“Cosa accadrebbe se un essere umano finisse accidentalmente in un pianeta abitato da extraterrestri? Come verrebbe accolto? E chi sarebbe il vero alieno? È la storia del caro ET, ma alla rovescia”.
Cosa accadrebbe se un essere umano finisse accidentalmente in un pianeta abitato da extraterrestri? Come verrebbe accolto? E chi sarebbe il vero alieno? La storia simile al caro e vecchio ET, anche se alla rovescia, è raccontata da Joe Stillman, uno degli autori posti dietro il successo del noto “orco” di casa DreamWorks.
Quando l’astronauta Chuck atterra su Planet 51, fiducioso di trovarsi in un lontano pianeta disabitato, è completamente all’oscuro della presenza dei piccoli esseri verdi che vivono pacificamente in una società dal nostalgico volto dell’America anni ‘50. Da un’ilare sequenza d’apertura si scorge, però, quanto abbiano in comune le due specie, dalla primitiva paura del diverso alla psicosi di un attacco alieno. Con l’aiuto del fidato compagno robotico “Rover”, di disneyana memoria, e del suo nuovo amico Lem, un quattordicenne alieno che non “fa mai la cosa sbagliata”, dovrà sottrarsi all’esercito che gli dà la caccia e riappropriarsi della navetta spaziale per fare finalmente ritorno a casa.
Ma l’impresa non sarà facile poiché la procedura di rientro già in atto non si farà attendere e gli ostacoli saranno dietro l’angolo, proprio come le tante gag che costellano l’intera pellicola. Sebbene l’architettura di Planet 51 sia mirabilmente curata e non manchino i rimandi alla cultura Sci-Fi, recente e lontana, tra cui anche Alien (inequivocabile la somiglianza del cane-alieno), il prodotto non convince, precludendosi la strada verso un pubblico maturo a vantaggio dei giovanissimi.
La straordinaria attenzione riposta nella grafica non risulta, dunque, controbilanciata dalla sceneggiatura che sfianca lo spettatore smaliziato, abituato agli standard e alle delizie della Pixar. Il laborioso progetto europeo avrebbe meritato, senz’altro, uno sforzo in più. Bicchiere mezzo vuoto.
G. M. Ireneo Alessi
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