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‘Hannibal Lecter – Le origini del Male’, il peggior film della serie

Uno dei villain più famosi della storia del cinema

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Hannibal Lecter – Le origini del male è un film del 2007, diretto da Peter Webber, che percorre la genesi del personaggio di Hannibal Lecter, dalla sua infanzia fino alla follia omicida. Nel cast, oltre al compianto Gaspard Ulliel (morto tragicamente l’anno scorso) nel ruolo del protagonista, ci sono alcuni ottimi interpreti come Rhys Ifans (Game of Thrones) e Dominic West. Il film è disponibile su RaiPlay.

La genesi di Hannibal Lecter

É, a tutti gli effetti, un origin story non dissimile da quanto si è visto per altri personaggi famosi, ormai assorbiti dall’immaginario cinematografico. In questo caso, come potrebbe essere per Joker nel mondo supereroistico, si tratta di uno dei villain più famosi della storia del cinema, comparso nel lontano 1986 con Manhunter di Michael Mann e reso celebre dalla strepitosa performance di Anthony Hopkins nel Silenzio degli Innocenti. Il confronto con questi “antenati” illustri fa un po’ impallidire il film, ma in ogni caso, anche preso isolatamente, si può tranquillamente dire che Hannibal Lecter – Le origini del male è fallimentare su tutta la linea.

La guerra genera mostri

È il 1944, in Lituania, e mentre sullo sfondo imperversa la seconda guerra mondiale, la benestante famiglia Lecter (con il piccolo Hannibal) è costretta a fuggire sotto la minaccia dei bombardamenti. Si sposta in un casolare in mezzo alla neve.  Questo il luogo (anche della mente) che racchiude il travaglio interiore e condiziona la storia personale di Hannibal Lecter. La morte tragica dei genitori e, soprattutto, l’assassinio della sorellina, che diventa il pasto di spietati e famelici soldati, lacerano l’anima infante del protagonista: “Il bambino Hannibal è morto nel 44 in mezzo alla neve. Il suo cuore è morto con Misha. Per quello che è adesso… non esiste un nome… a parte mostro”.
L’ultimo ricordo familiare si trasforma in un’ossessione; anni dopo combatte ancora i suoi demoni di notte, negli incubi, cosa che ben presto lo porterà a fare i conti diretti col proprio passato attraverso la vendetta.

I problemi di Hannibal Lecter-Le origini del male

Dall’incipit emerge che il film attua il tentativo (mal riuscito) di costruire un sostrato morale e un trauma sociale (la guerra e l’efferatezza umana) dietro la nascita della figura di Hannibal Lecter e, sia chiaro, ciò di per sé non costituisce un disvalore. Però se si riflette sull’immaginario e su quel sentimento di fascinazione verso il male del serial killer, insieme al carisma, all’inafferrabilità degli intenti e alla lucida malvagità, una simile operazione rischia di banalizzare e appiattire completamente il personaggio.

È ciò che puntualmente accade in questo film, sia per soluzioni stilistiche didascaliche come dei pessimi e confusi flashback che permettono un accesso visivo diretto alla mente di Hannibal, sia per una scrittura che non fa altro che scarnificare all’osso l’approfondimento psicologico del personaggio per ridurlo a uno schematico e triviale rapporto causa-effetto.

Questa semplicistica visione della storia di un personaggio complesso e affascinante è senza dubbio svilente, soprattutto se si pensa che la conseguenza narrativa della premessa è una revenge story poco interessante perché scevra di una tensione emotiva, di mordente e del tutto prevedibile. La mancanza di suspense è ascrivibile a una storia  noiosa e già vista, alla lontananza emotiva del personaggio e ai risvolti che non mettono mai realmente in dubbio niente (neanche la vita di Hannibal sembra mai in pericolo), generando un totalizzante senso di indifferenza.

IL racconto di Hannibal Lecter-Le origini del male

La scrittura, che oltre all’approccio semplicistico appena descritto, è carente anche nel dispiegare il racconto, strappa via le svolte senza attenuarle nella storia e, anzi, accelera in modo brusco in passaggi che avrebbero richiesto un certo sviluppo. Nello stesso modo opera il montaggio, con dei raccordi confusionari, soprattutto nell’incipit e nel caos della guerriglia, dove le inquadrature si susseguono un po’ goffamente. Il ritmo è altalenante e non c’è mai una cadenza narrativa in grado di catturare l’interesse o un’emozione. É tutto freddo, distante, anche a causa di una regia anonima che non è in grado di valorizzare i volti, i corpi, i rapporti.

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