Uomini in marcia è il documentario di Peter Marcias presentato in anteprima mondiale alla Festa del cinema di Roma 2023, nella sezione Special Screenings e al cinema distribuito da Notorius Pictures dal 1 Giugno, il giorno che precede la Festa della Repubblica, fondata, appunto, sul lavoro.
Il film è prodotto da Ganesh Produzioni, Ultima Onda produzioni in collaborazione con Rai Cinema, Aamod, Cineteca Sarda Società Umanitaria, Morgana Studio con il sostegno della Fondazione Sardegna Film Commission – Bando Filming Cagliari.
Uomini in marcia contiene importanti testimonianze d’archivio e testimonianze attuali, tra gli altri di Ken Loach e di Laurent Cantet (purtroppo scomparso alcune settimane fa: il film sarà dedicato alla sua memoria).
A ridosso della Festa del lavoro del Primo Maggio, la distribuzione in Italia è stata preceduta dall’anteprima nazionale pubblica a Carbonia (Giovedì 2 maggio, Cine-Teatro Centrale a cura della Società Umanitaria – Cineteca Sarda): proprio qui è stata girata la testimonianza di Laurent Cantet, che amava molto Carbonia.
Al termine dell’intervista sono riportate tutte le date e i cinema nei quali, oltre alla proiezione del film, il pubblico potrà incontrare anche il cast e il regista.
In occasione del Festival, del documentario avevamo parlato con il regista Peter Marcias.
Uomini in marcia di Peter Marcias
Quella che hai compiuto in questo documentario è una ricerca che va oltre il tempo e lo spazio. Com’è nata l’idea di questo documentario e l’idea di strutturarlo in questo modo? Penso sia stata anche una cosa spontanea, però fa riflettere il fatto che sia un argomento contemporaneamente passato, presente e futuro.
Tutto è nato nel 2018 quando stavo completando il mio precedente documentario che si intitola Uno sguardo alla terra.
Spesso mi capita di andare a Carbonia dove c’è la sede distaccata della cineteca sarda e lì ero stato incuriosito dalla sistemazione di alcuni materiali vhs relativi a una marcia del 1992/1993 che si chiamava La marcia per lo sviluppo e che coinvolgeva una serie di comuni della zona geografica chiamata Sulcis. Mi aveva molto incuriosito questa grande manifestazione popolare con tutta questa gente che era animata e hanno iniziato a fare una protesta forte ma anche un momento culturale. Si sono uniti, hanno girato per tutti questi paesi, poi si sono fatti forza e sono arrivati fino a Roma. Mi aveva incuriosito questo grande fatto popolare e mi aveva incuriosito che era stato documentato benissimo con tanto di immagini.
Da quell’episodio sono andato un po’ a ritroso e ho pensato di voler approfondire più di un secolo di lotte per il lavoro ed entrare meglio in questo fatto del diritto al lavoro che è sempre sulla bocca di tutti, soprattutto in quegli anni, ma anche in questi.
Mostrare e insegnare
A colpire è, come detto, il modo in cui presenti le immagini e i fatti. Le varie proteste, i vari scioperi e le varie interviste/video d’archivio sono intervallate da testimonianze che sembrano quasi spiegare (non a caso la maggior parte è a opera di un professore) quello che abbiamo visto o quello che vedremo. Come hai lavorato in questo senso? Sembra una sorta di “lezione”. Si può parlare di lezione?
Ho sempre toccato temi sociali e sono sempre rimasto colpito da questi temi. Io a volte nei documentari che faccio (ma anche nelle fiction e nelle docufiction) trovo sempre chi evoca personaggi. In questo mi sembrava molto importante che ci fosse una persona ferrata su questa materia, ma allo stesso tempo mi serviva una persona che aveva anche un piglio artistico. Gianni Loy, che è stato anche mio professore, è stato per noi a Cagliari e mi sembrava importante. Lui è stato anche film maker, è un poeta, uno scrittore di romanzi sempre a livello regionale. Ma era importante che ci fosse un accademico, con un piglio artistico perché lui cerca di romanzare (perché è così, io non gli ho chiesto di farlo).
