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Conversation

‘Io e il Secco’ Conversazione con Gianluca Santoni

Con 'Io e il secco' Gianluca Santoni realizza un'opera prima che omaggia i 400 colpi per raccontare una fanciullezza costretta a crescere troppo in fretta. Del film abbiamo parlato con il regista

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gianluca santoni

Presentato in anteprima ad Alice nella Città e ora al cinema Io e il Secco di Gianluca Santoni è una sorta di 40o colpi italiano. Del film di François Truffaut quello di Gianluca Santoni ci regala lo sguardo su una fanciullezza costretta a crescere troppo in fretta.

Di Io e il Secco abbiamo parlato con il regista del film.

Night Swim con RAI Cinema in coproduzione con ANTITALENT e in associazione con SAJAMA FILMS. Io e il Secco è distribuito nella sale da Europictures. 

gianluca santoni

Io e il Secco di Gianluca Santoni

Il punto di vista di Denni è quello di un bambino un po’ diverso da quelli della sua età. Essere testimone degli abusi del padre nei confronti della madre lo ha costretto a crescere in fretta ed è per questo che tu adotti per lui uno sguardo in qualche modo adulto proprio perché sempre attaccato alla realtà. Unica eccezione è la fantasia che subentra nei momenti di rabbia in cui Denni immagina di far andare in tilt i lampioni della luce con il gesto di una mano.   

È esattamente così, Denni è un bambino costretto a crescere più velocemente per via dell’esperienza in cui si trova a vivere. Vedere soffrire la persona che ama di più e non poterla salvare è come una prigione. Però poi rimane sempre un bambino, con una parte di ingenuità. Anche se il suo è uno sguardo adulto, Denni conserva in parte la sua dimensione infantile.

Immagini che vanno oltre

In Io e il secco molte sequenze sono costruite per andare oltre a quello che vediamo. Mi riferisco per esempio a una delle introduttive in cui Denni si mette accanto alla madre occupando il posto del guidatore. Quella appena descritta secondo me è l’immagine simbolo dei sentimenti del protagonista che sta dicendo alla madre di non preoccuparsi perché sarà lui a occuparsi di lei. 

Sono molto contento che ti sia arrivata questa cosa perché il significato della scena era proprio quello. Denni si mette al posto del padre e al fianco della madre e dice andiamo, partiamo, salvo poi non sapere nel concreto come fare perché poi non è ancora capace di guidare, che in senso metaforico vuol dire che non può sostituirsi al padre. E, ancora, che la violenza del padre rischia di essere un’eredità terribile per lui. Il film infatti vuole indagare le possibili cause per le quali Denni potrebbe adottare la stessa violenza del padre per rispondere alle difficoltà della vita. Lo stesso vale anche per il Secco. Il film è il racconto della loro battaglia per trovare un nuovo modo di essere uomini e persone: diverso da quello che gli hanno insegnato gli adulti.

Un’altra sequenza importante per definire lo spazio d’azione dei personaggi è quella in cui la madre di Denni parla con il dottore del pronto soccorso dove si è recata dopo essere stata picchiata dal marito. Mentre lei parla al medico, senza dire la verità su come si è fatta male, l’inquadratura riprende solo lei lasciando il medico fuori campo e dunque alludendo che le bugie la donna le racconta prima di tutto a se stessa. Al contrario della scena finale dello stesso tenore in cui questa volta il medico è inquadrato da subito proprio perché la madre di Denni ha deciso di denunciare il marito raccontando al medico la verità dei fatti. 

È così e sono molto contento che tu sia riuscito a cogliere il significato di quelle scene. In realtà ce n’è anche un secondo, che è stato quello di raccontare il difficile ruolo di chi si trova a dover aiutare le persone vittime di violenza. Il dottore della prima scena è quasi paternalista. Non ha un tono utile per aiutare chi gli sta di fronte. Al contrario della dottoressa che nella scena conclusiva con molta dolcezza trova il modo di entrare in relazione con la donna, convincendola a chiedere aiuto. La scelta di non far vedere il dottore all’inizio e di mostrare la sua collega alla fine risponde a questo principio.

La solitudine nel film di Gianluca Santoni

La carrellata iniziale sul paesaggio che Denni guarda dal vetro della macchina ci mostra un agglomerato industriale reso ancora più triste dal grigiore della luce. Un contesto di cui ti servi per riflettere sul mondo esterno la solitudine interiore dei personaggi.

Racconto una provincia estremamente simile, con le dovute differenze, a quella in cui sono cresciuto. Mostrarla come ho fatto nel film doveva diventare la metafora del paesaggio interiore dei personaggi, restituendo anche la sensazione di isolamento in cui vivono. Se hai notato nel film ci sono pochissime comparse, proprio per aumentare la sensazione di solitudine derivata anche dallo spazio vuoto che li circonda.

In effetti volendo sintetizzare il linguaggio filmico del film potremmo dire che, se i campi lunghi ti servono per riflettere la solitudine dei protagonisti, i primi piani ne diventano una sorta di compensazione, rappresentando una sorta di carezza affettuosa data sui volti dei personaggi. 

