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‘Mi fanno male i capelli’ intervista con la regista Roberta Torre

Dopo Roma, tappa pistoiese per il film con Alba Rohrwacher

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Mi fanno male i capelli di Roberta Torre, dopo la Festa del Cinema di Roma, è arrivato anche alla IX edizione del Festival di Pistoia Presente Italiano.

Monica sta perdendo la memoria e la sua vita si strappa. È la sindrome di Korsakoff, dice il medico. È irreversibile. Poi, l’inaspettato: la donna trova il modo di ridare senso alle cose prendendo in prestito i ricordi di un’altra Monica, che ha sempre ammirato: Monica Vitti. Si veste come lei, la imita, rivive le scene dei suoi film, si identifica nei suoi personaggi fino a confondere il cinema con la realtà. Suo marito Edoardo, che la ama profondamente, lascia che questo gioco diventi la loro nuova vita.

Alla regista Roberta Torre abbiamo chiesto qualcosa a proposito del film.

Mi fanno male i capelli di Roberta Torre

Sarebbe un errore definire Mi fanno male i capelli solo e soltanto come un omaggio a Monica Vitti. Il film è un’opera a sé stante che richiama e rende onore a una delle più grandi dive del nostro cinema. Ma sembra quasi un gioco che noi facciamo insieme alla Monica interpretata da Alba Rohrwacher. Lei cerca di ripercorrere la propria vita seguendo le orme di Monica Vitti e noi, con lei, ci divertiamo a cercare i richiami e i riferimenti alle innumerevoli interpretazioni della Vitti.

Sì, io non ho mai pensato all’omaggio. Almeno nella scrittura e nella costruzione della storia sono partita dall’idea della memoria e della perdita della memoria. Quindi inevitabilmente ci ho poi associato Monica Vitti perché lei ha sempre avuto un rapporto con la memoria molto forte. Fin da giovane ha sempre detto io in qualche modo vorrei dimenticare, preferisco i sentimenti ai fatti e questo mi ha molto colpito perché per un’attrice dimenticare va contro il suo stesso mestiere ed è stranissimo e poi perché, profeticamente, la sua vita ha avuto questo percorso. Mi aveva molto colpito questo suo legame con la memoria.

Anche il mio film precedente Le favolose aveva come tematica fondamentale la memoria e la possibilità di essere ricordati in un certo modo piuttosto che in un altro e sono partita da lì. Quindi l’omaggio è solo quello che hanno visto gli altri, ma io non volevo quello.

Hai anticipato una domanda che avrei voluto farti successivamente e cioè il legame che c’è tra Mi fanno male i capelli e Le favolose. Secondo me, oltre al tema, c’è anche un richiamo all’idea di documentario.

Forse il legame più che altro è quello della tematica, quindi la memoria in varie sfaccettature. Poi qui certamente la protagonista perde la sua memoria personale, ma è come se riacquistasse la memoria del cinema e quindi è come se ritrovasse un senso alla sua esistenza attraverso quei film che sono stati e sono parte della storia del cinema e ritrovasse la possibilità di vivere ancora e di ricordare attraverso queste memorie che non sono le sue personali, ma sono quelle dei personaggi interpretati da Monica Vitti.

La memoria

Infatti ci sono delle frasi emblematiche in questo senso e sembrano adatte al dialogo tra le due Monica. Ne posso citare due come Ho l’impressione di scordarmi ogni giorno qualcosa e Non distinguo tra quello che sogno e quello che vivo che alimentano ancora di più il botta e risposta tra le due Monica e la credibilità dello scambio di battute.

Esatto. Quello è stato un lavoro lunghissimo, perché io ho scelto dei pezzi di repertorio dove c’erano delle frasi che potevano lavorare dentro la storia che avevo scritto. E quindi è stato fatto un lavoro alla rovescia, cioè prima ho scritto la sceneggiatura e poi su quella ho cercato tutte quelle frasi dei film dei personaggi di Monica Vitti che si potessero concatenare per raccontare quella storia che avevo scritto. Quindi è un procedimento abbastanza insolito, di solito il repertorio si monta in maniera diversa. Questa è stata anche la voglia di far vivere quel repertorio di nuovo e farlo interagire con il film.

