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Conversation

‘Brado’ conversazione con Kim Rossi Stuart

Presentato all'Italian Berlin Film Festival, di Brado abbiamo parlato con Kim Rossi Stuart mettendolo in relazione con le sue altre regie

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kim rossi stuart brado

Terza prova d’autore di Kim Rossi Stuart, la presentazione di Brado all’Italian Berlin Film Festival in corso a Berlino dal 7 al 12 novembre è stata l’occasione per ritornarne a parlare. Lo abbiamo fatto con il regista di Anche libero va bene e Tommaso.

Brado è prodotto da Palomar e distribuito da Vision Distribution.

Brado di Kim Rossi Stuart

Nella sequenza che introduce il personaggio di Tommaso lo vediamo sospeso nel vuoto mentre lavora a un edificio in costruzione. Oltre a raccontare un fatto materiale l’immagine assume una forte valenza simbolica, rimandando non solo a una solitudine che rende difficile il rapporto con gli altri, ma anche alla contrapposizione con il proprio padre che invece è un personaggio legato alla terra. 

Le letture simboliche sono tutte benvenute. Io stesso penso che Brado ne faccia buon uso e questa di cui parli la condivido, facendo parte del mio percorso di consapevolezza razionale sulla sceneggiatura e sui personaggi. È chiaro che un ragazzo sospeso nel vuoto ha una forte valenza simbolica che poi si ricollega alle mie precedenti regie, in special modo a Anche libero va bene dove Tommaso è un undicenne che combatte contro il vuoto. Anche lì c’è la metafora di una battaglia da giocare con sé stesso e con le voragini legate al suo vissuto di figlio.

Tra padre e figlio

Perché poi Brado anche nelle scelte della bellissima fotografia di Matteo Cocco è continuamente attraversato da una dialettica tra cielo e terra che rimanda a quella tra padre e figlio.

Pensa che quello era uno dei titoli possibili. Sono stato abbastanza in dubbio tra due di essi e tra questi c’era anche Tra cielo e terra.

Parliamo della stessa dialettica presente ne I giorni del cielo di Terrence Malick, in cui il paesaggio è sospeso tra alto e basso e dove i personaggi sono allo stesso tempo angeli e demoni.

Il film di Malick non era tra i miei riferimenti, però come hai giustamente detto, nella mia storia c’è un padre evidentemente legato al terreno, direi al terrigno, e un figlio con una forte propensione a guardare le cose in un’ottica più spirituale.

In questo senso il ranch da cui Brado prende il titolo rappresenta la sintesi tra due opposti: il possibile punto di d’incontro tra un padre e un figlio.

Sì, il ranch ha la funzione di metterli di nuovo in comunicazione e di legarli gioco forza. La riluttanza di Tommaso nei confronti di quel luogo è quella di un figlio che in qualche modo deve superare i propri limiti di uomo che, in quanto tali, sono legati a tutta una serie di retaggi. Parliamo di percorsi complessi che hanno a che fare con l’odio, la rabbia, il rancore: insomma con l’inevitabile fardello esistenziale che un padre, semplicemente per fatto di essere il tuo genitore, ti mette addosso. Tommaso deve superarli per poter trovare la propria identità.

Con Brado la resa dei conti di Kim Rossi Stuart

Come regista hai il coraggio e la forza di cambiare ogni volta la forma dei tuoi film. Con Brado ti metti alla prova confrontandoti a modo tuo con il più classico dei generi, il western. Mi viene quasi da dire che Brado per Kim Rossi Stuart è stato una sorta di resa dei conti.

In questo senso ogni film mi piacerebbe fosse una resa dei conti. Il mio vissuto di regista per adesso parla di esperienze impegnative, dure, faticose, complesse, di quelle che ogni volta alzano l’asticella delle difficoltà. È stato sempre così, ma non so se lo sarà anche in futuro. Magari farò anche esperienza di gestazioni meno sofferte e faticose. In un certo senso me lo auguro, ma non se questo significa poi fare un film che non punti a spostare almeno di un millimetro lo spettatore da dove si trova dopo averlo visto. Di recente ho sentito una frase, – non mi ricordo a proposito di quale film -, in cui l’interpellato diceva che dopo averlo visto la sua vita era cambiata. Senza essere megalomani o presuntuosi, però anche di pochissimo, io spero sempre di fare film che provochino un cambiamento: che siano un’esperienza e non solo intrattenimento. Per farlo ci devi mettere qualcosa in più. Il mestiere da solo non basta.

Come ogni film d’autore anche Brado contiene inevitabilmente qualcosa di te, dunque la resa dei conti avviene anche sul piano personale. In questo senso il cinema con la sua catarsi rappresenta anche un momento di liberazione.

