Birth è il terzo lungometraggio della giovane regista sudcoreana Yoo Ji-young, in concorso al quarantunesimo Torino Film Festival.
Jay (Han Hae-in) è una giovane scrittrice al suo secondo romanzo e convive con il suo fidanzato Gun-woo (Lee Han-ju) che lavora in una scuola privata di inglese. Appaiono entrambi realizzati. Lei è lanciata nel mondo della letteratura, mentre lui è uno stimato e anziano collaboratore del proprietario della scuola che gli offre una promozione a direttore della nuova filiale. Tutto sembra andare secondo i piani di entrambi, ma Jay rimane involontariamente incinta.
Birth o della frantumazione della coppia
Il tema principale dell’opera è la raffigurazione di desideri contrapposti di due individui. La maternità della donna si trasforma nel vulnus del rapporto di coppia. Jay non vuole avere il bambino perché questo le impedirebbe di continuare nella sua carriera letteraria, mentre Gun-woo lo desidera per costruire una famiglia. Lo scontro tra i due protagonisti appare fin da subito un braccio di ferro, con la donna che vuole abortire e il compagno desiste. Ma Jay è costretta a continuare dai medici che le sconsigliano l’intervento per il suo precario stato fisico. Così assistiamo a un parallelismo tra lei che alle prese con il suo nuovo romanzo che si intitola “Birth” racconta la sua ostilità per il suo stato. Mentre lui accetta di diventare direttore della filiale e lavora alacremente in prima persona alla ristrutturazione della sede.
Birth va al di là della lotta della donna per il controllo del proprio corpo e di una società maschilista, dove la donna deve restare a casa e quando diventa madre le si impedisce qualsiasi altra aspirazione. L’opera si concentra sulla messa in scena di due visioni completamente inconciliabili. Da un lato c’è l’”io” di Jay che vuole essere solo ed esclusivamente un’artista e dedicarsi completamente alla scrittura. Dichiara più volte che non vuole avere il bambino e quando un medico le prospetta che l’aborto le potrebbe causare sterilità, lei afferma il suo disinteresse visto “che non voglio avere figli”. Detto in presenza del compagno, che, al contrario, desidera i figli e creare una classica famiglia piccolo borghese. Gun-woo persegue il “noi”: la coppia, la compagna, la scuola, gli alunni, la comunità. Libertà individuale e regole collettive.
La nascita dello scontro tra individui
La gravidanza diventa così il campo di scontro e di messa a fuoco delle incompatibilità di carattere tra Jay e Goon-woo fino al climax finale. In un montaggio parallelo abbiamo l’inizio del travaglio di Jay subito dopo il funerale della sua mentore letteraria mentre Gun-woo è a cena con i colleghi di lavoro per festeggiare l’inaugurazione della nuova sede. Nella stessa sera il parto della donna avrà un esito infelice, mentre Goon-woo aggredisce violentemente il suo titolare dopo aver scoperto che questi vuole dare il posto di direttore della nuova filiale a un altro.
Yoo sceglie inquadrature molto strette, in cui prevalgono i set interni. Il senso di claustrofobia della messa in scena è una chiara cifra formale per quella vissuta dalla protagonista che si sente intrappolata. La densità emotiva è valorizzata dall’assenza di musica extradiegetica, in presenza di una colonna sonora composta dai suoni naturali. In questo senso è importante il suono provocato da Jay battendo i tasti del suo computer mentre scrive, che si sentono durante i titoli di coda. A conferma di una ritrovata libertà individuale e nella consapevolezza assoluta della strada da percorrere.
Birth tra sogni individuali e incubo collettivo
Jay e Gun-Woo sognano in modo diverso, ma il loro incubo lo vivono insieme. La lampada fulminata del lampione vicino la loro abitazione, poco dopo l’inizio di Birth, mentre passa Gun-woo è una chiara metafora della notte che cala su di lui. Uno sprofondare nel buio dei mesi successivi. E, in opposizione, quando Jay ripassa alla fine del film, dopo aver fatto visita in carcere per l’ultima volta alll’ex fidanzato, ecco che la luce rifulge improvvisamente mentre passa sotto lo stesso lampione. Il percorso di una strada nel buio del dramma e del dolore.
Birth risulta un’opera interessante, implacabile nella sua messa in scena, con cui Yoo Ji-young compie un’anamnesi dei rapporti umani dal valore assoluto.
Antonio Pettierre