Mentre si attende l’uscita in sala di Prendi il volo – distribuito da Universal Pictures il 7 dicembre – abbiamo incontrato Serena Rossi e Francesco Scianna rispettivamente doppiatori di Pam e Mack. Alla loro prima esperienza insieme, i due artisti hanno potuto contare su una genuina sintonia, sostenuta dal giusto mix di istinto e sensibilità.
La pellicola, diretta da Benjamin Renner e co-diretto da Guylo Homsy, racconta le vicende della famiglia Mallard, alle prese con una migrazione tanto imprevista quanto necessaria. Coinvolti nel progetto targato Illumination, la Rossi e Scianna hanno dato voce a una coppia di germani reali assolutamente irresistibili e dai valori importantissimi.
Prendi il volo | Serena Rossi e Francesco Scianna raccontano il loro coinvolgimento nel progetto
Come siete stati coinvolti nel progetto?
SERENA ROSSI: Io venivo da un anno non sabbatico, ma quasi. Avevo veramente rallentato il ritmo, perché mi ero resa conto di essere andata troppo veloce nell’ultimo tempo. Volevo ritrovarmi un po’, non ero molto pronta ad accettare nuovi lavori. E lì, quando dici il lavoro di un attore è un lavoro di squadra, mi ha chiamato la mia agente e mi ha detto della proposta, consigliandomi di prenderla in considerazione.
Ero presa da altre cose e non a fuoco, ho fatto il provino e ho visto due scene: ho pensato subito che potesse essere una cosa molto carina. Giorno dopo giorno ho scoperto tutta la storia e mi sono divertita, emozionata, felicemente stancata. Ho pensato che cc’erano un sacco di messaggi che venivano fuori e che mi faceva piacere arrivassero al pubblico e a mio figlio.
La mia agente aveva ragione!
FRANCESCO SCIANNA: Anche io venivo da un periodo intenso e da una pausa successiva fondamentale. In realtà, poter doppiare un cartone animato era sempre stato un mio sogno, quindi ho combattuto per vincerlo. Anche per regalare questa cosa a mia nipote, di 7 anni, che dopo A casa tutti bene non mi sopportava più, provava una certa resistenza a interagire con me. È stato un lavoro intenso e difficile, ma anche un’esperienza stupenda. Credo di aver imparato tanto.
Ho realizzato di aver preso parte a un progetto importante, perché è un film d’animazione che abbraccia tante generazioni.
I messaggi del nuovo film targato Illumination
Quali sono i messaggi che emergono e che è importante trasmettere?
SR: La forza di trovare il coraggio di uscire dalla propria comfort zone e l’idea di farlo insiemo. Un momento di crisi all’interno della famiglia è uno slancio per partire per un viaggio fuori e dentro se stessi, per scoprirsi ancora più uniti nelle difficoltà, nell’imprevisto, nelle cose gioiose. E anche la metafora delle specie!
FS: Il discorso dell’accogliere l’altro. Scopriamo questo papà rigido, chiuso, che improvvisamente è il più eccitato, e vuole aiutare un gruppo di creature nuove. È un messaggio molto bello, attuale, importante.
E poi, questa cosa l’ho percepita dopo la visione del film, come genere umano, oggi più che mai, dobbiamo imparare a trattare gli animali come pari. Le atrocità che commettiamo nei loro riguardi non sono meno di quelle che commettiamo verso gli umani. Solo che loro magari ce lo dicono in un altro modo. Mi ha messo in difficoltà, mi sono sentito chiamato in causa come essere umano. Sono degli esseri viventi che hanno una dignità e bisogna rivalutare tante cose.
C’è poi un discorso sui figli, sulla famiglia e sul futuro…
SR: Secondo me uno si sente libero di andare se sa che avrà sempre qualcuno pronto ad accoglierlo e ad ascoltarlo. Tutto parte dall’ascolto, è una cosa in cui credo moltissimo, nella mia esperienza di genitore. Se c’è un rapporto di fiducia nei ruoli, ti dà una maturità emotiva, anche se si è piccoli.
Ai figli bisogna dare radici e ali.
