Venezia.69: “Wadjda” di Haifaa Al Mansour (Orizzonti)
Il cinema è stato un traguardo difficile da conquistare per Haifaa Al Mansour, prima donna dell’Arabia Saudita a dirigere un film, “Wadjda”, interamente ambientato nel suo Paese. Scelta coraggiosa, soprattutto perché racconta una storia semplice, incentrata su due donne, una madre e una figlia, che ogni giorno tollerano la cultura restrittiva che le vede sottomesse all’uomo
Il cinema è stato un traguardo difficile da conquistare per Haifaa Al Mansour, prima donna dell’Arabia Saudita a dirigere un film, Wadjda, interamente ambientato nel suo Paese. Scelta coraggiosa, soprattutto perché racconta una storia semplice, incentrata su due donne, una madre e una figlia, che ogni giorno tollerano la cultura restrittiva che le vede sottomesse all’uomo; Haifaa Al Mansour offre, per la prima volta nella cinematografia del suo Paese, un punto di vista totalmente femminile.
Wadjda (da cui il titolo del film) è una ragazzina vivace e restia agli obblighi della sua cultura, che la fanno nascondere sotto un velo, che le vietano di stringere amicizia con gli uomini, e, più in generale, che non le permettono di manifestare la sua femminilità. In particolare Wadjda non può rassegnarsi al fatto che, secondo la tradizione, alle donne non è permesso avere una bicicletta. Nulla però può arrestare la sua caparbietà, e la giovane donna lotterà per se stessa e per il piccolo piacere di battere in una corsa in bici il suo amico Abdullah.
Nel frattempo la madre, (Reem Abdullah, l’attrice più famosa in patria), costretta ad un lavoro che la obbliga ogni mattina ad andare “dall’altro capo del mondo”, educa sua figlia e cerca di convincere il marito a non ricorrere al secondo matrimonio. Nel suo Paese infatti è normale che l’uomo si sposi più di una volta e che abbia più di una moglie, ma ciò non significa che le donne non provino dolore e gelosia, e Haifaa Al Mansour ha la forza di raccontarlo. Viviamo così, insieme alle due protagoniste, il senso di abbandono, cercando, con difficoltà, di comprenderne le motivazioni.
Non ci sono sale cinematografiche in territorio saudita, sono vietate, e non si sa se Wadjda passerà mai in televisione, anche se dovrebbe, e soprattutto avrebbe tutti i diritti di essere distribuito all’estero, per far conoscere questa cultura, di cui conosciamo veramente poco, nonostante faccia ormai parte del nostro immaginario.