzatina. Per Bibbolino, frustrato e dall’esistenza in perenne disordine, la vendita delle scarpe costose è da una parte il mezzo per riconquistare l’affetto del figlio (anche se poi , come in About a boy , gli saranno rubate a scuola) e dall’altro un modo per recuperare la stima del padre e di sè stesso. Per Mei sono l’unica via di fuga da un presente che non dà spazio o possibilità ai suoi sogni di riscatto sociale.
Luciana fuoriesce da questo circolo-sneakers. Per lei le scarpe che cambiano la sua vita sono i tacchi alti di Agnese, la vicina di casa , donna di successo e dalla vita piena di passione (e di scarpe nell’armadio) ma rimasta segnata nel corpo e nell’anima da un grave incidente. Qui il desiderio non è venale ma lussurioso e le nuove calzature raccolgono la sfida interiore della donna di cambiar vita e di ritrovare la passione e la femminilità smarrita.
Discesa agli inferi
Cosa siamo dunque disposti a fare per ottenere ciò che desideriamo? Per tutti i personaggi il viaggio porterà a compiere delle scelte estreme (sbagliate o meno) con un inevitabile cambiamento radicale che non prevede ritorno.
Attraverso uno stile fresco e una narrazione gradevole, Luigi Di Capua affronta la questione con disarmante e malinconico realismo senza però tralasciare quel pessimismo necessario per una storia del genere, soprattutto nella parte conclusiva della vicenda di Filippetto. Holy Shoes racconta bene come in questo nostro mondo siamo un po’ tutti lì, come Filippetto, di fronte a quella vetrina a desiderare di avere quello che non abbiamo e di essere chi non siamo.
41° TORINO FILM FESTIVAL