Siamo nella paura totale, in questo momento storico si anche paura, nonostante la spinta ad andare verso l’esterno.
FS: Confrontandomi con la generazione successiva alla mia, mi rendo conto che io a 20 anni mi ritrovavo con un mondo meno in crisi. I giovani stanno assorbendo troppe cose, molte delle quali vengono da una serie di malattie dell’umanità, che non è cresciuta, esercita il male e vive con un costante bisogno di potere.
Se non lavoriamo sulle nostre paure, non saremo mai un esempio sano.
Dobbiamo veramente fare un’autoanalisi oggi che è arrivata una deadline evidente. Quindi questo film d’animazione ci dà colori, ci fa riflettere sia sulle dinamiche familiari, che sulla possibilità di reale crescita umana, rispetto al fatto che la paura non ti consente di entrare completamente nella vita. Nel momento in cui superi le paure, non hai più bisogno di esercitare dei confini della tua esistenza, ecco che puoi accogliere l’altro e che diventa un atto d’amore.
Serena Rossi e Francesco Scianna svelano il loro legame con Prendi il volo e con l’animazione in generale
Qual è la scena a cui siete più legati?
SR: Quando si ribaltano i nostri ruoli, nella scena della gabbia. Lei vacilla e lui le dà coraggio. È un tendersi la mano e mostrare le fragilità del personaggio. E poi quando il papà e il figlio si guardano.
FS: Quel rapporto padre-figlio, quando il padre toglie al figlio un po’ di quel valore di cui ha tanto bisogno, non riuscivo a doppiarlo. Mi tocca tanto. Ho fatto tanta fatica a essere nell’atteggiamento di papà Mack, perché appena mi abbandonavo all’emotività, anche la mia voce non aderiva al momento. È una dinamica che tocca parti intime mie, questo conflitto padre- figlio. E anche quando ringrazio lei, so cosa significa.
Nel film c’è una battuta significativa: “Grazie per avermi aperto gli occhi”. Nella vostra vita o carriera, quale esperienza vi ha aperto gli occhi ed esteso gli orizzonti?
FS: Nell’intimo, per me le esperienze più illuminanti sono quelle d’amore.
Il femminile è il luogo d’amore che si crea è ciò che espande il mio essere, perché incontri l’altra parte della tua anima.
Quando incontri, nell’irrazionale, il femminile, c’è il completamento di te. Lo sguardo, l’accoglienza, che non dico sia solo femminile. Ma il femminile mi espande, mi consente di nutrire profondamente il mio essere. Nel lavoro, devo dire quasi tutte le esperienze sono state illuminanti.
Quali sono i vostri cartoni del cuore?
FS: Il Re Leone.
SR: Tutti i classici Disney con cui sono cresciuta. Mary Poppins è un film che mi tocca molto, ma anche Il Gobbo di Notre Dame che è tutto sull’accettare il diverso. Poi ci sono anche i film che guardo per divertimento e parlando di Illumination, mi verrebbe di dire i Minions.
L’esperienza del doppiaggio
Che rapporto avete con il doppiaggio?
SR: Una carriera è fatta di un sacco di momenti, che passano, ma lì hai la consapevolezza che qualcosa rimane e fa impressione. Poi ho ricevuto tante richieste di messaggi vocali di auguri, credo di averli fatti a tutta Italia. Ma è sempre bello vedere lo stupore negli occhi dei bambini. Quando voglio conquistare degli amichetti di mio figlio, mi gioco la carta “sono la voce di Anna di Frozen“.
FS: Dopo il primo provino pensavo fosse più semplice, sarei curioso di riascoltarlo adesso. Sarà che poi ho visto la mole da affrontare… Noi siamo corpo, anima e tant’altro; a seconda di come stai tu, il tuo strumento funziona in un modo diverso. Lì è stato difficile, perché vedevo che le esperienze da attore funzionavano solo fino a un certo punto. Vedevo le battute, ma non sapevo dove cercare, andavo a tentativi. Poi c’era un direttore fantastico, Alessandro Rossi, che, con tanta pazienza, veniva lì e mi aiutava.
*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.