fbpx
Connect with us

Netflix SerieTv

‘Blue Eye Samurai’ Sulla via della vendetta

Blue Eye Samurai, disponibile su Netflix dal 3 Novembre 2023, è l'opera ultima creata da Amber Noizumi e Michael Green

Pubblicato

il

Blue Eye Samurai, disponibile dal 3 Novembre, segna una svolta significativa per Netflix nel panorama delle produzioni animate. La sceneggiatura è opera di Amber Noizumi e Michael Green; quest’ultimo noto per le sue recenti realizzazioni in Assassinio sul Nilo (2022) e Assassinio a Venezia (2023), oppure, cambiando genere, possiamo tornare al 2017, quando ha contribuito alla sceneggiatura di Logan – The Wolverine e Blade Runner 2049.

La regia è affidata a un team composto da Earl A. Hibbert, Ryan O’Loughlin, Michael Green e Alan Taylor, mentre il reparto di animazione è curato da Blue Spirit. Le voci dei personaggi sono prevalentemente interpretate da artisti giapponesi, ad eccezione di Kenneth Branagh, noto per il suo ruolo chiave nel secondo capitolo della saga di Harry Potter, e Darren Barnet, presente in diverse produzioni, tra cui American Pie Presents: Girls’ Rules (2020).

Blue Eye Samurai, una vendetta che matura nell’ombra

In Blue Eye Samurai, Mizu (doppiata da Maya Erskine) è figlia di un atto di violenza sessuale commesso da uno dei quattro uomini bianchi noti per essere presenti in Giappone all’epoca in cui l’arcipelago chiudeva le frontiere della propria cultura al resto del mondo. La bambina, frutto dell’unione tra l’uomo bianco e la donna giapponese, nasce con gli occhi blu, e sperimenta un’infanzia segnata dalla persecuzione a causa delle sue sembianze non canoniche per il suo popolo. In età adulta, dopo anni di addestramento, Mizu decide di impugnare la spada contro coloro che hanno reso la sua vita un inferno. Si impegna in una caccia spietata ai quattro uomini, incluso suo padre, per porre fine alla sete di vendetta che l’ha tormentata fin dall’infanzia.

Animazione americana sfumata alla Tarantino

Blue Eye Samurai presenta le caratteristiche animate tipiche delle produzioni di spicco americane, realizzate dalla franco-canadese Blue Spirit. L’animazione è essenziale ma ben elaborata, con tratti soavi che tendono alla semplicità, ma con un tocco arguto verso i dettagli. La protagonista, Mizu, simile all’ultima Mulan del 2005, ma con tratti più maturi e stilizzati, è al centro di uno sfondo caratterizzato da paesaggi mozzafiato, creati con la maestria di un acquerello che unisce la digitalizzazione a una realizzazione puramente artigianale.

L’insieme è sublime, puro e privo di imperfezioni. Eppure l’opera è allo stesso tempo imperfetta, grazie alle fondamentali note dissonanti derivanti dai duelli che si susseguono nel corso delle vicende. Il sangue e i corpi mutilati rappresentano la macchia grafica dell’intera opera. La recisione degli arti e gli spruzzi di sangue provenienti dalle ferite dei personaggi, sporcano lo schermo, evitando fraintendimenti sullo stile complessivo dell’opera.

Sebbene Blue Eye Samurai si rifaccia nello stile di concepimento ai migliori lavori di Akira Kurosawa, l’immagine richiama alla mente la cultura di Quentin Tarantino nell’uso del sangue: a volte poco appropriato, spesso esagerato, ma pur sempre un’esecuzione artistica su una tela illibata.

Mizu – Blue Eye Samurai

Blue Eye Samurai, un mostro tra i mostri

Blue Eye Samurai, elegante epopea delle anime sofferenti, svela un racconto in cui le tenebre danzano con la luce, trasformando gli emarginati in eroi, poi antieroi, in un’alternanza incalzante. Mizu, figlia dagli occhi blu, frutto d’unione forzata nell’antico Giappone del XVII secolo, si staglia come un mostro agli occhi della società, “un cane che si nutre dei nostri scarti“, come afferma Taigen (Darren Barnet).

