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Interviews

Intervista ad Antonio Folletto, attore del film ‘Shukran’

Pietro Malegori è il regista del film suo esordio alla regia. Dall'8 Luglio al Cinema

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Antonio Folletto è l’attore italiano che ha fatto parte del film Shukran del regista esordiente Pietro Malegori e con protagonista l’attore iraniano Palma d’Oro Shahab Hosseini. 

Il film è stato presentato ala Festa del Cinema di Roma nella sezione Alice nella Città e sarà al Cinema dall’8 Luglio con Eagle Pictures.

Shukran è basato su una storia vera ed è  ambientato in Siria durante la guerra civile. La trama segue l’insurrezione del popolo siriano contro il regime di Assad e si concentra sulla storia di Taher Haider, un rinomato cardiochirurgo pediatrico che dedica la sua vita al lavoro. Dopo la morte di suo fratello Ali in un attentato terroristico, mentre soccorre le vittime della guerra, Taher si trova di fronte a una scelta estremamente difficile. Questa scelta mette in discussione tutto ciò in cui ha sempre creduto e lo mette di fronte a sfide che mettono a rischio la sua vita.

La grazia, l’esordio di Malagori e la Palma d’Oro Hosseini

Antonio Folletto racconta le sfumature del film di Malagori. È un attore napoletano molto giovane diplomatosi all’Accademia Nazionale Silvio d’Amico che ha preso parte a film come L’attesa (con Juliette Binoche protagonista), Capri Revolution di Martone e in serie televisive di successo: Gomorra La Serie, A casa tutti bene – La Serie e I bastardi di Pizzofalcone. 

Antonio Folletto comincia a parlarmi di un set a cui ha partecipato il giorno stesso e in cui il regista aveva bisogno del tramonto e che perciò hanno dovuto iniziare attorno alle 5 del mattino. È andata tutto bene.

 “Shukran” è un film coraggioso. Come è stato lavorare con Malegori, essendo al suo esordio alla regia ?

“Con Pietro ho avuto subito l’idea che avesse tutto sotto controllo, se non ce l’aveva era bravissimo a farcelo credere. Era molto concentrato, aveva ben chiaro le dinamiche tra i personaggi e le scene. Lui ha questo suo modo di fare molto calmo ed educato. Ci sono dei registi che hanno un temperamento diverso, come quelli che ad esempio urlano. Ma Pietro, nonostante fosse alla sua opera prima, era molto bravo e pacato.”

Shahab Hosseini è stato il vincitore della Palma d’Oro a Cannes per il film Il cliente di Asghar Farhadi, come è stato lavorare con lui?

“Per me è stato uno degli incontri più belli della mia vita, è un grandissimo professionista. Al di là del talento e della capacità, è sempre concentrato e pronto ad aprirsi alla scena. Quello che mi è piaciuto di lui è che era mai chiuso nelle sue idee. Era sempre aperto al dialogo per capire se effettivamente quell’esperimento funzionasse oppure no. Shahab è un attore di grandissima esperienza e a livello umano non andava mai a prevaricare sul regista. Rispettava la sua figura e si metteva al servizio della storia.”

Hai in mente un attore in particolare che possa ricordare Hosseini?

“Bella domanda, non ci ho mai pensato. Adesso che mi ci fai riflettere, ho l’idea che lui sia unico. Quando ho visto il film, ho fatto caso a delle sensazioni che quando sei lì sul set non le vedi. Se ti dovessi dare un nome non so a chi potrei associarlo. Hosseini parla in lingua iraniana e la maggior parte di ciò che diceva per me non comprensibile, però noi possiamo comprendere il suo personaggio e la sua storia grazie anche alle sue azioni. È uno di quegli attori che quando non parla è come se dicesse tutto.”

 

Il titolo “Shukran” si collega alla grazia. Qual è il collegamento con la storia del film? 

“Shurkan vuol dire proprio “grazie” e il fatto di essere riconoscente nella vita è bellissimo. La cosa più bella del film è il messaggio, legato al perdono, che è difficile da esercitare, in primo su noi stessi e poi sugli altri. Ma il secondo importante dettaglio è che al di là della Siria e della guerra che dura da molti anni, al di là di ogni ideologia e di ogni religione il film mette al centro il valore della vita. Il medico fa una scelta rischiosa. Il fatto che lui scopra che l’assassino di suo fratello sia il padre del bambino che deve operare fa sì che ci sia un dettaglio drammaturgico molto importante. Se noi ci mettessimo nei panni del medico possiamo comprendere quanto lui possa mettere in gioco la propria vita.

È importante sottolineare che questo film è prodotto da due ragazzi di 35 anni, insieme ad una co-produzione francese, che sono Guia Invernizzi Cuminetti, Emanuele Berardi che hanno scelto un film commerciale come prima opera da produrre.”

C’è un regista con cui vorresti collaborare in futuro?

“Ce ne sono tanti, ma se te ne dovessi dire uno, ed in questo momento si vuole sognare in grande, citerei Martin Scorsese che credo sia il più grande regista vivente.”

Progetti ce ne sono?

“Ci sono tre film che devono ancora uscire, ma non posso dire i titoli. Uno è stato girato questa estate con Maria Pia Calzone ed è l’opera prima di Simona Cocozza.”

 

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