Intenso, disturbante, reale. Soleils Atikamekw, l’ultima opera della regista canadese Chloé Leriche, che al Festival del capoluogo sabaudo aveva già presentato anni fa il suo primo lungometraggio, Avant les rues, “aggredisce” con un film che ci pone davanti all’ennesimo caso di razzismo – seppur velato e quindi ancora peggiore da accettare – perpetrato ai danni di una minoranza etnica.
Soleils Atikamekw Una vicenda drammatica
Esattamente come nel citato primo lungometraggio, la regista quebecoise, ambienta la storia presso una piccola comunità di nativi amerindi, quella degli Atikamekw, che vive nel villaggio di Manawan, nel Canada francofono. Famiglie che vivono rispettando le loro tradizioni e che sviluppano un forte senso di appartenenza. Una comunità che vive con dignità e la cui tranquilla esistenza viene sconvolta, nell’ormai lontano 1977, da una profonda tragedia: la morte di cinque giovani, uomini e donne, annegati in un furgone in quello che, a prima vista, pare un incidente stradale. Ma che da subito dà adito a interrogativi e a sospetti che in realtà si possa trattare di altro, come, ad esempio, di un omicidio.
Il film di Chloé Leriche, girato con lo stile efficace del documentario, ci conduce all’interno della comunità degli Atikamekw e ci permette di venire a conoscenza dei fatti e di conoscere le persone vicine alle vittime, i genitori, i fratelli e le sorelle, i nonni, gli amici. Tutti a interrogarsi sulla dinamica dei fatti e a convincersi che quel furgone precipitato nel fiume non è stato la causa della morte, bensì una messinscena per mascherare qualcosa di più grave. Come un omicidio, appunto. Perché alcuni indizi come le ferite inferte sul ventre di una delle donne uccise o le mutandine abbassate di un’altra delle ragazze presenti sul mezzo, portano a sospettare che non si sia trattato di una morte accidentale, come invece la polizia vuole far credere.

Soleils Atikamekw Il lutto di un intero villaggio
Soleils Atikamekw è un film che racconta, con trasporto, il dolore di un’intera comunità e la difficoltà a superarlo anche a distanza di molti anni. Un lutto che si scontra con la difficolta ad accettare quelle morti, soprattutto a causa della mancanza di giustizia derivante dal rifiuto di indagare su quanto successo. Con la polizia locale che, fin da subito, pare adottare una politica protettiva nei confronti dei due ragazzi bianchi che accompagnavano i cinque nativi sul furgone e rimasti illesi nel presunto incidente. Testimoni che, a rigor di logica, avrebbero dovuto essere sottoposti a interrogatori più stringenti per giungere a capire la dinamica dei fatti.
Attraverso un uso sapiente della macchina da presa, che non lesina intensi primi piani sui volti dei protagonisti, Chloé Leriche è in grado di trasmettere tutta l’angoscia e il tormento che dilania le donne e gli uomini della comunità Atikamekv.

Soleils Atikamekw – che speriamo possa avere una distribuzione anche nel nostro paese – diventa quindi un modo per denunciare il razzismo e la sistematica repressione nei confronti dei nativi da parte delle istituzioni nazionali – nel caso specifico il Canada, ma la cosa è estendibile ai vicini Stati Uniti – che ignorano le loro istanze, accusando gli indiani di crimini non commessi (Leonard Peltier, un Dakota che sta scontando da cinquant’anni e ingiustamente due ergastoli per l’uccisione di agenti dell’FBI ne è l’esempio più eclatante), sottoponendo le donne, come avvenuto in passato, a sterilizzazione forzata, inviando i bambini a scuole nelle quali viene insegnato a dimenticare tutto ciò che fa parte della propria cultura, dalle tradizioni alla lingua.
Un’opera intensa che, come nel film di Martin Scorsese Killers of the Flower Moon, tratta, seppur in maniera differente ma certo non meno efficace, il dramma che da secoli vivono i nativi americani e, in generale, tutte le minoranze etniche. Un film che rompe il silenzio su un episodio che da oltre quarant’anni chiede giustizia.