Non so come può essere il lavoro di un regista che affronta tematiche partendo dall’esterno piuttosto che dalla propria interiorità. Per adesso tutto è iniziato da ciò che avevo dentro: attorno a quello ho costruito delle cornici, dei percorsi, più o meno fantastici legati al mio bagaglio diretto. Però mi piacerebbe molto seguire un percorso diverso perché mi diverte l’idea di fare mio qualcosa di esterno che però diventi sempre lo specchio di una catarsi personale.

kim rossi stuart brado

Non solo Brado

Negli altri film mi sembrava che il dolore dei personaggi rimanesse in qualche maniera imploso, vissuto soprattutto all’interno. In Brado succede il contrario perché la disperazione è esternata senza alcun limite. 

Sì, succede sia a Renato che a Tommaso. In effetti anche Anche libero va bene era caratterizzato da un’implosione e forse la stessa cosa capitava anche al protagonista di Tommaso. In Brado troviamo un percorso un po’ più specifico, quello di un ragazzo che, al di là del sentimento di odio, che deve attraversare per riavvicinarsi al padre, è comunque una persona interessata a guardarsi dentro e ad ascoltarsi.

Se Anche libero va bene era ambientato in un interno famigliare, e se Tommaso rimandava a una rappresentazione dell’inconscio del personaggio, sembra quasi che Brado sia girato tutto in esterni per corrispondere alla necessità dei protagonisti di tirare fuori tutto quello che hanno dentro.

Se con ciò mi stai dicendo che questo film arriva in un momento in cui anche io sono disposto a venire un po’ fuori allora hai perfettamente ragione. È così. Tommaso più che un film sull’anima del personaggio lo è sulla mente e sui meandri della psiche. Anche dal punto di vista estetico è stato tutto costruito per rispecchiare la condizione di chi è recluso nella propria mente. Se ci fai caso ho usato pochissimi totali: Tommaso è un film girato per lo più con piani americani e primi piani che dovevano raccontare la difficoltà di comunicazione di Tommaso.

Mentre in Brado il paesaggio western, di cui apprezziamo così bene la vastità dell’orizzonte, sembra quello più adatto per accogliere l’esplosione di sentimenti che attraversano il rapporto tra padre e figlio. Ci voleva qualcosa di più grande e di ancestrale rispetto all’ambientazione di Tommaso.

Sì, mi sembra una considerazione assolutamente coerente. In effetti più mi fai riflettere su questo e più penso che anche come regista in Brado lo sguardo non è rivolto tutto in sé stesso, ma in buona parte lo è verso il mondo esterno.

Con Brado Kim Rossi Stuart lontano dall’immaginario comune

Mi sembra che come autore tu prosegua quello che hai fatto come attore, allontanandoti dall’immaginario comune per abbracciare personaggi ruvidi e scostanti. Il coraggio delle tue regie è comprensivo anche nel modo in cui ti proponi come interprete di tipi umani che si fanno portatori della complessità dell’esperienza umana.

Nei miei interessi cinematografici c’è la voglia di raccontare cose che abbiano delle stratificazioni. Questo sicuramente nel mio lavoro d’attore ha avuto una forte influenza. Ciò non toglie che posso amare anche personaggi più mono dimensionali come possono esserlo Forrest Gump o il Chauncey Gardiner di Oltre il giardino. Però, se non il protagonista, almeno il modo di raccontare, e dunque la sceneggiatura, devono supplire a tale leggerezza con una narrazione organizzata su più livelli.

A proposito di Renato, mi sembra che la sua umanità traspaia proprio dall’asperità del suo carattere. Certe esternazioni ci dicono del suo senso di inadeguatezza sia come uomo sia come padre. 

Certo, senz’altro. Lui è un tipo abbastanza collerico. La collera e la rabbia da lui provate ci dicono del suo senso di inadeguatezza, dell’insicurezza e della paura. Quindi senz’altro. D’altronde mi sembra un personaggio messo abbastanza a nudo. Le sue fragilità sono assolutamente esposte al pubblico.

Una rivincita

Il suo rapporto con la vita è quello che ha con il suo cavallo. Il tentativo di domarlo rispecchia la relazione con un’esistenza che Renato cerca di controllare al fine di prendersi una rivincita sugli smacchi subiti.

Pensavo proprio in questi giorni a una battuta del film, quella in cui Tommaso dice al padre che non può decidere della vita e della morte. Per me sintetizza uno dei temi principali di Brado, cioè quello di abbandonarsi alla vita, con quest’ultima in grado di guidarci in una maniera decisamente più saggia ed efficace di noi stessi. Tutto il loro percorso con il cavallo ne è metafora molto chiara. Il figlio decide di lasciarsi guidare dal cavallo in contrapposizione all’idea coercitiva del padre. Renato non è una persona cattiva, ma, come nella tradizione del western, quando un cavallo è azzoppato, anziché farlo soffrire, lo abbatte. Poi, come dici, effettivamente c’è in lui il tentativo di prendersi una rivincita su una vita che lui trova troppo ingiusta.