Sì, e il dialogo va proprio in questa direzione. Non è qualcosa di vecchio.

Ed è proprio quello che volevo: togliere il repertorio dal museo e farlo (ri)vivere perché sono film che ci raccontano il cinema italiano che è stato, però, in qualche modo, in questa storia è come se fossero contemporanei.

I dialoghi di Mi fanno male i capelli di Roberta Torre

Interessante il fatto che le immagini di repertorio prima compaiano sul tradizionale schermo della tv e a poco a poco anche su superfici impossibili e impensabili soprattutto per l’epoca, tanto per avvalorare il fatto che lei sembra essere inglobata, in qualche modo, da questa realtà parallela. Mi viene da citare, per esempio, il dialogo che lei ha con Alberto Sordi che appare in quello che sembra uno specchio (quindi una superficie insolita) e che, se da una parte avvalora quanto detto, dall’altra parte sembra rimandare a una contemporaneità richiamando l’idea della videochiamata.

Diciamo che questi personaggi con i quali lei parla sono quasi dei fantasmi che appaiono, come se fosse Skype, si manifestano come degli ologrammi che arrivano e se ne vanno attraverso lo specchio. Poi, in qualche modo, lo specchio può essere anche lo specchio di Alice che, attraversandolo, porta in un’altra dimensione temporale. È come se lei dialogasse con il passato, però oggi, quindi è veramente lo specchio di Alice nel paese delle meraviglie: superi quello specchio e ti ritrovi dall’altra parte. Anche perché lei con la Vitti stessa si scambia degli oggetti (i cappotti, i vestiti, i cappelli), quindi c’è questo passaggio continuo tra passato e presente.

Un altro elemento che rende bene ciò è la scena nella prima parte (ma che poi viene ripresa anche sul finire) di lei che guarda gli amici, i parenti, i conoscenti a tavola in maniera sfocata e indefinita, mentre Monica Vitti e Alberto Sordi li vede in maniera nitida e precisa.

Sì, anche i personaggi che entrano in casa sua: architetti, ingegneri… è come se la realtà non la concepisse.

Un dialogo tra le due Monica

Mi fanno male i capelli è costruito come se fosse un dialogo costante tra le due Monica. La protagonista è Alba Rohrwacher e si potrebbe dire che la coprotagonista è Monica Vitti. In realtà, però, il personaggio interpretato da Filippo Timi, che appare quasi come secondario, è importante allo stesso modo perché ha la capacità di ancorarci alla realtà.

Lui all’inizio lo fa in modo perplesso, dopo capisce che questo gioco è l’unico modo per poter ancora parlare con questa donna che lui ama e si lascia condurre come dice lo psichiatra (lei non ti ha dimenticato, ti ha coinvolto nella sua rappresentazione).

Lui diventa un attore di questo film che lei si fa ed è l’unico modo che ha per stare con lei. Perché nell’altra realtà, quella reale, dove lo perseguitano i creditori, dove la vita diventa comunque faticosa, non c’è spazio per loro due. Lui non vuole perdere quest’ultima possibilità anche se poi sarà sconfitto, ma è una forma di amore nei suoi confronti quella di continuare a restare dentro questo gioco. All’inizio è sconvolto, ma piano piano trova una sua dimensione.

L’ho visto come quello che ci guida nel secondo livello della storia. Da una parte c’è la storia di Monica che dialoga con Monica Vitti cercando di interpretarla e dall’altra c’è il livello in cui viene raccontata, seppur attraverso queste modalità, una malattia. Lui sembra guidarci perché possiamo relazionarci con il suo personaggio. Noi pubblico vediamo il decorso della malattia di Monica e capiamo la disperazione di Edoardo.

Lui mantiene un principio di realtà, cosa che lei ha perduto. Quindi gli spettatori che vogliono un Virgilio più vicino a loro stessi, si possono identificare nel marito più facilmente che in lei.

Anche se tra i due, per assurdo, lei è quella più felice (ha trovato una sua dimensione). Lui, dovendo rimanere nella realtà di tutti i giorni, vive in una duplice dimensione, un po’ schizofrenico.

