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Interviews

‘Patagonia’ intervista con il regista Simone Bozzelli

Il giovane regista, al suo esordio, confeziona un film denso di significati

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simone bozzelli

Dopo essere stato a Locarno e in sala, Patagoniail lungometraggio d’esordio di Simone Bozzelli, è stato anche in concorso alla IX edizione del festival cinematografico di Pistoia Presente Italiano, dall’11 al 17 novembre. Un continuo successo per il film di Simone Bozzelli che si è aggiudicato il premio di miglior film della kermesse.

Yuri, ragazzo rinchiuso in una vita senza scintille da una zia che lo tratta come un bambino, trova in Agostino, un girovago già uomo ma con lo spirito di un ragazzino, la spinta ad andarsene e a lasciarsi dietro una gabbia di troppo amore e un noioso paese della costa abruzzese. Reclutato come assistente da Agostino, animatore di feste di compleanno per bambini, sale sul suo camper e inizia una vita nomade.

Simone Bozzelli abbiamo fatto alcune domande a proposito del suo esordio al lungometraggio.

– Foto di copertina: Ph Federico Papagna –

simone bozzelli

Foto di Claudia Sicuranza

Patagonia di Simone Bozzelli: libertà e reclusione

Secondo te si può definire Patagonia come un film sulla libertà? A me ha colpito molto il fatto che uno degli elementi principali del film sia il contrasto tra libertà e reclusione. Anche perché trovi il modo di parlare di questo tema e di mostrarlo in modo sempre diverso. Dalla vita di Yuri, confinato con le zie, alle sbarre e le prigioni anche fisiche. Mi viene in mente la gabbia iniziale dalla quale Yuri guarda nella prima inquadratura, ma anche i vetri, le sbarre, i filtri.

Certo, assolutamente. Per me è un film su Yuri che intraprende un percorso anche di prigionia e di ambizione alla libertà. La cosa interessante per me è stata quella di scoprire anche che la libertà è in un certo senso consapevolezza, quella di dire dove c’è il limite alla libertà e qual è il limite entro quale essere liberi.

C’è un continuo parallelismo e rapporto con gli animali in gabbia perché anche Yuri è, in qualche modo, un animale in gabbia, anche se guarda al mondo in maniera diversa. Spesso questi momenti sono associati, per contrasto (e in questo è notevole il lavoro fatto al montaggio), a paesaggi, cieli e luoghi sconfinati che sono sinonimo per eccellenza di libertà.

A me piace sempre creare dei contrasti. Essendo anche un montatore (quando ho fatto i miei primi passi nell’ambito cinematografico volevo occuparmi di montaggio) ho iniziato a imparare quanto dialogo ci può essere tra due immagini, quindi, come in questo caso, tra un topolino in gabbia e una prateria sconfinata. E anche quanto dialogo due immagini così possono evocare spettatorialmente senza che sia alcuna battuta che lo suggerisca.

Un’altra cosa interessante che mi piaceva di questi paesaggi così assolati è anche il fatto che fossero una sorta di ambiente che rifletteva lo stato di sete di amore di Yuri.

Foto di Claudia Sicuranza

Infatti i dialoghi che avvengono in questi momenti sono abbastanza significativi e forse i meno metaforici dell’intero film.

Sì, è vero.

Cos’è Patagonia?

Rimanendo sul film in generale un altro aspetto sul quale vorrei riflettere è l’abile mescolanza di generi che hai inserito nel film. Perché sinceramente trovo difficile collocare Patagonia all’interno di un genere ben preciso. Se proprio dovessi definirlo direi che è qualcosa a metà strada tra road movie e romanzo di formazione.

Io sono il primo a non saper definire il genere di questo film e ho difficoltà anche a raccontare la sinossi. Abbiamo trovato molto facile scrivere la storia, ma poi non sapevamo come collocarlo. Patagonia non segue determinati canoni che sono tipici del viaggio dell’eroe, dell’arco di evoluzione del personaggio.

Quindi mi piace il fatto che pensi che sia un road movie, anche perché almeno nei primi 10/15 minuti lo è, poi, però si tira il freno a mano del camper e si tratta più di prigionia. Alla fine è un road movie che non va da nessuna parte.

I personaggi del film di Simone Bozzelli

Impossibile non chiederti qualcosa dei personaggi e degli interpreti. I personaggi sono fuori da ogni stereotipo, sotto tutti i punti di vista e, forse proprio per questo, sono universali. Ma a renderli tali sono anche e soprattutto i due interpreti, bravi e credibili. Come hai lavorato con loro? Se Andrea Fuorto riesce a parlare con lo sguardo e a far percepire la fragilità del suo Yuri, Augusto Mario Russi, al suo esordio, riesce a disegnarsi addosso un personaggio tutt’altro che semplice, sempre in bilico tra fiducia e pazzia, un po’ alla dottor Jekyll e Mister Hyde.

Sulla costruzione dei personaggi e sull’universalità, per il tipo di cinema che piace a me, sono dell’idea che bisogna lavorare tanto su quella che chiamo goccia di rugiada, cioè su una piccola gocciolina, una storia piccola, piccoli personaggi che, come una goccia di rugiada, appunto, riflettono tutto l’immenso che c’è intorno. La mia volontà è sempre quella di raccontare storie intime e personali e mi fa piacere sapere che è una storia che ha toccato delle corde universali.

Foto di Claudia Sicuranza

Per quanto riguarda la scelta degli attori, in realtà, io volevo tutti e due attori non professionisti, ma poi ho conosciuto Andrea Fuorto, che interpreta Yuri, e che aveva fatto uno splendido provino. Poi abbiamo trovato, insieme al casting director, Augusto Mario Russi e dalla prima prova che hanno fatto insieme è scaturito qualcosa di magico che ho voluto conservare fino al set senza esagerare troppo con le prove perché volevo che questa sorpresa rimanesse viva.