In quest’opera, dove l’essenza è la vendetta, intrecciata a un individualismo accentuato, la trama si svela con genialità, confermando ciò che il contesto esterno percepisce. Un odio perpetuo trasforma Mizu nel mostro di cui è stata sempre accusata! Deontologicamente affine alla figura dei samurai, la protagonista cresce con l’unico obiettivo di eliminare coloro che l’hanno plasmata con disprezzo. Ponendo la missione al primo posto, persino a discapito degli innocenti, la samurai, richiamando un passato di ingiurie e violenza, si chiude alle sofferenze altrui, esattamente come il paese ha fatto con i propri confini.

Evoluzione e involuzione

Blue Eye Samurai rivela una trasformazione ben elaborata dei personaggi, in particolare di Mizu. Seguendo la trama, l’evoluzione della protagonista si discosta da quella degli altri, manifestando un’involuzione dettata dall’avversione verso un’esistenza che ella ritiene ingiusta. Nulla è affidato al caso; spesso si assiste a una retorica esemplificativa dei momenti cruciali nella vita della protagonista, giustificando le sue resistenze verso l’umana comprensione.

È un errore, tuttavia, concepire Mizu come il classico eroe che riconosce i propri errori o si libera dalla mentalità retrograda. Al contrario, spesso si conforma agli usi e costumi in un egoismo mirato alla propria riappacificazione. Difatti, il ritratto dell’intero contesto offre diversi spunti di riflessione, incastrandosi in dinamiche complesse che ostacolano qualsiasi banalizzazione; i punti di vista cambiano rispetto alle sotto-trame, ma il tutto mantiene una coerenza con il periodo storico e l’ideologia dell’epoca, senza abbracciare l’obbligo di positività. Preferisce, piuttosto, una verità dolorosa e incisiva.

Ringo e altri elementi moderni

Ringo, più che un semplice allievo

Tra i personaggi avvolti nel racconto, Mizu non è sola nell’orientare le sue energie esclusivamente verso sé stessa. Taigen, in cerca dell’amata perduta, si unisce a Mizu per inseguire il suo unico obiettivo, così come Akemi (Brenda Song), desiderosa di una via di fuga, si aggrappa all’idea di ritrovare l’uomo amato. Questi sono solo alcuni degli innumerevoli esempi che compongono la complessa trama emotiva dell’opera, che in otto episodi sorprende per la crudezza delle immagini e il cinismo accentuato. I legami esistono, ma non spodestano il benessere personale. I personaggi si integrano nel periodo storico in cui sono collocati, ad eccezione di uno.

Ringo, il fedele allievo di Mizu, quasi come Olaf per Elsa o Flounder per Ariel, con la sua ingenuità e dolcezza rappresenta l’altra estremità del racconto. Completamente impreparato alle terribili esperienze, assume sempre più sostanza e forma con il progredire degli episodi, descrivendo un profilo completamente nuovo per l’intero scenario. Sorprendentemente maturo, soffre della propria disabilità, ma allo stesso tempo è indulgente verso il prossimo. Non è mosso dalla vendetta, ma assiste i suoi compagni. Il suo scopo è migliorarsi, consentendo agli altri di accettarlo per ciò che è. Una digressione intrigante quella di Ringo, che si innalza al di sopra degli altri personaggi, i cui profili identitari e l’affascinante tendenza western sono apprezzabili, ma ancorati a una concezione arcaica.

Blue Eye Samurai, con il personaggio di Ringo e lo sguardo aperto verso il diverso, introduce nella trama temi di emancipazione e inclusività. Sebbene affronti i problemi senza proporre soluzioni, l’opera dettaglia sensibilmente elementi attuali in una realtà destinata a vivere e morire nel passato. Cinematograficamente una scelta funzionale che compone un prodotto totalmente efficace e singolare.

