2023? Un anno difficile, come tutti quelli che l’hanno preceduto e quelli che seguiranno, come ricordato dalla sequenza di politici incravattati nei messaggi televisivi ripresi all’inizio della nuova commedia francese di Oliver Nakache e Eric Toledano, presentata nella serata d’apertura al Torino Film Festival.
Olivier Nakache, Éric Toledano. Immagine fornita da TORINO FILM FESTIVAL
I registi, firme di successi quali Quasi Amici e C’est la Vie, regalano un’altra pellicola acuta e spassosa, specchio derisorio e scanzonato del mondo d’oggi con una coppia di improbabili amici messi insieme dalla ferocia della società occidentale dei consumi.
Albert e Bruno (Pio Marmaï e Jonathan Cohen) vivono di espedienti, senza fissa dimora, sommersi dai debiti, tra sedute riabilitative per curare dipendenze da acquisto compulsivo e scroccando pasti ad attivisti in lotta contro il cambiamento climatico e le sue conseguenze.
Si è disposti a tutto, risucchiati dalla bramosia capitalistica che trasforma il famigerato Black Friday in una lotta selvaggia per strappare dalle mani del nemico l’ennesimo oggetto del desiderio indotto, e mai del bisogno. Il centro commerciale, vera cattedrale del nostro tempo, è l’arena dove si fronteggiano gli zombie in cerca dell’ennesimo affare e i puri d’animo, disposti ad azioni estreme pur di indurre un nuovo senso di consapevolezza rivolto al pianeta.
La speranza, nonostante tutto
Da qui nasce la speranza. Ha l’energia e il sorriso della giovane Cactus (Noémie Merlant) che organizza atti dimostrativi in difesa della terra, pur abitando l’essenzialità di un’agiata dimora altoborghese, e turba gli animi dei due protagonisti (ribattezzati Lexo e Poussin) i quali, in un misto di convenienze, disperazione e infatuazione diventano nuovi animatori del movimento.
Il crollo è dietro l’angolo. In fondo nulla può fermare i mali dell’età moderna, come ben insegna Henri (un Mathieu Amalric macchiettistico ed esilarante) finto guru della rieducazione contro le dipendenze e assiduo del gioco d’azzardo. Tuttavia un altro esito è possibile, una via alternativa esiste e passa da percorsi inaspettati, finte derive che celano risvolti salvifici. Il walzer finale in una Parigi deserta è una sorpresa per tutti.
Olivier Nakache, presente in sala, ammette che la commedia italiana è costante fonte d’ispirazione. Rievoca C’eravamo Tanto Amati quale visione ricorrente e stimolante, insiste sul potere terapeutico della risata e piacerebbe pensare che anche questa commedia, in cui si fondono temi serissimi e toni divertenti, sia d’esempio a tanto cinema italiano derivativo e dalla battuta scontata, con cast dagli accenti sempre uguali e sceneggiature piatte.
Applausi.
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