Un omaggio

Prima abbiamo parlato di omaggio sottolineando come Mi fanno male i capelli non è un omaggio e non è nato con questo intento. Torno sulla questione omaggio, però, per parlare di una scena che ho associato subito a un’altra iconica scena del cinema italiano. Mi riferisco alla carrellata finale con tutte le interpretazioni di Monica Vitti che Monica osserva dalla poltrona del cinema e che richiama e ricorda, per certi aspetti, quella di Nuovo Cinema Paradiso.

Sì, è vero. Anche per me, quando l’ho vista in fase di montaggio, è stata la stessa cosa. La sensazione che ho avuto è stata quella. Da un certo punto di vista è anche un saluto a un cinema del passato, come se in questo momento storico stiamo anche vivendo una specie di passaggio da un cinema che è quello che ci ha fatto innamorare a quello che è un altro modo di vivere, vedere e immaginare la settima arte (per esempio l’intelligenza artificiale). Quel tipo di spettacolo, però, è sicuramente il momento che ricordiamo come emblematico del cinema italiano. Quindi anche dell’Italia nel mondo: è stato anche un saluto a questo.

Altri titoli di Roberta Torre

Riprendendo il discorso in merito al tuo film precedente, Le favolose, nel quale avevo trovato dei richiami con Mi fanno male i capelli per la forma, a tratti documentaristica, volevo fare una riflessione sul tuo cinema che sembra voler sperimentare e andare oltre la classicità di un determinato genere, anche perché, nella tua carriera, ti sei cimentata con diversi generi. Lo fai con Mi fanno male i capelli, mescolando documentario e finzione, realtà e mondo onirico; lo hai fatto in Mare nero dove al thriller aggiungi una punta di erotismo. Sembra quasi che sia il tuo marchio di fabbrica, la tua firma.

A me piace sempre lavorare proprio sul linguaggio del cinema, non solo sul contenuto ma anche sulla forma perché credo che il cinema sia forma.

In questo caso avevo la possibilità di far vivere questo repertorio che, come dicevamo all’inizio, non è rimasto un repertorio da cineteca, ma lavora dentro il film ed è come se in qualche modo fosse contemporaneo. E mi piaceva l’idea di poterlo far dialogare con le parti che ho girato io e trovare il modo di far dialogare questi attori del passato con due attori del presente. Credo che usare il repertorio fosse l’unico modo possibile per farlo al di fuori di quella che poteva essere una messa in scena un po’ da fiction tv. Invece di ricreare una possibile Monica Vitti con un’attrice o un Mastroianni con un attore. Mi piaceva che il loro modo di stare in scena attraverso i film interagisse con questi attori oggi. Abbiamo questo grandissimo dono di questi film che loro hanno fatto e mi sembrava bello farli parlare, farli incontrare in questo senso.

Poi sì, c’è sempre una sorta di linguaggio che ha a che fare con la realtà. In questo caso non è tanto il documentario quanto la presenza di questi attori dentro questi film che ormai sono dei simboli, delle icone della storia del cinema, quindi fanno parte del patrimonio collettivo, di tutti quanti, della storia del cinema. Il lavoro fatto qui è stato rendere vivo il materiale, non lasciarlo come illustrazione. Il mio desiderio era quello di dargli una nuova vita.

Anche perché se uno non conosce bene questi film sembra quasi che sia stato ricreato in maniera finta il dialogo.

Esatto, quello che poi capiterà con l’intelligenza artificiale prima o poi. Quindi mi piaceva rendere in modo analogico quello che poi sarà fatto probabilmente con altri mezzi.

Roberta Torre oltre Mi fanno male i capelli

Qual è il tuo cinema di riferimento da spettatrice?

In realtà sono una spettatrice onnivora, anche se è chiaro che ci sono delle cose che mi piacciono di più. Guardo tutto, senza distinzioni. In generale sono una grande fan del cinema americano. Il mio gusto spazia. Vedo veramente di tutto, anche il documentario è una delle mie grandi passioni, lo è sempre stata e continua a esserlo. Mi piacciono moltissimo le biografie, sia ricreate che ricostruite, e poi i film in costume.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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