Grandmother’s Footsteps è il documentario di Lola Peploe, presentato nella sezione Doc Highlights dell’ultima edizione del Festival dei Popoli.
Il film è una produzione Babylon Irie ed è l’opera prima della regista.

Un racconto generazionale tra i rami di una famiglia d’artisti
Grandmother’s Footsteps segue il viaggio della sua autrice Lola alla ricerca, fisica e metaforica, del lascito umano e culturale di sua nonna, Clotilde Brewster Peploe (1915-1997).
Clotilde, ribattezzata affettuosamente da tutti Cloclo, è stata prima di tutto una pittrice. Una donna che ha vissuto, come spesso accade, con passione ma anche ritrosia la vita dell’artista.
Cloclo è stata in secondo luogo figlia d’arte e madre d’arte. FIglia di una pittrice, i suoi figli Clara Peploe (regista di Il trionfo dell’amore e sceneggiatrice di Zabriskie Point, La Luna) e Mark Peploe (sceneggiatore di Professione: reporter, Piccolo Buddha, L’ultimo imperatore) sono stati registi e sceneggiatori. Sua nipote Lola, oggi incinta di un’altra generazione Peploe, si è anch’essa avvicinata al mondo del videomaking.
Il documentario accompagna proprio Lola nella vita della nonna Cloclo. Prossima alla nascita del suo primo figlio Lola vuole rintracciare nella vita di Cloclo la formula per sopravvivere alla concomitanza di due ruoli così innervanti: si può essere artiste e madri? Dove si trova l’equilibrio per una donna contemporanea tra famiglia e lavoro artistico?
Il film segue uno stile osservativo dalle note pittoriche paesaggistiche che mima e gioca con lo stile artistico di Cloclo. Una pittura pulita e innervata dall’azzurro dell’Italia e della Grecia, i due luoghi cari a Cloclo e dove Lola ricostruisce i passi della nonna scomparsa.
Il viaggio viene intervallato dalle interviste, i ricordi e le lettere degli uomini e delle donne che hanno toccato l’esistenza di Cloclo.
Tra queste una delle ultime testimonianze di Bernardo Bertolucci, che fu marito di Clara Peploe.

Un viaggio che non riesce a esplodere, rimanendo placido passeggiare
Da subito il legame e la somiglianza tra l’autrice Lola e sua nonna Cloclo è presentato quasi come un legame generazionale che sa di magico e di poetico. Un dialogo monodirezionale ove Lola come futura madre parla alla nonna artista e madre anch’essa, cercando nel giardino familiare del passato la forza e la chiave per affrontare il presente.
I paesaggi brulli di giallo e di blu della Grecia in particolare si susseguono tra immagini di oggi e archivio storico familiare, accarezzando la storia europea del secolo scorso. Sono proprio i paesaggi, come nei quadri di Cloclo, che non cambiano con il tempo, creando un non-luogo tra passato e presente, che si muove dall’archivio, ai quadri della stessa Cloclo, al viaggio nella memoria di sua nipote.
Nonostante l’impianto estetico e ritmico risulti pulito e curato e nonostante il potenziale d’interesse che può provocare la spinta di una famiglia di artisti con un ruolo preciso nello sviluppo culturale della seconda metà del Novecento, nessuno di questi elementi riesce a supportare la narrazione, lasciando il racconto in un placido passeggio senza entusiasmo. Con amore e affetto ma senza brio.
La questione fulcro e il rapporto interpersonale non si liberano dalla costruzione filmica, rimanendo distanti e non riuscendo a creare un dialogo intimo con lo spettatore. Nel parlare a Cloclo Lola non riesce ad aprire il discorso con l’audience che rimane a distanza.
Grandmother’s Footsteps è proiettato al Festival dei popoli il 4 novembre alle 18.30.
Il Festival dei popoli, festival internazionale del film documentario, si terrà a Firenze dal 4 al 12 novembre.
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