Nei vari periodi del cineasta americano, Woody Allen, ve ne è uno a ridosso dei decenni ‘70/’80 in cui il suo cinema tenta con ampi margini di riuscita la strada europea. Una strada nella quale i contatti con Godard, Fellini e De Sica sono abbastanza evidenti. Ma più di tutti questi riferimenti, Allen viene “condizionato” dall’amore che nutre per il maestro svedese Ingmar Bergman.
Il giorno e la notte di Woody – Allen v Bergman
Siamo nel periodo d’oro di Woody Allen. Incoronato da critica e premi Oscar per il suo Annie Hall vincitore per miglior regia. Film, script. E attrice non protagonista (Diane Keaton). Eppure c’è qualcosa che scatta in Allen. Un sentimento tipicamente europeo che già lo aveva contraddistinto in Io e Annie e in opere precedenti come Amore e Guerra. Una costruzione psicologica e più tendente al dramma per la sfera relazionale. Fin qui “sporcata” con la meravigliosa tessitura comica di cui Allen sarà per sempre capace. Ma Woody decide di cambiare rotta. Lo fa col suo primo dramma. Interiors datato ’78. La nervous comedy alleninana vira verso questo dramma gelido, senza musiche e dove per la prima volta Allen non compare.
Un film molto cupo in cui Allen passa dalla problematicità dei rapporti di coppia a quella dei rapporti famigliari, in cui la sofferenza e l’ambiguità rappresentano i caratteri principali. Una coralità di personaggi complessi isolati all’interno della famiglia da un problema emotivo, dalla noia o da un problema sessuale, legati tutti da una profonda insoddisfazione per quella prigione che chiamiamo casa. Uno dei primi contatti con il cinema di Ingmar Bergman. Sia per come riprende preferendo le classiche inquadrature larghe del cineasta svedese, sia per come usa l’ambiente. Spiaggia, casa al mare come non luogo del dramma famigliare su cui Allen struttura il viaggio a ritroso dei suoi interpreti. Se si legge tra le righe Sorrisi di una notte d’estate e Sussurri e grida, il mondo Allen v Bergman comincia a gemellarsi e a incrociarsi ripetutamente.
Il treno chiamato Igmar Bergman
Se l’influenza del maestro svedese nell’Allen ’70 è abbastanza frequente, visto anche per come ricicla di continuo Scene di un matrimonio nei suoi Annie Hall e Manhattan, è il decennio ’80 ad essere, più di qualsiasi altro periodo del cineasta newyorkese, plasmato da tale contaminazione. Settembre, Un’altra donna, Mariti e Mogli, Harry a pezzi. Tutte opere in cui la raffigurazione filmica dell’interiorità alleniana è inscindibilmente collegata all’estetica dell’human interior bergamiano.
Tutto il concetto legato alla problematicità dei rapporti umani e tutto ciò che connette quindi all’idea del non visibile. L’onirico, la magia, il flusso di coscienza. Ingmar Bergman lo applicherà con soluzioni moderne e autoriflessive che sveleranno gli artifizi del mezzo cinematografico, rendendo possibile la rappresentazione nel cinema dell’invisibile. Allen assimilerà lo stile del maestro svedese, soprattutto nella sua componente drammaturgica applicata sulle relazioni a tutto tondo, con un cinema, nuovo quello di Woody che diventerà comunque europeizzante. Ponendolo in opposizione con la cinematografia americana e per la quale verrà definito come autore anti hollywoodiano.
Allen v Bergman – La commedia sotto la lente del dramma del cuore
Cambia anche la commedia di Allen, poco attenta alla battuta sofisticata e dell’humor intelletualoide, e invece molto più interessata a mettere in mostra i conflitti e i tradimenti tra coppie e nelle famiglie. Un esempio di ciò avviene nell’82 con Una commedia sexy in una notte di mezza estate. Ispirandosi a Sorrisi di una notte d’estate di Bergman, in un clima fiabesco di effervescente eccitazione, Allen crea un variegato microcosmo dedito al corteggiamento provocatorio tanto quanto alla dissertazione intellettuale. Il sesso diventa la panacea di tutti i mali, un atto catartico simbolo di libertà. Anni dopo con Hanna e le sue sorelle, che indubbiamente respira del mondo godardiano del cinema francese, Allen recupera il conflitto tra sorelle espresso in Interiors.
Ricostruirsi attraverso Bergman
Lo fa indubbiamente con un taglio più vicino alle sue nevrosi dell’uomo blasè di simmeliana memoria, ma dove ritorna ancora il riferimento all’opera di Bergman Sussurri e grida. Donne salvifiche, protette, indifese, che lottano per liberarsi dai loro ruoli cristallizzati. Se in questa fase Allen tenta di costruire una nuova commedia grazie all’uso derivativo che fa di Bergman, è con Un’altra donna che Allen torna alla drammaturgia bergamiana. La pellicola di fine anni ’80 risente dell’influenza de Il posto delle fragole con la scrittrice Marion che ricorda il vecchio Isak Borg. Struttura che Allen riprese in maniera più verbosa e cruda in un suo cult degli anni ’90, Harry a pezzi. Ma questa contaminazione col maestro svedese finisce con Mariti e Mogli. Un film perfetto che sintetizza la capacità di Allen di essere finalmente riuscito a creare un film bergamiano rimanendo se stesso. Perché anche se la pellicola è ancora una volta impostata col noto Scene di un matrimonio, il valzer extra-coniugale del film stesso e la capacità di Allen di condensarlo con un proprio mockumentary delle origini, riescono a far uscire Woody dall’abbraccio dell’ Allen v Bergman dal quale sembrava incollato a vita.
La problematicità relazionale nel cinema di Woody Allen è apparsa in molti punti incanalata nel processo di bergamanizzazione in cui il cineasta newyorkese si era inoltrato. Allen in queste precise decadi, in cui ha fatto man bassa della filmografia bergamiana, ha strutturato un laboratorio di reinvenzione della commedia. Che finiva con Ingmar Bergman e ricominciava da Woody Allen.