Per me non è una sorta di lezione, ma è un approfondimento cinematografico perché da regista parlo per immagini. Poi c’è una componente importante, quella del montaggio, con Fabrizio Federico, che ha montato molti lavori e che è molto attento al repertorio, a carpire il regista che cosa vuole e qual è la direzione. Sono andato comunque in una dimensione di semplicità, non volevo fronzoli e non volevo fare una cosa né troppo romantica né troppo tecnica.
Foto di Simone Ruggiu
A chi si rivolge?
L’argomento è molto attuale. Molto più di quanto si possa immaginare. E va verso un presente-futuro. Quasi spaventa vedere immagini di repertorio di anni fa pensando alla situazione attuale. Il lavoro di montaggio è sicuramente l’elemento più efficace e riuscito dell’opera. La voce over che spiega quello che vediamo è ciò che attualizza il documentario?
Sono anche temi sempre molto attuali. I tempi sono cambiati, non siamo più quelle persone, ma parliamo comunque sempre di questo, di diritti, di lavoro, di disoccupazione: è sempre tutto molto attuale. Per quello dico volumi di diritto da studiare e poi si parla di diritti semplici. Ho voluto avvicinarmi a questa realtà, a questa semplicità. Anche se a volte non è semplice. A volte quando fai un film del genere pensi che sia troppo semplicistico. Invece ti deve guidare la semplicità, devi arrivare a delle cose in maniera semplice.
Spesso si dice dei film e dei documentari andrebbe proiettato nelle scuole. Ecco, questo è uno di quei casi. Anzi, andrebbe forse fatto vedere anche a persone più grandi e a più persone possibile.
Sì, nelle scuole sì, ma speriamo più che altro nelle università perché i giovani secondo me hanno tanto bisogno di vedere che cosa è successo perché comunque la nostra storia è molto importante e il passato per cavalcare il presente ha bisogno di essere setacciato, di essere visto e studiato. Ho voluto anche approfondire per me questa cosa. Mi hanno aiutato tutti i personaggi che sono presenti, da Gianni Loy a Ken Loach e mi hanno dato una grande forza. Lui soprattutto che ha sempre parlato del tema del lavoro per tanto tempo può solo che far bene alla persona e al progetto.
Il lavoro di Peter Marcias con Ken Loach
Hai anticipato una mia domanda su come è stato lavorare con questi nomi, soprattutto con Ken Loach. Magari, in qualche modo, ti ha ispirato a pensare di approfondire ancora di più questo tema e svilupparlo in un film che non sia un documentario a tutto tondo.
È stato molto importante incontrarlo. Lo stavo inseguendo da tempo (era sempre molto impegnato), ma mi ha sempre detto di avere pazienza. Vederlo di personae dialogarci è stato una grande ispirazione. Si prende tutto il tempo per raccontare e per analizzare, cioè argomenta e ha gli strumenti per argomentare il presente.
Foto di Simone Ruggiu
Lui è un uomo di quasi 90 anni con una modernità addosso che fa invidia a tanti giovani. E devo dire che anche nel momento del montaggio è stato un punto di svolta. Ascoltare le sue parole, il racconto di quell’Inghilterra di quegli anni e di questi anni, mi ha dato anche tante suggestioni su cosa stanno facendo i governi europei e internazionali sul mondo del lavoro.
Lui ha uno sguardo a tutto tondo e riesce a essere molto preciso anche su questo. Spero di rivederlo e di mostrargli il documentario.
Un argomento universale tra presente, passato (e futuro)
Tornando al discorso fatto prima e al tema principale si può ribadire che il diritto al lavoro è il fulcro attorno al quale ruota l’intero documentario. Un diritto di tutti. Infatti nel film ci sono lavoratori di tutti i tipi così come qualsiasi persona: dal comune operaio addirittura al Papa. Perché si tratta di un argomento universale.
Sì perché volevo partire dal titolo uomini in senso di essere umano che marcia. Ci sono tantissime donne che parlano, protestano. Il documentario vuole parlare a tutti perché questa tematica tocca davvero tutti.
Poi io sono affezionato all’inizio quando c’è quel bambino che parla e dice sono venuto qui a protestare per sostenere mio padre. Poi racconto, oltre i lavoratori sardi, più di un secolo di lotte per il lavoro. Ci sono anche operai di altre zone d’Italia grazie ai tanti archivi messi a disposizione.