Ed effettivamente è (stata) una sorpresa. In tal senso approfitto per tornare a una cosa che hai detto prima riguardo il fatto che si tratta di un road movie che non va da nessuna parte. Così come la storia, anche il rapporto tra i due protagonisti è continuamente ambiguo, non definito, a metà strada tra amicizia, attrazione, desiderio e dipendenza.

Sì, si parla tanto di identità sessuale e di identità di genere e mai abbastanza di identità relazionale. Ci sono spesso relazioni, non per forza sentimentali, che sono ibride. A me interessa analizzare tutto quello che è in una scala di grigi mi interessa.

Il fuoco nel film di Simone Bozzelli

Una cosa interessante che emerge dal tuo Patagonia è il fatto che si parli continuamente attraverso metafore di ogni tipo. Dalle sbarre al fuoco, ai dialoghi tra i due personaggi che non sono mai lineari e semplici. L’elemento che più di tutti racchiude ciò è il fuoco che viene citato anche in relazione al fulcro della storia, Patagonia terra del fuoco. Anche questo è un modo per descrivere, attraverso una metafora, quello che vediamo. Il fuoco, simbolo per eccellenza del film (anche i capelli di Agostino sono, non a caso, rossi), è quasi onnipresente in varie forme. Ne cito una che mi ha colpito: quando sembra che si siano rotti i rapporti tra i due, si vede Yuri che cammina, con dietro il fuoco, quasi come un supereroe che riesce finalmente a reagire dopo una serie di vessazioni.

Il loro incontro avviene attraverso un accendino; la prima cosa che fa Agostino quando Yuri lo aspetta dormiente è bruciare delle cose che non gli servono.

In questo senso va di pari passo con il film. Prima hai detto che non sai dove va a parare ed è perché non ci sono delle circolarità. Le zie, per esempio, in un qualsiasi altro film sarebbero potute tornare. Il fuoco è qualcosa di estremamente presente. Volevo che fosse un film che bruciasse il presente. Lo sentivo qualcosa di presente. Solo bruciando tutto si vedono meglio le cose, quello che rimane e quello che non rimane. Mi interessava anche il fatto che il personaggio di Agostino bruciasse qualsiasi legame sia con gli oggetti, sia con il camper, sia con gli altri: è uno che utilizza il fuoco perché spezza i legami.

Sempre a proposito del fuoco c’è un altro momento emblematico che lo pone al centro della scena. Mi riferisco alla lotta e all’abbraccio che sembra suggellare il rapporto tra i due, continuamente ambiguo, anche perché quel momento sembra iniziare quasi con un bacio. Ma soprattutto l’abbraccio è all’interno di un veicolo bruciato, come a voler dire che sono loro stessi quel fuoco di cui tanti parlano.

È interessante questa cosa che dici a proposito del fatto che il fuoco sono loro. A me in realtà interessava questa sorta di falsa vittoria spettatoriale, nel senso che comunque è un ricongiungimento, ma è un qualcosa che non lascia indifferenti perché in questa scelta, in questa consapevolezza del percorso che Yuri ha maturato poi torna all’interno di una gabbia.

Rimanendo sul rapporto tra i due si può dire che non c’è un vincitore o un vinto, un sopraffatto o un sopraffattore. Yuri è come un topo in gabbia, mentre Agostino riesce a controllarlo. Ma, alla fine dei conti, anche Yuri, in parte, riesce a sopraffare Agostino portandolo ad arrabbiarsi.

Sì, è vera questa cosa. Penso che il tipo di relazione in cui sono Yuri e Agostino non è altro che un piccolo incastro, e proprio per questo mi viene difficile parlare di servo e padrone, cattivo e buono. Sono d’accordo con te. Loro due sono un po’ gatto e topo. Hanno due posture psicologiche che li portano ad aver bisogno l’uno dell’altro, della reazione e della provocazione dell’altro, anche in maniera sadomasochistica.

I colori

Una domanda tecnica sui colori. Ho apprezzato molto la scelta che hai fatto sui colori. Colori che si accendono nel momento in cui loro sono insieme in mezzo alla gente come a voler mostrare una libertà assoluta e totale. E colori che sono più saturi quando i due sono insieme perché, in qualche modo, rappresentano il fuoco della Patagonia, ma sono anche prigionieri l’uno dell’altro.

Sicuramente il lavoro sui colori mi è caro e ci ho prestato attenzione sia durante le riprese, lavorando con il costumista, lo scenografo e il direttore della fotografia sia dopo perché ci sono accorgimenti che si fanno dopo. Abbiamo agito su una saturazione maggiore in alcuni momenti e una desaturazione in altri, in linea o in contrasto con quello che succedeva.

Simone Bozzelli oltre Patagonia

Patagonia è il tuo esordio al lungometraggio. Un esordio forte e potente che lascia qualcosa nello spettatore. Qual è il tuo cinema di riferimento, anche come spettatore?

Come spettatore devo tanto a Fassbinder. Per questo film, in particolare, poi devo tanto a La strada di Federico Fellini. Ma ci sono anche tanti contemporanei che mi piacciono. Secondo me lo stile di un regista non è altro che la sommatoria delle cose che ti piacciono fratto n e più sono tante queste cose che ti piacciono più il risultato è diverso dai punti di riferimento. E io ne ho davvero tanti.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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Patagonia

  • Anno: 2023
  • Durata: 112'
  • Distribuzione: Vision Distribution
  • Genere: Drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Simone Bozzelli
  • Data di uscita: 14-September-2023