Cannes

‘In the Rearview’ di Maciek Hamela, e l’evacuazione dall’Ucraina

Un documentario sui rifugiati ucraini verso la Polonia

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In the rearview di Maciek Hamela è un documentario presentato a Cannes, candidato agli EFA e vincitore al Shieffield Doc Fest, che documenta la guerra in corso in Ucraina.

Da una missione volontaria ad una testimonianza genuina: il documentario di Hamela è quel punto di vista che mancava dalle zone di guerra, per comprendere come qui l’utopia sia stata normalizzata. Il coinvolgimento dei volontari è spesso l’ultimo appiglio per chi ha perso la speranza.

In the rearview di Maciek Hamela, la trama

Maciek Hamela, regista e volontario polacco, guida il suo van sette posti tra il confine polacco e l’est dell’Ucraina. Ad ogni viaggio soccorre famiglie in fuga, madri e figli, anziani in cerca di ricongiungersi coi propri cari. A tre settimane dall’inizio dei viaggi, decide di registrare le storie degli individui che trasporta e di cui conosce la disperazione tramite lo specchietto retrovisore.

Il documentario è una sorta di road trip forzato. Sui sedili posteriori è un alternarsi di individui che si stringono l’uno all’altro, carichi di tutto quello che hanno potuto racimolare per un viaggio che non sanno quando finirà. Diretti oltre il confine, talvolta ospiti della stessa famiglia del regista Hamela, condividono tra loro e con il pubblico tutta la disperazione, l’incertezza e l’oblio degli Ucraini travolti dalla guerra.

Una storia di mobilitazione

In the rearview di Hamela potrebbe suonare come un prodotto auto-referenziale, che cerca di sottolineare il merito dell’impresa del regista stesso. Bensì non è questo il caso: Hamela è come lui stesso ha precisato, uno tra i tanti Polacchi che si sono mobilitati per questi rifugiati. Tant’è che la sua figura entra lateralmente nel racconto, che la maggior parte del tempo rimane claustrofobico dentro le sponde dell’auto, sussulto dopo sussulto. Il film è in assoluto subordinato all’operazione di salvataggio.

Non ci è proprio permesso di sapere nulla né di cosa abbia mosso l’autista, né purtroppo del “dopo” di questi personaggi, del loro futuro. Una volta scesi, anche dalla mdp si commiatano silenziosamente.

Questo parziale distacco e avvicendarsi rapido, è parte di una idea registica e narrativa di base molto forte. In the rearview di Maciek Hamela ha richiesto ben un anno di montaggio, e il lavoro di post-produzione si avverte su più punti. La colonna sonora, molto intrigante. La raccolta di testimonianze molto pragmatiche, non lacrimevoli, ma davvero potenti. La selezione attentissima delle sequenze esterne all’abitacolo. Quante inversioni a U, quanta rovina per le strade.

Una storia di sensibilizzazione

Fiero dei premi che il documentario sta collezionando, Maciek Hamela spera che questo suo film mantenga in vita l’interessa per questo terreno di guerra che sta purtroppo gradualmente sparendo dai titoli dei giornali. Eppure, ogni giorno la gente continua a scappare nella speranza poi, ad un certo punto, di poterci anche tornare in queste terre che si allontanano dal lunotto posteriore.

Essenziale l’ultima sequenza di In the rearview: se la fuga non è finita, non lo è neanche l’inesauribile disponibilità della gente. E quell’immagine serve per

Let you imagine what would it be like being in one of these seats.

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