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Alice nella città

Intervista a Warwick Thornton, regista di The New Boy con Cate Blanchett

L'intervista al regista Warwick Thornton che introduce alcuni episodi della lavorazione del film andato al Festival di Cannes

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Durante la Festa del Cinema di Roma è stata introdotta l’intervista al regista australiano Warwick Thornton, vincitore della Camera d’Or a Cannes nel 2009 per Samson and Dellilah.

È in Selezione ufficiale alla Festa del cinema, esattamente nella sezione Alice nella città, grazie al film The New Boy con le musiche di Nick Cave e Warren Ellis.

L’attrice Premio Oscar Cate Blanchett è co-protagonista e produttrice del lungometraggio che è stato presentato al Festival di Cannes nella sezione Un Certain Regard.

Ambientato nell’Australia degli anni ’40, la storia di un orfano aborigeno di nove anni che arriva nel cuore della notte in un monastero remoto, gestito da una suora rinnegata, dove la sua presenza disturba il mondo delicatamente equilibrato in questa storia di lotta spirituale e di costo della sopravvivenza.

Warwick Thornton, l’intervista

Com’è stato lavorare con Cate Blanchett e Nick Cave? 

Cate mi spaventa a volte – mi fa sentire come se non fossi all’altezza come regista. Tuttavia, la sua intenzione non è mai di intimidire, ma di mettermi a mio agio. È costantemente alla ricerca di una comprensione più profonda del suo personaggio, ponendo un’infinità di domande. A volte, grazie alle sue intuizioni, riesco a cogliere sfaccettature dei personaggi che prima mi sfuggivano. Può capitare che mi percepisca come un regista inadeguato, ma lei si impegna per farmi sentire un bravo regista. Le sue idee hanno notevolmente contribuito a migliorare il film.

Ho un forte legame di amicizia con Nick Cave e lo stesso vale per Warren Ellis, l’altro compositore. Quando ho chiesto a Warren di comporre la colonna sonora del film, ha accettato. Poi, ha parlato con Nick, che si è mostrato altrettanto entusiasta all’idea di collaborare al progetto. Nonostante avessi qualche timore, l’idea di avere entrambi nel team era elettrizzante. Durante le riprese e il montaggio del film, mi sono ispirato a Federico Fellini. Mi sembrava quasi che il film mi stesse parlando, invitandomi a non minimizzare il mio ruolo, ma a rimanere sereno. Dovevo sfruttare tutta la potenza del cinema per rendere il tutto più “fluttuante”.

La musica è un elemento fondamentale per evocare emozioni in un film, al pari delle immagini. Inizialmente, i compositori desideravano utilizzare una vasta gamma di strumenti, ma io ho suggerito di limitarne il numero e di puntare su una musica più semplice. Questa mia proposta li ha portati fuori dalla loro comfort zone, ma, in qualche modo, ne sono rimasti affascinati.

Riferendomi a Fellini, posso dire che ha sfidato la sua comfort zone, realizzando film straordinari come 8 e mezzo, La dolce vita e Giulietta degli spiriti.”

Come sei riuscito a far leggere la sceneggiatura a Cate Blanchett? 

“Da tempo desideravamo lavorare insieme a un film, ma i nostri impegni non lo permettevano. Poi è arrivata la pandemia del covid. Lei era bloccata a Londra e io a Sidney. Quella situazione ha creato l’opportunità perfetta per discutere del film. La sceneggiatura ha 18 anni e, inizialmente, non era particolarmente convincente. Nella versione originale, uno dei personaggi era un prete. Lei, però, ha suggerito di trasformarlo in una suora. Questa modifica ha reso il personaggio molto più dinamico e interessante, e ha permesso di creare una connessione più empatica con il pubblico.”

Perché e come hai scelto l’attore Aswon Reed per il ruolo da protagonista?

“Non aveva mai calcato un set cinematografico prima d’ora, né aveva mai recitato. Eppure, è stato straordinario. La macchina da presa lo adora. Il punto fondamentale è che si identifica molto nel personaggio del film, un sopravvissuto quotidiano. Comprende profondamente il personaggio perché è molto simile a lui. Siamo vicini al Neorealismo e, se avessi scelto un attore che non incarnasse con autenticità il protagonista, sarebbe stata una scelta sbagliata.”

Come è cambiata la tua vita dopo aver vinto il premio Camera d’Or (premio per le opere prime) al Festival di Cannes? 

“È stato un momento triste e pauroso. Penso che i premi dettino il modo in cui devo lavorare e la triste verità è proprio questa. Con i premi cinematografici, si ottiene un maggiore supporto per realizzare determinati film. Mi danno la possibilità di dire anche a me stesso che sono bravo in questo specifico mestiere. E, soprattutto, il premio mi aiuta dal punto di vista finanziario.”

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