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Interviews

Andrea Di Luigi si racconta, da ‘Nuovo Olimpo’ a Batman

Dalla Scuola di Cinema IFA al set di Nuovo Olimpo, Andrea di Luigi, classe 1995, si racconta a Taxidrivers. Ricordi, curiosità e nuovi progetti, sono al centro della nostra interessante chiacchierata.

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Co-protagonista del nuovo film di Ferzan Ozpetek, Nuovo Olimpo, su Netflix dal 1° novembre, Andrea Di Luigi ha la capacità di mettere subito a loro agio le persone. Spigliato, genuino, alla mano, risponde di getto alle domande, ma conosce bene il peso delle parole e del loro significato. Durante la chiacchierata, racconta da dove arriva la sua passione per la recitazione – ha iniziato con la Scuola di Cinema IFA – e l’emozione di vedersi sul grande schermo, durante una delle serate più importanti della 18esima Festa del Cinema di Roma.

Nato a Roma il 17 ottobre 1995, Andrea possiede un’intelligenza particolare, accompagnata da un mix di sensibilità, simpatia e savoir faire, con cui ha conquistato prima Ferzan Ozpetek e poi il numeroso pubblico che si è innamorato del suo Pietro. Ma attenzione, dietro lo sguardo profondo e il sorriso sincero, potrebbe anche celarsi il candidato perfetto per un nuovo Batman (il suo supereroe preferito)…

Andrea Di Luigi racconta del suo lavoro in Nuovo Olimpo

Quanto c’è di tuo dentro Pietro e quanto lui ha lasciato ad Andrea?

Di me in Pietro c’è molto nel suo modo di vedere il mondo, io sono un po’ introspettivo, pensieroso.

Spesso le lotte che ho me le porto dentro, senza troppo condividerle con le persone che stanno fuori.

Sto cercando un po’ di cambiarla questa cosa qui, perché tendo a implodere. Quella caratteristica sembrava giusta per Pietro, era calzante anche per il contesto in cui stavo lavorando, così importante dal punto di vista produttivo. Credo che Ferzan l’abbia vista e apprezzata già in fase di provino, diceva “guardate sto ragazzo, non si capisce quello che pensa, è perfetto per fare Pietro, è proprio lui”.

C’è anche il suo coraggio di seguire gli impulsi, che è una cosa che ho fatto anche io, magari per la recitazione. Sono sempre stato così, sempre timido, poi per queste cose mi sono fatto avanti e lui si fa avanti per scoprire delle cose che crede gli possano piacere, lo possano incuriosire. Ha anche una grande forza dentro.

Quello che mi ha lasciato e che mi porto ancora dentro è stato un lavoro, un percorso per interpretarlo che mi ha portato ad avere un respiro lento, ad essere il più delicato possibile, vero, senza cercare vdi mettere dentr alcun tipo di manierismo, di cliché. Il risultato potrebbe essere anche qualcosa che non si vede sullo schermo, è un personaggio di pietra, che non trasmette nulla, il rischio è quello. Però allo stesso tempo ho avuto tanta cura e sto cercando di continuare a lavorare con quella cura, anche se devo fare personaggi diversi.

Dalla musica alla recitazione per esprimere se stessi

Come è nata la passione per la recitazione? 

Mi volevo esprimere in qualche modo attraverso l’arte, a 11-12 anni ho iniziato a suonare la batteria, che è diventata una passione grandissima e ho ancora adesso. Inizialmente ho suonato in alcuni gruppi e avevo come obiettivo fare il batterista, ma era difficile. La mia famiglia mi consigliava di fare nel frattempo altre cose, mio padre spingeva perché facessi l’università di economia, perché lui è commercialista. Mi sono detto “perché no”, magari nel corso di questi tre anni ho l’occasione di sfondare.

Avevo una grande speranza per tirarmi fuori da questo destino grigio, poi un amico di mio padre mi ha suggerito qualche lezione in una scuola di recitazione, per curiosità le ho fatte.

Dopo due lezioni, mi sono reso conto di aver trovato “la cosa”.

E ho lasciato tutto, per dedicarmi al 100% alla recitazione. Dopo tre anni di scuola a Pescara, mi sono trasferito a Roma.

