Dall’11 novembre torna il Festival del Cinema Europeo diretto da Alberto La Monica, che porta a Lecce temi contemporanei raccontati dallo sguardo di registi europei. Il festival si colora di incontri, retrospettive, omaggi, anteprime e il concorso Ulivo d’Oro – Premio Cristina Soldano. Polanski riceve il Premio alla carriera, L’Ulivo d’oro, dal Festival.
La retrospettiva
Ogni anno il Festival dedica una retrospettiva ad alcune figure centrali del cinema europeo, a cominciare da Roman Polanski. A lui è dedicato un tributo a cura di Massimo Causo, che ripercorre la carriera dell’autore, partendo da film come “Rosemary Baby” e “L’inquilino del terzo piano”, fino alle opere più recenti come “L’ufficiale e la spia” (“J’accuse”).
L’Ulivo d’oro a Polanski
Inoltre, al regista polacco viene assegnato il Premio alla carriera, dopo aver segnato la storia del cinema portando sullo schermo ossessioni e inquietudini del genere umano, che hanno spesso caratterizzato anche la sua figura, tanto discussa ma ancora oggi considerata pilastro della cinematografia.
Il regista non verrà a Lecce, ma con un messaggio ha ringraziato per il Premio assegnatogli:
“Un sentito ringraziamento al Festival del Cinema Europeo per il mio premio. Sono orgoglioso di essere considerato uno dei protagonisti del cinema europeo. L’Ulivo d’Oro è un oggetto piccolo e delizioso, ma un simbolo grande e significativo.”
Roman Polanski
Figlio di Ryszard Liebling, polacco di discendenza ebraica e Bula Katz, cattolica di origini russe, nasce nell’agosto 1933, nella città di Parigi.
Polanski fin da piccolo vive l’antisemitismo che cominciava a dilagare e che costringe lui e la sua famiglia ad emigrare dalla Francia per andare in Polonia. Vengono rinchiusi nel ghetto di Varsavia e la madre di Roman viene deportata e uccisa ad Auschwitz.
Aiutato dal padre, il piccolo Roman di appena sette anni riesce a scappare, rifugiandosi presso famiglie cattoliche. Roman sviluppa una certa vena artistica, orientata verso il mondo del cinema. Dopo essersi ricongiunto con il padre, nel 1953, ottiene una parte nel primo film che lo vede in veste di attore: Trzy opowiesci.
Carriera in ascesa
Verso i trent’anni Roman dirige il primo lungometraggio: Il Coltello Nell’Acqua che si guadagna la nomination all’Oscar come Miglior Film Straniero.
Nel 1963 si trasferisce in Inghilterra e realizza due delle sue opere più originali: l’angosciante Repulsion nonché il surreale Cul de Sac.
È il 1967 quando Polanski, divenuto a questo punto un regista di fama internazionale, si invaghisce dell’incantevole modella in ascesa Sharon Tate, che diventerà la sua seconda moglie.
Rosemary’s Baby
La vita coniugale con la dolce venticinquenne non è rosa e fiori, anche sul set Roman era solito trattarla in malo modo. In quel periodo tuttavia, Polanski partorisce negli Stati Uniti la sua opera più grandiosa: Rosemary’s Baby. Reputato il miglior film horror di tutti i tempi, è avvolto da un velo di inquietudine. La gravidanza tanto tormentata della protagonista del film sembra maledire quella della povera Sharon. Una sera, festeggiando con alcuni amici, viene brutalmente uccisa, insieme al bambino che porta in grembo, dai membri della “Famiglia Manson”.
Il regista apprende la sconvolgente notizia nel Regno Unito: ci vorranno anni prima che l’uomo si possa riprendere dal terrificante accaduto.
Rosemary’s Baby
Ultimi successi, lontano dagli Stati Uniti
Nel 1974 trova nuovamente l’ispirazione e dirige Jack Nicholson e Faye Dunaway nel meraviglioso noir “Chinatown” che gli vale ben undici candidature agli Academy Awards.
Nel1978 confessa di aver abusato di una modella tredicenne sotto gli effetti di droghe e riceve una condanna da parte di un tribunale americano. Polanski fugge in Francia e da allora non ha mai più messo piede negli Stati Uniti. Ciononostante il divo continua a dar vita ad opere di gran classe.
Dopo il pluripremiato L’ufficiale e la spia del 2019, quest’anno Polanski esce in sala con il suo nuovo The Palace