Ancora un irrefrenabile loop temporale per il regista giapponese Junta Yamaguchi; dopo l’irresistibile Beyond the Infinite Two Minutes, vincitore del Pipistrello d’Oro alla 41esima edizione del Fantafestival, Yamaguchi torna con il trascinante River, che segue le stesse regole temporali ma racconta una storia completamente diversa. Un luogo circoscritto (il bar di Kato in Beyond the Infinite Two Minutes, il Japanese Fujiya Inn di Kibune in River), il tempo che si riavvolge ogni due minuti: questa la formula vincente di Yamaguchi per esprimere le sue storie stravaganti e fantastiche, tra il fantascientifico viaggio nel tempo e la commedia pura.
River: la trama del film al Trieste Science+Fiction
Al Japanese Fujiya Inn il personale e gli ospiti si trovano improvvisamente in un loop temporale in cui tutto ritorna a come era due minuti prima, fatto salvi i ricordi: mentre il tempo si riavvolge e tutti tornano dov’erano, i loro ricordi restano intatti, come se la vita continuasse ma i protagonisti fossero costretti a ripartire sempre dallo stesso punto, bloccati in azioni fisse da ripetere all’infinito. Presa ben presto coscienza di ciò che sta accadendo, dopo un iniziale momento di panico, si uniranno per trovare il modo di uscire dal loop, rivelando allo stesso tempo loro stessi e le proprie storie personali irrisolte.
I protagonisti, una variegata galleria di personaggi
Come già in Beyond the Infinite Two Minutes, Yamaguchi mette insieme un team irresistibile di personaggi; fulcro della storia, Mikoto (Riko Fujitani), la cameriera sulla riva del fiume che scorre attraverso tutta la piccola cittadina e passa proprio sotto l’albergo, innamorata del giovane cuoco Takusa, che sta per partire per la Francia per studiare la cucina francese. Attorno a lei tutto lo staff, dalla gentile proprietaria alla collega cameriera, fino ai due cuochi, uno decisamente stupido e l’altro geniale nerd, che troverà, a poco a poco, la soluzione all’enigma.
E poi gli ospiti: due vecchi amici ritrovatisi dopo anni, che continuano a mangiare riso e non riescono ad avere del sakè caldo, uno scrittore in crisi e il suo agente, curiosamente costretto a ritrovarsi continuamente nella vasca da bagno. Fuori dall’hotel fanno sporadiche apparizioni una strana turista e un cacciatore sconvolto, anch’essi vittime di questo anomalo e reale deja vu. Tutti i personaggi cercheranno il modo di uscire dal loop temporale, ma al contempo lo adopereranno per svelarsi e risolvere i loro sospesi.
Il fascino irresistibile dei viaggi nel tempo
Il tema del viaggio nel tempo è ricorrente nel mondo SciFi: dalla trilogia cult degli anni Ottanta Ritorno al Futuro alla longeva serie televisiva Doctor Who e al suo spin off Torchwood, spostarsi nel tempo a proprio piacimento è il sogno nascosto di ogni essere umano, desideroso di rivivere – e a volte modificare – il proprio passato alla luce dell’esperienza maturata negli anni. Yamaguchi restringe tutto a soli due minuti. Con uno stratagemma che, senza fare spoiler, riprende molto dal citato Doctor Who, ci mostra come bastano una manciata di secondi per riprendere in mano la propria vita e darle la direzione voluta, purché si trovi il coraggio di parlare e chiarirsi. Soprattutto quando quei due minuti durano ore, ripetendosi all’infinito, creando il substrato necessario ad approfondire intimità e intesa tra vecchi amici, collaboratori, ex innamorati e permettendo al futuro di prendere direzioni diverse da quelle fissate in precedenza.