La città di Roma, Andy Warhol, Pasolini, Man Ray, una studentessa di cinema della Sapienza, sono orbite intorno alla figura di Dino Pedriali, in Dino’s Dark Room, il suo ritratto firmato dal regista e sceneggiatore Corrado Rizza, attraverso la forma ibrida del docufilm. Le interviste di chi lo conosceva bene, come la sua stampatrice di fiducia, l’amico di una vita, il figlio Tristano, il critico Achille Bonito Oliva, Raffaele Curi, si alternano ai monologhi dell’attore Pietro De Silva, attraverso cui prende vita il fotografo romano.
De Silva, prima di accettare il ruolo, non conosceva Pedriali, se non attraverso le sue fotografie più celebri, come quella del primo piano di Pasolini, con il viso poggiato sul suo pugno chiuso. Ha ammesso di essere rimasto colpito dalla loro somiglianza fisica. Dino Pedriali apparirà solo in pochi momenti del film, ripreso durante un viaggio in macchina, in cui sentiamo la sua voce grave. Sono le sue opere, di corpi e contrasti, a parlare efficacemente di lui.
Dino’s Dark Room è in concorso al Rome Independent Film Festival (16-24 Novembre), nella categoria dedicata ai documentari italiani.
Pasolini ritratto da Dino Pedriali
Dino Pedriali e Pasolini
La forza del progetto di Rizza, sta nel suo intento di far riscoprire la figura di Pedriali attraverso il suo lavoro, più che raccontarne in maniera didascalica e lineare la storia. Ciò è evidente dall’aggancio iniziale, con l’intervento di Giorgia Bruni, una giovane studentessa di cinema della Sapienza, che ha intervistato Pedriali per la sua tesi sulla Trilogia della vita di Pasolini. Dalle sue parole emerge il carattere sfuggente del fotografo e i suoi lampi di tenerezza, il temperamento anticonformista e soprattutto, il legame tra il fotografo e Pier Paolo Pasolini. Un’amicizia breve, che ha prodotto la magistrale serie fotografica di Chia, dove Pasolini è ritratto nudo, per la prima volta mostrato vulnerabile nella sua vita intima.
La mia intenzione era quella di ritrarre il Pasolini scrittore. (Dino Pedriali)
Le foto dovevano essere inserite nel suo libro scandalo Petrolio. Saranno le ultime foto in vita del poeta. Prima di Chia c’è stata Sabaudia, altro luogo caro al poeta, in cui Pedrali lo immortala con i capelli scomposti dal vento. L’ultimo luogo in cui Pedriali avrebbe voluto seguire Pasolini con la sua macchina fotografica, sarebbe stata la città di Roma, ma la sua morte tragica avvenuta il 2 Novembre 1975, ha impedito la chiusura del loro trittico fotografico.
Il Caravaggio della fotografia del Novecento
Con Pasolini, Dino Pedriali, oltre al fatto di aver vissuto entrambi a Monteverde, ha condiviso una certa rappresentazione del corpo. I suoi ritratti dei giovani proletari, non sono così lontani da quelli che troviamo nelle pagine violente di Ragazzi di vita (1955) o dai corpi modellati da Caravaggio. Per l’uso drammatico della luce, nell’opera fotografica di Dino Pedriali, il critico d’arte tedesco Peter Weiermair, lo ha definito il Caravaggio della fotografia del Novecento. Man Ray è stata un’altra figura centrale nella carriera di Pedriali, modello, amico e soggetto fotografico durante il suo soggiorno a Fregene.
Man Ray ritratto da Dino Pedriali
Non volevo essere considerato il fotografo del Novecento ma il fotografo del nuovo millennio. (Dino Pedriali)
Negli anni ’70 Dino Pedriali frequentò la factory di Andy Warhol e strinse un legame di fiducia con l’artista newyorkese. Le sue fotografie dell’epoca colgono un Warhol inedito, la sua umanità in quadri quotidiani. Sono testimoni di una rivoluzione culturale in atto, che solo più avanti, avrebbe raggiunto l’Europa. Pedriali era consapevole che nel mondo dell’arte contemporanea, nulla sarebbe stato più come prima, si stava scrivendo la storia e lui ne catturò gli istanti decisivi.