In occasione dell’uscita del film Comandante, diretto da Edoardo De Angelis e presentato in anteprima alla mostra del cinema di Venezia 2023 come film d’apertura, abbiamo fatto alcune domande a Sandro Veronesi. Lo scrittore pratese due volte premio Strega è autore, insieme a De Angelis, dell’omonimo libro portato sul grande schermo. Il film, con protagonista Pierfrancesco Favino, è distribuito da 01 Distribution.
Comandante: Sandro Veronesi ed Edoardo De Angelis
Se non erro è la prima opera scritta a quattro mani con un altro autore, per giunta regista e non scrittore. Com’è stata questa esperienza?
È stata molto istruttiva, per me, e tutto sommato molto facile, per come abbiamo deciso di procedere, cioè dividendoci le voci narranti dei singoli capitoli. È stato istruttivo ricevere tre o quattro pagine del libro che stavo scrivendo senza averle scritte, e poterci trovare un succo, un nettare, che non viene dalle mie meningi ma che da lì in poi potevo utilizzare come “mio”.
Collegandomi alla domanda precedente com’è stato scrivere un libro in parallelo alla realizzazione del film? I due progetti sono nati e si sono sviluppati in parallelo. Com’è stato scrivere di qualcosa che non era solo immaginato, ma qualcosa la cui fantasia era già, nella fantasia stessa, qualcosa di reale?
Abbiamo scritto prima cinque o sei versioni della sceneggiatura. Poi, anche perché in piena pandemia l’ipotesi di realizzare veramente il film si stava allontanando, abbiamo deciso di scrivere il libro, che ci permettesse di utilizzare molto del materiale che avevamo raccolto e che nelle sceneggiature semplicemente non serviva. Utilizzare creativamente, intendo. Ed ecco che è nata la struttura del libro a più voci, più che a quattro mani, voci perdute di ragazzi quasi tutti morti giovani in guerra, una specie di Spoon River dei sommergibilisti. Scrivendo il libro, però, sono venute fuori idee molto buone anche per il film che scrivendo la sceneggiatura non erano venute fuori, ed è così che, dopo aver scritto il libro, tenendo conto di queste idee, abbiamo scritto altre sette versioni della sceneggiatura. È andata così.
L’attualità della storia
A colpire sicuramente è la disarmante attualità dell’opera. Nella prefazione al libro hai scritto che l’idea iniziale di tutto questo è arrivata nell’estate 2018. La storia è ambientata nel 1940. Ma quello di cui leggiamo parla anche del 2023. In qualche modo sei/siete riusciti a “prevedere” qualcosa di contemporaneo e sempre attuale. Nonostante sia una storia ambientata nel passato è molto più vicina a noi di quanto si possa immaginare. In primis naturalmente per il tema, ma anche il modo in cui viene presentato contribuisce a rendere la storia attuale e sempre valida. Forse più di tutto il far parlare ognuno di loro, preferendo una narrazione corale rispetto a una individuale.
Non so se questa scelta abbia ulteriormente avvicinato questa storia all’attualità – come ho detto sopra la ragione di quella scelta era diversa. Sta di fatto che l’idea stessa di raccontare quella storia sgorgava dall’attualità del 2018, così frustrante, così umiliante per il nostro paese, governato in modo così disonorevole. Disonore che si è riproposto, ahimè, dopo le ultime elezioni, con tutto il suo contorno, ahimè, di morti in mare che potevano essere evitati. Per questo l’esempio di Salvatore Todaro va mostrato a più persone possibile, oggi più che mai.
Un aspetto che colpisce del libro è che inizia facendo parlare per prima Rina, la moglie di Salvatore Todaro. Rina che, nel film, appare poco e parla poco, ma è la destinataria sia del film che del libro. Ed è forse l’elemento che più di tutti rende la storia e i personaggi veri e autentici. Sarebbe stato impensabile e assurdo, per esempio, far scrivere la storia a Todaro indirizzandola a un lettore immaginario, ma anche farla scrivere a chiunque altro. E poi il libro si apre con la frase “Io confesso” da parte di Rina che ripete questa espressione, come un mantra, in tutto il capitolo. La sua confessione, riassunta in pochissime pagine, fa da contraltare a quella più dilatata del Comandante che dura l’intero film e libro. Si può definire “Comandante” come una sorta di confessione?
Ogni libro scritto con sincerità è una confessione. Una confessione dell’autore attraverso i suoi personaggi.
I capitoli e i personaggi
Vorrei chiederti qualcosa a proposito dell’alternanza dei capitoli. Nel libro c’è spazio per ognuno dei personaggi perché ognuno di loro ha almeno un capitolo a disposizione (alcuni anche più di uno). Non ci sono solo il Comandante e pochi altri. In questo modo si possono, nonostante lo spazio limitato di poche pagine per capitolo, approfondire i personaggi arrivando a vedere il mondo con gli occhi di ognuno di loro. Cosa che nel film è meno evidente (e meno semplice). Questa alternanza è forse l’elemento che più di tutti stimola la lettura e trasforma il libro da “semplice romanzo” a una sorta di “sceneggiatura romanzata”. La sensazione, leggendo il libro, è proprio quella di avere sotto gli occhi un copione che analizza e sviscera ogni singolo personaggio. Ma, al tempo stesso, è come se ci fosse bisogno del libro per comprendere appieno il film e viceversa. Sono due modalità interconnesse tra loro.
