Italian Film Festival Berlin
‘Ambasciatori’: crudo realismo e voyeurismo ai limiti del tollerabile
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1 anno agoon
Ambasciatori è un cortometraggio del 2021 diretto da Francesco Romano, ideato e scritto assieme a Edoardo Puma.
Prodotto dalla CSC Production, è stato distribuito oggi all’edizione 2023 dell’Italian Film Festival di Berlino dalla Premiere Film. Il lavoro di Romano è stato inoltre l’unico cortometraggio italiano in competizione al Clermont Ferrand International Short Film Festival.
Il cast comprende Marcello Fonte, Valentino Orfeo, Endrit Ahmetaj, Pietro Bartolomeo Farina, Marco Coli, Mario D’Amico, Pino Cormani, Claudio Olivieri, Anita Markiewicz e Klent Jon Kapllari.
Ambasciatori: la sinossi
All’Ambasciatori, ultimo cinema pornografico rimasto a Roma, il cono di luce emesso dal proiettore diventa il Sole delle giornate di una fauna maschile reietta e pietosa, assorta tra misera prostituzione e parafilie morbose.
Ambasciatori… che portate pena
Il termine ambasciatore designa “un dignitario incaricato di una missione particolare in un paese straniero o presso un sovrano o un personaggio importante.” Non tutti sanno, però, che l’etimologia di questa famosissima parola arriva dal provenzale “ambaisar”, che significa servire.
Una simile premessa ci è di grande aiuto per ambientare le nostre retine al buio di una sala cinematografica sudicia e sgradevole, ricolma di vecchi allupati e di giovani costretti per pochi spicci a prostituirsi e a favorire le perversità più ripugnanti. Gli ambasciatori sono proprio questi ultimi, italiani e stranieri, che subiscono un meccanismo morale meschino, per cui tutte le promesse fatte vengono puntualmente infrante. Furio, il vecchio con la bomboletta dell’ossigeno, è l’apoteosi di questo servilismo a tratti inspiegabile: riesce a farsi fare un servizietto da un ragazzo albanese, promettendogli in cambio settanta euro; finito il trattamento, si scopre che i soldi che aveva a disposizione non sono neanche la metà di quelli dichiarati. Eppure l’altro non si ribella (e basterebbe poco), ma si limita soltanto a una timida minaccia.
Una situazione paradossale
È una situazione paradossale: giovani fin troppo coraggiosi, capaci di reinventarsi, non sono assolutamente in grado di ribellarsi a quel sistema perverso, nonostante siano ben consapevoli del proprio degrado esistenziale. Che cosa li spinge ad asservirsi con tale crudeltà? Forse hanno solo bisogno di credere a qualcuno o a qualcosa; forse serve loro soltanto una guida. Ci sono alcuni riferimenti non troppo espliciti ad una familiarità che, sotto mentite spoglie, rivela tutta la sua fragilità: dall’appellativo “zio”, con cui i prostituti si rivolgono ai loro canuti clienti, alle fedi nuziali su alcune di quelle mani viscide. Questo è dunque il trattamento riservato a un’istituzione millenaria, che tutt’oggi molti governi vorrebbero alla base delle società che gestiscono.
Non va poi trascurata la figura di Ruggero, il proiezionista interpretato da Marcello Fonte, un uomo di mezza età che si lamenta del fatto che debba guardare ripetutamente i film pornografici in sala. Eppure, nonostante sia libero di gestire come vuole le macchine, non fa niente per cambiare le cose, preferendo piuttosto giocare a ping pong da solo. Insomma, come scrisse a suo tempo Pitigrilli: “Si nasce incendiari e si finisce pompieri.” Ma è ancora così?
Con Ambasciatori siamo costretti al voyeurismo
Il rumore stonato e ripetitivo della pallina usata da Ruggero ci introduce fin da subito nel mondo del corto, prima ancora che possiamo vedere le immagini: è importante considerare il buio iniziale come una metafora dello spazio in cui ci stiamo avventurando: un luogo dove l’acume critico è stato annichilito dalle macchine e dalla monotonia più stantia. In quella sala cinematografica, vera e propria sineddoche del mondo stesso, non esistono alcuna regola od organo di sorveglianza: pubblico e staff si mischiano promiscuamente, mentre le immagini scorrono indifferenti.
Romano lavora su una combo perfetta di handycam e pedinamento dei personaggi: nasce così un mondo immersivo, dove noi spettatori siamo costretti al voyeurismo. Non vorremmo affatto partecipare a certi rituali, eppure non possiamo fare altrimenti. La sala cinematografica diventa allora una mise en abyme speculare e morbosa della nostra condizione, e a segnalarcelo è il finale, dove con lo spegnersi delle luci in sala si torna al buio iniziale.
L’eccessiva stimolazione visiva, garantita dal flusso inesauribile di immagini a cui quotidianamente siamo sottoposti, ci ha riportato a un’istintualità atavica, bestiale: dimostriamo così tutta la nostra incapacità ad agire razionalmente e a relazionarci costruttivamente con gli altri. Sopravvive solo una frivolezza psicotica, atta a una soddisfazione minima e breve delle nostre pulsioni. È giusto dire, citando Baudrillard, che abbiamo proiettato il nostro piacere asettico e incontrollato per le immagini sulla realtà, confondendo totalmente i referenti. Diviene logico allora vedere e accettare passivamente quelle dinamiche volgari e perverse.
La falla nel sistema
Bisogna tuttavia notare con estrema attenzione due personaggi: uno degli spettatori decide di intrattenersi cordialmente, e a debita distanza, con una delle signore addette alla pulizia del locale. Li vediamo, nelle ultime inquadrature dedicate a loro, condividere qualche timido sorriso accanto a una macchinetta del caffè. Questo è l’unico momento in cui noi spettatori torniamo ad essere intimi e discreti, oltreché compassionevoli. Si tratta di un ricollocamento spaziale, che riconfigura la prossemica degli individui stabilendo un limite sincero, auspicabile.
Come suggerì a suo tempo il filosofo Remo Bodei, la nostra epoca storica, così come tutte le altre, deve indurci a riflettere su quali sono i limiti da porci e quali quelli che possono essere positivamente infranti. Qui, secondo quanto visto, sembra che vi sia assolutamente bisogno di un confine morale che possa arginare questa pericolosa esondazione delle passioni. È ancora possibile un amore cortese, che riparta dal basso e giunga lentamente alle vette più alte della morale umana?