Emma Dante torna al cinema con una storia che la coinvolge ancora più pienamente, dedicando il suo terzo lungometraggio al figlio Dimitri. Costruendo dalla pièce teatrale omonima una favola dolcissima e disperata. Misericordia, presentato al SiciliAmbiente, ha al centro Arturo (l’incredibile danzatore Simone Zambelli), figlio della violenza maschile, accolto dalla natura, protetto da tre prostitute.
In un lembo di Sicilia di un’abbagliante bellezza, dove la terra abbraccia il mare, incastonato nella montagna, un neonato piange. Al suo cospetto, una pecora quasi a vegliarlo. Il bimbo, nudo, gira su se stesso e sorride in una ‘danza derviscia’ che lo porta al giovane uomo di oggi. Un uomo-bambino. Arturo cresce nel corpo ma non nella mente, relegato in un’innocenza tenerissima. Corre e gioca con gli altri bambini nella discarica a cielo aperto che ospita una manciata di derelitti. Capitanata da un guercio (Fabrizio Ferracane), suo padre e assassino, che tiene sotto scacco una manciata di donne, le sue puttane. Qui vive Arturo, accudito dalle due ‘zie’ Betta (Simona Malato) e Nuccia (Tiziana Cuticchio) e la giovane Anna ( Milena Catalano), nuova arrivata in quell’inferno da chi sa quale altro inferno.
Misericordia incarna la materia e l’anima dell’umanità degli esclusi, da sempre rappresentata con passione, violenza, dolore, dalla regista e drammaturga siciliana. Che santifica con immenso amore e dignità le donne martiri e sfruttate, alla mercé di un maschile di pura bestialità. Betta e Nuccia, consumate nell’età e nella vita misera, meschina, violentata, trovano conforto e bellezza nell’allevare Arturo. La sua innocenza espande una luce catartica su tutto il microcosmo squallido, immutabile nella fissità di un esistere marchiato da una lotta meschina di sopravvivenza. Il dono di una maternità mai vissuta concede alle tre donne che proteggono e si prendono cura di Arturo un riscatto esistenziale. Se la speranza per quel mondo è negata, per Arturo il destino non sarà un già scritto eterno.
Una stoccata al cuore e all’anima
Emma Dante si conferma anche nel visivo cinematografico un’autrice che costringe a guardare. Scava nella carne, nella materia, nei sentimenti, riportando in superficie quell’ancestralità dalla quale l’uomo crede illusoriamente di essersi emancipato. Il mondo degli ultimi, dei dannati nel limbo dell’abbandono, della dimenticanza, la riproduce in un vero e proprio stato ferino. Un pugno di esseri buttati in una natura dannatamente paradisiaca, prima madre di tutti (rifugio di Anna e Lucia quel mare incantato, dominato dal silenzio), incapaci di emanciparsi da tutte le miserie, da un male vissuto e riprodotto giorno dopo giorno.
Amatissime donne
Misericordia è un altro tassello necessario e preziosissimo sull’incarnazione femminile. Arturo nasce da un femminicidio. Il sacrificio, la resistenza impotente delle donne, schiacciate, prevaricate da un patriarcato brutale, dal quale non hanno i mezzi materiali e spirituali, fisici, per emanciparsi. Emma Dante non fa concessioni nel mostrare in tutta la sua spregiudicatezza cosa il maschio sia. Il piano sequenza, muto, terrificante, del sacrificio di Anna, è una vera e propria rivelazione.