Hai detto che tendi a implodere, la recitazione ti ha aiutato in questo senso, a incanalare le emozioni?

Lo sto facendo adesso in realtà, da quando è finito il film mi sono dato come target quello di usare questo strumento per fare in modo che possa essere anche terapeutico, d’aiuto. Anche attraverso personaggi che siano più estroversi, impulsivi. Ed è proprio quello l’obiettivo interessante per me, che significa uscire fuori dalla comfort zone. È una cosa che mi fa molta paura e non ho idea di quali possa essere i risultati, penso che sarà un percorso lungo però è una sfida grande che mi piacerebbe riuscire a portare a termine. Ci sto investendo tantissimo.

La lezione di vita di Andrea Di Luigi

Qual è la lezione più importante che hai ricevuto?

C’è una lezione di vita che mi piacerebbe condividere e che credo mi abbia spinto avanti: capire che dovevo dare tutto a questo mestiere. Non avevo ancora avuto il coraggio di trasferirmi a Roma, prima di Nuovo Olimpo. Lavoravo nel frattempo con mio padre nel suo studio, avevo finito la scuola di cinema IFA, a Pescara, che mi ha dato tantissimo e non smetterò mai di ringraziare.

Sono stato un anno fermo, ho aperto una compagnia teatrale insieme a due miei amici attori, con il quale abbiamo fatto degli spettacoli in giro per l’Abruzzo, ma non potevamo sempre recitare, e nei momenti di pausa mi sentivo giù di morale. Continuavo a stare ad Ascoli, a fare la mia vita, ma sentivo il sogno portato avanti a metà. Quando ho sentito lo stimolo di tentare il tutto per tutto, senza darmi necessariamente un termine di scadenza. A un certo punto mi sono guardato allo specchio e mi sono detto “è questa la cosa che voglio approfondire e per la quale ho più curiosità nella vita, non posso accettare di aspettare che arrivi un’opportunità, io devo dare il 100% per capire come si fa questo lavoro”.

Qualsiasi cosa succeda devo dedicare tutte le energie allo studio; contestualmente mia sorella è stata ammessa al Centro Sperimentale di Cinematografia, ci siamo trasferiti insieme. Ho cambiato lavoro e ho conosciuto Azzurra Rocchi, un’insegnante di recitazione che mi ha cambiato la vita. Ho trovato la mia dimensione facendo un lavoro manuale che non avevo mai fatto prima, e che mi lasciava le energie mentali di cui avevo bisogno per continuare a studiare recitazione. Ero felice, dopo  mesi è arrivato il provino di Nuovo Olimpo.

Credo che la lezione più grande sia stata di avere le idee chiare su quello che vuoi, cercare di non scendere a compromessi e di dare tutto, per quello che ami.

Io sono stato fortunato, ovviamente, non è una cosa sicura, ma è una questione di coerenza.

Tra passato…

Quale è stato il primo pensiero quando hai saputo che eri stato scelto per Nuovo Olimpo?

Il primo pensiero è stato “ok, c’è qualcosa di finto”. Quando il mio agente mi ha chiamato, ero a lavoro al ristorante e avevo appena finito il turno. Mi dice che probabilmente sarei stato scelto, ma di aspettare il contratto, che sarebbe arrivato dopo Ferragosto. Io andavo in giro per strada dicendo “non è vero, c’è qualcosa sotto”, non sapevo cosa pensare, convinto che non sarebbe andata. Continuavo a dirlo alle persone e tutti impazzivano, ma io non ci stavo capendo molto. Mi sono reso conto che era vero solo un mese e mezzo dopo, durante la riunione con il reparto trucco e costumi.

E il ricordo più bello?

Il primo ciak è stato il momento di tensione più grande. Mi sono detto “sto per fare qualcosa che ho già fatto prima”, ma era un contesto molto più grande, con 100 persone intorno, tutte in silenzio.

La paura si è trasformata in energia, in concentrazione. È stato il momento più magico, intenso, di tutta la mia vita. Non me lo scorderò mai.

nuovo olimpo poster

Che rapporto hai con i ricordi e con la memoria?