In effetti in un passaggio, dopo aver domato il cavallo Tommaso dice al padre che il segreto per riuscirci non è quello di contrapporsi all’animale ma di farsi guidare da lui. Con ciò alludendo anche al rapporto di Renato con la vita. 

Penso che questo sia un nodo fondamentale dell’esistenza attraverso cui passano tutti gli esseri umani. Parlo del combattimento che mettiamo in atto in ogni momento della nostra vita e che riguarda l’idea di accettare ciò che arriva: di capirlo e trasformarlo vedendo dove ti porta, oppure di combatterlo per poterlo piegare.

kim rossi stuart brado

La spiritualità

In Brado ho trovato una profonda spiritualità cristiana nel momento in cui la passione finale di Renato è inquadrata in chiave salvifica. La sua sofferenza infatti è quella che gli consente di mondarsi dalle proprie colpe.

Sì, questo è uno degli elementi presenti nel finale del film. Il figlio fa probabilmente ciò che gli suggerisce la sua parte più autentica, accettando la sofferenza propostagli dalla vita. In quel momento di passione, come tu la definisci, c’è un incontro di sguardi che secondo me sigilla il recupero dell’amore tra padre e figlio. Per me è chiaro che quegli ultimi momenti valgono una vita intera. Se lui avesse dato retta all’istanza superomista sarebbe scappato via da quella sofferenza e quel momento non ci sarebbe stato. Peraltro, parlandone così c’è il rischio di ideologizzare questa scena e l’intero film, però non è così. Queste sono letture fatte a posteriori. Il tuo modo di intervistarmi mi spinge ad approfondire i significati di quello che ho fatto, però ci tengo a precisare che non volevo fare una lettura ideologica della storia. La mia è un’esternazione emotiva e personale, legata al mio vissuto.

Riferimenti di Kim Rossi Stuart in Brado

Parlando di riferimenti cinematografici, ne ho trovato più di uno relativo al cinema di Clint Eastwood. Anche lui ha più volte raccontato figure di perdenti alle prese con un’ultima possibilità di riscatto. Una presenza che ho trovato anche nel rapporto tra le figure e il paesaggio. A un certo punto un personaggio del film ti definisce una sorta di Clint Eastwood dei poveri.

Sinceramente non ho inseguito alcun riferimento estetico o psicologico riconducibile a Clint Eastwood. Mi sono ritrovato dentro a certe cose in maniera inconsapevole. Tant’è che poi è venuta fuori quella battuta perché guardandomi vestito in quel modo mi è venuta voglia di prendermi in giro. Altra cosa è invece la struttura del film, per la quale mi sono rifatto a Million Dollar Baby. Quel film è stato un riferimento che mi ha dato coraggio e forza nel pensare che quel modo di tradire il cinema di genere si potesse fare. Mi riferisco a quando, appunto, a tre quarti della storia, il film di Eastwood abbandona la retorica del vincente per approfondire tematiche più complesse. Devo ammettere che questo modo di ragionare mi è capitato un po’ con tutti e tre i film. Se i 400 colpi è stata la garanzia di poter girare Anche libero va bene nel modo in cui l’avevo pensato, così è successo anche per Tommaso, il mio film più coraggioso, in cui a supportarmi sono stati Woody Allen e Nanni Moretti. Con i loro film mi hanno confermato che il genere autoreferenziale esiste e che si può portare avanti in un certo modo. Se invece parliamo di riferimenti estetici, assieme a Matteo Cocco abbiamo guardato ai film di Elia Kazan, in particolare a La valle dell’Eden, cercando di utilizzarli come una lontana risonanza. Con Matteo abbiamo cercato di riportarne in vita i riferimenti.

Parliamo del cinema che ti piace.

Dipende dai momenti. Adesso, per esempio, sto riguardando e approfondendo il cinema di Krzysztof Kieślowski che avevo visto da ragazzo. Purtroppo non posso essere un cinefilo. Non ne ho il tempo. Dopo i trent’anni sono sempre stato occupato a fare altro. Se ti devo dire dei nomi faccio quelli di Cassavetes, Pasolini, Truffaut e De Sica.

Brado

  • Anno: 2022
  • Durata: 117'
  • Distribuzione: Vision Distribution
  • Genere: drammatico
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Kim Rossi Stuart
  • Data di uscita: 20-October-2022

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