Completamente ambientata in una Roma di periferia, l’opera prima di Alessandro Palazzi si caratterizza per essere una commedia fuori dagli schemi comuni; film intelligente per aver saputo coniugare il low budget con una storia che bene caratterizza il nostro paese
Completamente ambientata in una Roma di periferia, l’opera prima di Alessandro Palazzi si caratterizza per essere una commedia fuori dagli schemi comuni come d’altronde erano stati i suoi cortometraggi Clean Man e Dress, entrambi volti alla ricerca di elementi estetici rappresentativi della vita delle persone. Il regista non si preoccupa di essere politically correct ed esordisce con un litigio alla pompa di benzina tra un extracomunitario invadente ed il protagonista, Rolando, che vuole a tutti i costi fare rifornimento da sé. L’evento scatenante della commedia è la morte: il titolare dell’agenzia di scuola guida perisce mentre tiene una lezione di teoria del codice stradale. In tal modo il regista ci conferma che è la vis comica del nostro paese ad interessarlo, infatti la risposta degli studenti alla notizia che il loro insegnante è morto consiste nel lasciare compostamente l’aula, come a dire che almeno quel supplizio anestetizzante si è per fortuna concluso. Subito dopo Rolando ferma la sua automobile di fronte a quella che inizialmente sembra una prostituta, ma che scopriremo presto essere una transessuale. Così il nostro protagonista dichiara di essere un outsider dai gusti sessuali deviati.
Il film, intelligente per aver saputo coniugare il low budget con una storia che bene caratterizza il nostro paese, si snoda su due fronti. Da una parte la location della scuola guida e dell’automobile per le lezioni di pratica e, dall’altra, i personaggi che popolano questo microcosmo bizzarro. Gli studenti della scuola guida sono un cingalese che non parla una parola d’italiano, costretto dalla sua datrice di lavoro a prendere la patente per poter avere allo stesso prezzo anche uno chauffeur e una ragazza cinese che non perde occasione per fare affari anche durante le ore di teoria, vendendo qualsiasi cosa. Ci sono poi due ragazzi appena diciottenni: lui è un giovane timido e riservato, mentre lei è una rossa metallara che non sembra minimamente interessata alle lezioni, in quanto ascolta sempre musica con il suo riproduttore portatile. Si aggiungerà più avanti anche Giulia, la transessuale amante del protagonista. Alla morte del titolare è Rolando a prendere in mano la guida dell’azienda, in realtà di proprietà della sua ragazza, figlia del defunto. Per le lezioni di teoria, Rolando assume Sergio, un suo amico barista che a stento parla italiano, mentre per le lezioni di pratica subentreranno due nuovi istruttori: il primo è un classico coatto romano che parla dell’automobile come di una donna, mentre l’altro sembra un maestro elementare degli anni cinquanta.
La regia scorre leggera e le riprese all’interno dell’automobile ci confermano la mano di un giovane che non ha paura di osare, sfruttando montaggi sincopati a ritmo di musica. A completare il quadretto c’è una segretaria sovrappeso dai nervi fragili che ama il pettegolezzo, l’ex fidanzato della titolare dell’agenzia, detto Pino Sgommino e per ultimo, Renato, amico di Sergio, che traffica in qualcosa di non ben identificato. Renato è un tipico rappresentante del sottoproletariato romano che vive d’espedienti il cui motto è: “O ce se droga o se lavora. … Io per esempio me drogo.” Va sottolineata l’ottima scelta di Palazzi, nell’ambientare un film sulla patente a Roma, città che vede la maggior concentrazione di automobili di tutta l’Europa. Lo sgangherato gruppo di assortiti tipi umani si muove nella metropoli col solo obiettivo apparente di dare o prendere la patente, come se la vita della capitale si riducesse al rapporto uomo-automobile. Esordio divertente anche se per certi aspetti acerbo dal punto di vista della struttura narrativa, che lascia lo spettatore divertito e piacevolmente colpito dalle sorprese. Nel panorama indipendente una commedia da consigliare. (Sito web: http://www.lapatenteilfilm.it/)