Ho un hard disk pieno di foto degli ultimi 10 anni, che ancora non ho avuto il coraggio di guardare. Sono tanto legato alle mie radici. Non torno ad Ascoli da due mesi e mi manca l’odore della mia terra, del bosco, degli ulivi intorno a casa mia. Sono degli ambienti che mi ricordano da dove vengo, già solo il pensiero mi fa vibrare un po’.

Per me il ricordo è fondamentale, capire da dove vieni, ti aiuta anche a capire che percorso hai fatto, come sei cresciuto, soprattutto cosa ti porti dietro, quali sono gli insegnamenti che hai ricevuto. Sono tanto legato al ricordo, al passato, spesso mi devo scuotere, ricordare che devo essere presente, e non perdermi. Lo lego alla mia famiglia e a volte, quando lavoro, loro sono lì con me.

… e presente

A proposito dell’essere nel presente, che effetto ti ha fatto guardarti sullo schermo insieme alle persone e accogliere il loro applauso?

Quello è stato un altro di quei contesti in cui il cervello ti protegge e non hai ben chiaro cosa sta succedendo. È stata una giornata alle prese con le interviste, quelle lampo, che mi mettono un’ansia. Quando sono arrivato in Auditorium, ho pensato “ok ce l’abbiamo fatta, ora possiamo goderci il film”.

In sala c’era un grandissimo silenzio, nessuno aveva capito cosa stesse accadendo nelle persone.

Sono uscite risate anche in momenti inaspettati. Non mi aspettavo un applauso così lungo: quando è iniziato ero felice, poi dopo 10 minuti ho capito di aver preso parte a qualcosa di davvero importante. Provavo molta gratitudine in quel momento.

C’è una veste in cui ti senti più a tuo agio o una tipologia di personaggio che ti piacerebbe interpretare?

Sto girando un thriller, un noir, con la regia di Vincenzo Alfieri. Siamo a metà film e stiamo girando a Roma. È una cosa assolutamente diversa rispetto a qualsiasi cosa possa essere considerata la mia comfort zone, sono molto nel panico e allo stesso tempo lo trovo un viaggio bellissimo da interpretare. Sto affrontando una sfida grande, con la speranza di riuscire a trovare delle cose che al regista possano piacere.

È un personaggio molto diverso rispetto a qualsiasi altra cosa fatta prima, più esplosivo. Non ho idea del risultato, ma sono veramente felice di avere questa opportunità adesso. Il regista è forte, giovane, mi ascolta molto e ha le idee chiare. Avrei sempre voluto interpretare un personaggio simile, quindi mi sento fortunato.

Andrea Di Luigi sopra al palcoscenico e davanti allo schermo

Hai qualche sogno nel cassetto?

In questo momento mi sento di voler lavorare un po’ a teatro. Mi piacerebbe mettere su uno spettacolo, insieme a una mia amica attrice, a modo nostro. Sento il bisogno di raccogliermi un attimo e cercare di fare mente locale sulle cose che mi sono sucesse, che ho imparato o che non sono riuscito a fare.

Vorrei tirare le somme e accrescere il mio bagaglio di esperienze.

Ho bisogno di fare qualcosa di artigianale, magari lavorare su un’opera che abbia un respiro più classico, poter provare una regia con qualcuno che conosco. Sento che quest’anno mi ha offerto tantissimo e avvero un richiamo forte verso il teatro in questo momento.

Che tipo di spettatore sei?

Mi piace tutto, guardo qualsiasi cosa, anche i film con i supereroi, sebbene siano fuori dal mio target. Mi piace guardare le storie autentiche, non per forza tratte da storie vere, ma che contengano una verità, e poi mi appassiona molto la recitazione verosimile. A prescindere dal genere, anche se si tratta di un documentario o di un mockumentary, vedere un essere umano e quello che gli succede è la cosa più importante.

Mi porta tendenzialmente ad apprezzare più i mattoni (ride, ndr.), le cose lunghe, i film drammatici, perché esce fuori questa componente psicologica. Però ci sono anche tanti film che hanno un respiro più dinamico, nei quali si riesce comunque a percepire la verità.

Il mio regista preferito paradossalmente è Robert Zemeckis, che ha fatto film di ogni tipo, ma in mezzo c’è sempre un viaggio dentro l’essere umano.

*Sono Sabrina, se volete leggere altri miei articoli cliccate qui.

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