Nel documentario c’è un continuo salto tra passato e presente. Credi che le proteste di oggi abbiano lo stesso valore e la stessa importanza di quelle di un tempo?
C’è molto l’oggi perché il tema si presta a questo discorso. Un’altra cosa a tal proposito che ritengo importante sono le parole che dice Ken Loach alla fine che richiamano la questione dell’ambiente. Ora le lotte per il lavoro sono un po’ cambiate. Adesso si protesta tanto, ma ci sono anche altri modi per protestare.
Mi sembra che la direzione che stiano dando, soprattutto i giovani, sia quella dell’ambiente. Ken Loach avvicina la tematica dell’ambiente al lavoro e io credo che sia una delle cose più belle che si potessero dire perché comunque sia tutto passa dall’ambiente in cui viviamo. Se l’ambiente è confortevole e noi lo rispettiamo le persone sono molto più serene e lavorano meglio. E nei giovani vedo un grande impegno per le lotte per l’ambiente che sono una parte fondamentale. Si sta continuando a lottare.
Il tema dell’ambiente secondo Peter Marcias
Hai anticipato la mia domanda successiva proprio in merito al collegamento che Ken Loach fa con il clima e l’ambiente. Le due situazioni sono entrambe in continuo cambiamento, sono collegate. Penso alle attuali manifestazioni (che vengono mostrate) del cosiddetto Friday for Future. Come nei film di finzione, dove tutto si ricollega, anche qui, nonostante sia un documentario, tutto si ricollega in una spaventosa circolarità, sia del film che della realtà. Da una parte mi fa sorridere pensando alla sapiente costruzione del film, ma dall’altra mi spaventa pensando che siamo come un cane che si morde la cosa. Però alla fine, come hai detto, la sensazione è quella di speranza.
Certo! Comunque sia è importante protestare, far valere i propri diritti perché, soprattutto in Europa, ogni giorno i diritti vengono calpestati. La protesta è fondamentale, sempre nei limiti del rispetto della democrazia.
Foto di Simone Ruggiu
Allo stesso tempo sento che c’è tantissima speranza perché i giovani protestano, parlano di questi temi e credo che tutto questo sia in linea: è circolare perché c’è anche l’oggi.
Gianni Loy quando ci racconta sé stesso ci racconta di oggi. L’oggi è lì perché comunque si raccontano temi fondamentali. Sento che una nuova classe dirigente di lavoratori, di sindacati sta capendo, ma bisogna continuare a studiare e far leva su un fattore culturale, raccontare quello che è successo, far leggere, istruire.
Nell’ottica del guardare oltre e della speranza alla quale facevi riferimento, in realtà, fin dai primi istanti, si ha questa sensazione con il professore che guarda l’orizzonte. Si può leggere come il desiderio di guardare verso il futuro pensando e sperando che possa cambiare?
Sì, non a caso ho scelto Gianni perché è un uomo di speranza.
Peter Marcias dopo questo documentario
Hai già in mente qualche progetto futuro?
Sto lavorando a tantissimi progetti, tra cui uno che è un film d’animazione che si intitola Lo stato delle anime, tratto da un romanzo. E poi sto facendo altri documentari. Sono sempre attivo, mi piace investigare. Sono mosso dalla curiosità di cose che mi affascinano personalmente. Difficilmente faccio qualcosa che mi dicono altri o che mi vengono suggerite.
Cast e regista presentano il film
Uomini in marcia di Peter Marcias sarà nelle sale italiane dal 1° giugno. In alcune di esse la proiezione sarà accompagnata anche dal cast e dal regista che avranno modo di dialogare con il pubblico e presentare il film. Di seguito un elenco dettagliato con cinema e date:
Cagliari, al cinema Odissea 1° giugno
Sassari, Cityplex Moderno 2 giugno
Oristano, Ariston sempre 2 giugno
Iglesias, cinema Madison 3 giugno
Uta, cinema delle Vittorie 3 giugno
Roma, cinema Farnese 4 e 5 giugno
Milano, cinema Palestrina 10 giugno
Altre città e altri cinema sono in via di programmazione
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli