Dopo il pluripremiato Blancanieves (2012) e Abracadadra (2017), arriva Robot Dreams (2023), terzo capitolo della collaborazione tra Arcadia Motion Pictures e Pablo Berger. Il primo nel genere dell’animazione.
Al cinema dal 4 Aprile distribuito da I Wonder Pictures.
Trama
Dog vive a Manhattan e ha un disperato bisogno di un amico. Decide quindi di comprare un robot da compagnia. I due diventano inseparabili, finché un giorno non sono costretti a dividersi.
Sara Varon, New York e gli anni ’80
Un polipo che suona la batteria, un cane che va sui pattini a rotelle, un robot che fa il dito medio a una rock-band animalesca. Robot Dreams ricava il suo mondo dalle graphic novel di Sara Varon, dai suoi animali dal comportamento umano e da una New York d’altri tempi. Sono gli anni ’80 e ad accompagnare la storia di Dog e Robot ci sono le note di September, della band Eart, Wind & Fire. Il motivo ritorna spesso, come emblema del legame che si è creato tra i due personaggi. La canzone assume una valenza ora giocosa ora nostalgica. Esattamente com’è l’amicizia.
Riprendendo lo stile dei disegni di Sara Varon, Robot Dreams presenta continue linee curve, colori sgargianti e poche ombre. Un tipo di animazione che oggi funziona, piace e che si allinea perfettamente al tema della storia.
L’animazione di Robot Dreams: un rischio ben giocato
Pablo Berger rischia parecchio in questa pellicola e viene premiato: il suo non è un film d’animazione come gli altri. Qui, per esempio, i personaggi non parlano. La narrazione viene portata avanti esclusivamente dalle immagini, riportandoci indietro alla vera essenza del cinema. Ancora, in Robot Dreams si lascia spazio al personaggio e si esplora il suo mondo interiore. Cosa succede ai due amici quando sono costretti a separarsi? Si pensano, soffrono, cercano consolazione e immaginano il momento in cui si rivedranno. I sogni di Robot sono come un giro sulle montagne russe, fanno sorridere un momento e preoccupano quello successivo.
I personaggi e il mondo di Robot Dreams entusiasmano. Il film ha ritmo e tocca una tematica sempiterna quale il bisogno di compagnia. La scelta del genere animato trova il suo perché nel modo in cui si è scelto di narrare la storia e nella posizione dell’autore rispetto al concetto di amicizia. Pur non essendo la sua arena, Pablo Berger porta sullo schermo un lungometraggio ben riuscito, un tipo di animazione a cui non siamo abituati, ma che fa bene al pubblico e al cinema in generale.