Nel film i personaggi per così dire “minori” sono quasi sempre in scena, anche se hanno pochissime battute: e questo esserci con il corpo è qualcosa di paragonabile, nel libro, al loro esserci con la voce, cioè con la lingua, che è il “corpo” dei personaggi letterari. E quei corpi quasi sempre in scena nel film sono in realtà attori che li interpretano con umiltà e talento: non so se ha fatto caso al fatto che ognuno di quei ragazzi che non avevano battute, quando sono inquadrati perché il loro comandante gli passa accanto sembrano davvero marinai accanto ai quali sta passando il loro Comandante, e quando invece sono inquadrati perché gli passa accanto il Nostromo, Marcon, sembrano marinai accanto ai quali sta passando un Nostromo.
Quanto è stato facile/difficile scrivere in più dialetti?
Conoscendoli bene, è facile. Non conoscendoli, come per me il veneto o il romagnolo, è semplicemente necessario l’aiuto di un madre-lingua. E qui vorrei menzionare quelli che hanno aiutato me: Miriam Centanin per il veneziano e il friulano, Davide Giovannini per il romagnolo e Giacomo Mameli per il sardo campidanese.
La penna di Sandro Veronesi in Comandante
Quello che forse è il personaggio più divertente del libro e del film è Giggino, il cuoco che si diverte a sperimentare e vanta la conoscenza di qualsiasi piatto. Ricordo che la tensione e il dramma del film, in sala, a Venezia, sono stati interrotti da sincere risate nella scena in cui vengono preparate le patate fritte. E anche nel libro il suo ruolo, oltre che quello fondamentale di sostentamento, per l’intero equipaggio, è quello di suscitare ogni tanto qualche risata. L’elenco, quasi iperbolico, dei tanti cibi che conosce (e sui quali viene “interrogato” dal Comandante) occupa spesso almeno la metà del breve capitolo a lui dedicato. Un escamotage che interrompe la narrazione e che da una parte ne spezza il ritmo, ma dall’altra lo alimenta. Qual è la reale valenza di questo escamotage che, in parte, caratterizza la tua scrittura? Se non sbaglio ne Il colibrì c’è un capitolo dove, per esempio, il punto arriva dopo più di una pagina. Qui, allo stesso modo, gli elenchi sono molto lunghi. Si tratta di una tua “firma” che hai voluto dare all’opera? È la firma di Sandro Veronesi che va oltre Comandante?
È indubbio che a me piacciano gli elenchi, e che finisca per metterli in ogni libro che scrivo. Però in questo caso non c’ero solo io, il libro lo scrivevamo in due, e se l’idea di far recitare a Giggino quel rosario di pietanze non fosse andata a genio a Edoardo avrei dovuto rinunciarci. Invece non solo gli è andata a genio, ma è diventata una di quelle idee venute per il libro e poi trasbordate nel film.
Ogni personaggio, nel libro, ha il suo spazio e la sua voce, ma non per introdursi o per fornire informazioni relative a sé stesso, bensì per parlare degli altri e, rivolgendosi a loro, per descriverli. Uno dei grandi pregi del libro è il riuscire a capire un personaggio dalle parole e dai comportamenti di un altro. Nonostante venga trascritti i pensieri dei personaggi stessi, in realtà è come se fossero rivolti a “spiegare” qualcun altro. Come detto prima, il primo esempio da fare è quello di Rina che, fin da subito, parla di Todaro a discapito della prima parola “pronunciata”, “io”. Anche se ognuno parla in prima persona non c’è mai protagonismo nel senso che nessuno, appunto, parla di sé stesso. Si può, quindi, parlare di valenza universale in questo senso? È vero che Todaro è il protagonista, ma l’impresa che compie non riguarda soltanto lui.
Io credo che l’ingombro dell’ego, così come lo conosciamo noi, in guerra si riduca molto nella psiche dei soldati. Credo che sorga necessariamente una specie di ego collettivo che rende drammaticamente possibile, per tutti quei ragazzi, andare a morire senza ribellarsi.
Continuando a parlare dei personaggi, volevo fare una riflessione che differenzia libro e film. Nel film sembra quasi che nella prima parte i personaggi siano tutti “omologati” e uguali. L’unico che emerge è il Comandante, circondato da un equipaggio come tanti altri, salvo rari e sporadici casi. Nella seconda parte, invece, che corrisponde con il periodo in cui il sommergibile è in superficie, tutto sembra cambiare e anche i personaggi diventano più umani. Nel libro, invece, sembrano umani fin dall’inizio, aiutati in questo dal fatto che ogni capitolo sia dedicato a uno di loro. Lo scopo, quindi, oltre che informare lettore e spettatore di questo evento, è anche ricordargli la propria umanità?
Diciamo che si tratta di un effetto collaterale, più che di una scelta. Il corpo-lingua dei personaggi letterari è più definito fin dall’inizio, mentre il corpo-corpo dei personaggi del film impiega più tempo a imporsi.
La sceneggiatura: il ruolo di Sandro Veronesi in Comandante
Qual è stato il ruolo di Sandro Veronesi nella realizzazione del film Comandante? Come hai contribuito nella stesura finale della sceneggiatura?
Per la stesura finale della sceneggiatura ho avuto un ruolo cruciale – quello che mi era richiesto. Per la realizzazione del film non ho avuto alcun ruolo.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli