Silence of Reason della regista bosniaca Kumjana Novanova è un film che andrebbe considerato, innanzi tutto, come una importante e coraggiosa ricerca durata alcuni anni e poi trascritta per immagini e testi.
Presentato in concorso nella sezione “Documentari internazionali” del 41° Torino Film Festival, il lavoro della Novanova rappresenta, infatti, il risultato di una accurata indagine sul materiale visivo d’archivio forense e sulle testimonianze di donne bosniache che nel 1992, durante la guerra nell’ex-Yugoslavia, vennero prelevate nelle loro abitazioni nella città di Foča dai militari delle milizie serbo-bosniache e sottoposte a ripetute torture e stupri. Molte di loro non fecero più ritorno alle loro case, altre vennero vendute come schiave per poche centinaia di marchi tedeschi e un camion di detersivo.
Per realizzare questo documentario la regista bosniaca, nativa proprio della zona di Foča, si è basata sulle testimonianze che alcune donne, vittime di violenze carnali e ridotte in schiavitù, hanno avuto il coraggio di rilasciare al processo che, nel 2000, la Corte internazionale di giustizia dell’Aja intentò nei confronti dei loro aguzzini. Un procedimento che arrivò a condannare lo stupro di massa, definendolo come un crimine contro l’umanità e ribaltando, di fatto, il concetto che, sino ad allora, considerava la violenza carnale semplicemente come un effetto collaterale, seppur tragico, nel corso di una guerra.
Un montaggio freddo e angosciante di immagini, suoni e testimonianze scritte
Partendo da una frase di Hanna Arendt secondo la quale: “Dobbiamo combattere ogni impulso a mitizzare il male”, Kumjana Novanova realizza un documentario fatto esclusivamente di immagini di repertorio, spesso distorte e modificate nei colori oppure fisse sotto forma di fotografie, rumori di sottofondo costanti e disturbanti e trascrizioni digitate sullo schermo, delle testimonianze di quelle donne, individuate esclusivamente con numeri o iniziali, che hanno avuto il coraggio di raccontare le violenze subite e denunciare per nome i loro violentatori che, spesso, erano i loro vicini di casa serbi o gli abitanti dei loro stessi villaggi.
Ovviamente il drammatico episodio di Foča riporta alla mente il genocidio di Srebrenica – che la stessa Novanova ha raccontato nel suo precedente Disturbed Earth (realizzato in collaborazione con Guillermo Carreras Candi) – nel quale vennero sterminati oltre 8000 maschi bosniaco-musulmani di età compresa fra i 12 e i 77 anni dalle milizie del generale serbo-bosniaco Ratko Mladić, con la complicità del governo della Repubblica Serba di Bosnia-Herzegovina guidata dall’allora presidente Radovan Karadžić.
Con il suo stile volutamente freddo e distaccato, Silence of Reason diventa così un’agghiacciante testimonianza di un fatto a lungo misconosciuto, ennesimo episodio traumatico di una guerra efferata scoppiata nel cuore dell’Europa. Un documento che si fa strumento necessario per rinsaldare la memoria collettiva e che permette, utilizzando la drammatica vicenda degli stupri di Foča avvenuta ormai trent’anni or sono, di compiere un parallelismo con il presente e con i numerosi casi di violenza perpetrati, oggi, sul corpo delle donne.
Silence of Reason è stato presentato in prima assoluta al Sarajevo Film Festival, in una città diventata un simbolo di quell’orrendo massacro.
Gli articoli di Marcello Perucca