Ringo – Blue Eye Samurai

Mizu, la Black Mamba d’oriente

Dirigendo lo sguardo verso l’aspetto tecnico, guidato da qualche suggestivo parallelo, emergono varie critiche positive che sostengono l’assoluta ispirazione al western in stile Sergio Leone. Tuttavia, dalla mia esperienza visiva, non ho potuto fare a meno di concentrarmi su dettagli e similitudini che richiamano a un altro genere.

L’uso della violenza contro le donne, giustificato dalla presunta supremazia maschile; una donna sola; la perdita di una persona cara, i continui flashback e un’etica che emerge e sprofonda immediatamente riportano alla mente il celebre personaggio di Kill Bill (2003 vol. 1 e 2004 vol. 2), Black Mamba, interpretato dalla straordinaria Uma Thurman. Il susseguirsi della sofferenza, l’eloquenza delle uccisioni, la febbrile ricerca dei quattro occidentali, insieme alle abbondanti fuoriuscite di sangue e agli inequivocabili colpi di spada, avvicinano Mizu al mondo cinematografico di Tarantino. Complici i duelli che non sempre vedono primeggiare la samurai, ma le conferiscono un’aura di supereroina pronta a rialzarsi tra dolori strazianti.

Blue Eye Samurai e la ridondanza del sesso

Blue Eye Samurai si eleva dalle altre produzioni animate di Netflix attraverso la continua esposizione di nudità e relazioni sessuali. Già di per sé, è un aspetto straordinario assistere a tali dinamiche in un contesto animato, anche se Netflix ha precedentemente abituato il suo pubblico a riferimenti espliciti, come nel caso di Prison School (2015) di Akira Hiramoto, pur mantenendosi quasi sul genere hentai. Nel caso di Blue Eye Samurai, ci troviamo di fronte a eccessi, feticismi e torture di vario genere, delineati con una rappresentazione realistica e tutt’altro che convenzionale. I rapporti intimi sono presentati con cura cinematografica, liberati da qualsiasi tono ironico. Questo elemento, spesso sottovalutato, si configura come un punto a favore, in quanto completa una trama già ben concepita, aggiungendo un tassello intimo e rispettoso del contesto, seppur esagerato in accordo con la narrazione, ma mai al di là della misura.

Blue Eye Samurai è una punto di svolta

Blue Eye Samurai si rivela, in conclusione, non solo una novità attentamente delineata, bensì un’eccellente produzione, un’attenzione senza pari e l’emblema di una svolta nell’ambito delle creazioni animate di alta qualità. La trama avvincente, i personaggi riccamente sviluppati, gli attimi di azione da cardiopalma, le tensioni palpabili, gli accenti sentimentali e una sottile incursione nella storia costituiscono il mix perfetto proposto da Noizumi e Green.

Nessuna critica può essere mossa ai due autori, che hanno esplorato una frontiera unica, fondendo un genere occidentale reinterpretato in chiave anime e stabilendo una linea distintiva rispetto ad altri prodotti di generi vari, spesso già categorizzati. Blue Eye Samurai è un’opera che esplora un territorio usuale, rappresentando un cambio di prospettiva attraverso la penna di autori versatili, in un contesto inedito ma pur sempre riconoscibile.

Difatti, pur essendo classificato come anime, suggerisce la necessità di una nuova accezione per definire le opere simili, considerando la loro singolare modalità di trattare tematiche e lo stile cartoonistico. Un plauso particolare alla complessità con cui sono stati animati i tratti distintivi di ogni personaggio, avviando una trasformazione altrettanto impegnativa. Dopo gli otto episodi della prima stagione, la serie lascia intravedere un seguito che si auspica giunga presto, senza compromettere il valore dell’intero lavoro, già ben eseguito.

Blue Eye Samurai – Trailer

Scrivere in una rivista di cinema. Il tuo momento é adesso!
Candidati per provare a entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi drivers

Blue Eye Samurai

  • Anno: 2023
  • Distribuzione: Netflix
  • Genere: Animazione, avventura e azione
  • Nazionalita: USA
  • Regia: Earl A. Hibbert, Ryan O'Loughlin, Michael Green, Alan Taylor
  • Data di uscita: 03-November-2023