Quello che ho cercato di fare è stato di avvicinarmi sempre con grande delicatezza e con estremo rispetto dei personaggi e del dolore che stavano vivendo. Volevo far capire che anche in un luogo come quello, se ci si avvicina alle persone nel giusto modo, si può scoprire l’ironia e la tenerezza, ovvero le armi più importanti che abbiamo a disposizione per resistere alla durezza a cui a volte la vita ci sottopone.

Io e il Secco: il paesaggio

Il paesaggio di Io e il secco è molto lontano dalla classica cartolina romagnola e dall’immagine ridente che spesso si dà di quei luoghi. Il mare per esempio oltre a essere in versione invernale è comunque solo lambito dai personaggi, rimanendo periferico rispetto al punto di vista del piccolo protagonista. L’acqua, che pure sarebbe a portata di mano, non è mai vissuta in prima persona, ma solo immaginata nel gioco tra Denni e il Secco all’interno della piscina vuota.  

Esatto, sono veramente molto contento che hai colto tutte queste sfumature perché è qualcosa su cui con tutti i reparti abbiamo lavorato tantissimo con lo scopo di restituire quanto hai detto. Sullo stesso tema nel film c’è un altro piccolo elemento e cioè la presenza delle piccole barchette, come quella disegnata da Denni sul vetro della cucina, o quella in cui si nasconde quando gioca a nascondino. L’idea che abbiamo avuto è stata quella di far vedere che ci sono queste barche in un posto dove c’è un sacco di acqua: c’è il mare, ci sono le valli di Ravenna. Eppure le barche sono sempre lontane e isolate dal mare, impossibilitate a muoversi. Il tutto per restituire la condizione di Denni, di sua madre e del Secco, costretti dalle circostanze diverse a non poter andare via da quel luogo.

Circolarità e immagini

La circolarità del racconto è resa da una sequenza altrettanto simbolica, quella in cui è il Secco a invitare Denni a sognare immaginando di nuotare nell’acqua che non c’è. Il fatto che prima sia stato Denni a farlo e che ora sia lui a farlo è il completamento del percorso di conoscenza che li farà diventare amici per sempre. 

Sì, è proprio così. È quel momento in cui entrambi capiscono che è possibile essere persone diverse dai modelli loro offerti. In quel momento la loro amicizia racconta la vittoria di un viaggio conclusosi in maniera positiva.

La precisione del testo è aumentata dalle immagini che ogni volta completato il significato delle parole. Quando Denni decide di iniziare il suo percorso di vendetta le immagini la traducono mostrando il bambino che oltrepassa la soglia di un luogo di vietato accesso come evidenzia il segnale posto in bella vista, corrispondendo in questo alla decisione di agire al di fuori delle regole. 

Quella sequenza fa parte del genere di film che volevamo fare. Questa storia, apparentemente cruda e realista, almeno nello spunto, volevo raccontarla come se fosse un’avventura. Attraversare la barriera e andare in quel posto in cui la mamma dice di non andare, significa chiaramente iniziare il percorso che porta a diventare grandi.

Omaggi e citazioni

Non posso non chiederti della scena in cui vediamo Denni correre sulla spiaggia e poi fermarsi. Per contesto esistenziale e ambientale, ma anche per la somiglianza di Francesco Lombardo a Jean Pierre Leaud a me ha ricordato quella de I Quattrocento Colpi. Anche Denni, come il protagonista del film di Truffaut, ne combina davvero di tutti i colori. C’era da parte tua questa intenzione?

L’intenzione non era quella di fare una citazione, ma sicuramente I 400 colpi è uno dei film visti e rivisti, dunque è inevitabile che qualcosa entri a far parte del tuo immaginario. Quindi a livello inconscio la mia risposta è sì.

L’incontro tra i due protagonisti è quello di due solitudini spinte a unirsi per necessità materiali. Nel far questo il film diventa un Buddy Movie italiano in cui alla fine ognuno troverà nell’altro la componente affettiva che gli è mancata.  

La verità è che, anche se sono lontani in tutto e per tutto, scoprono di essere come due fratelli figli dello stesso padre. Un padre che hanno rifiutato e che ora li rende uniti nella ricerca di un altro modo di essere uomini.

La scrittura di Gianluca Santoni con Michela Straniero

Io e il Secco ha dalla sua il fatto di essere ben scritto. Detto che la sceneggiatura l’hai realizzata con Michela Straniero, sceneggiatrice tra le più brave e interessanti in circolazione, mi è piaciuto il percorso che porta i protagonisti all’atto finale. Quello che succede prima della notte fatale non è un semplice riempitivo perché l’incontro con i diversi personaggi del film è la conseguenza di una trama che arriva a loro in maniera coerente con le vicissitudini dei protagonisti e non per un percorso già scritto. 

Ti ringrazio per le tue parole. Con Michela l’abbiamo scritto e riscritto un sacco di volte nell’arco di parecchi anni. Così è come se il film fosse cresciuto con noi. Alla fine il tono era come ce lo eravamo sempre immaginato. Abbiamo lavorato in maniera ossessiva per raggiungere quello che per noi è un dramedy. La struttura degli incontri deriva dal fatto di aver pensato a un film d’avventura, dove gli incontri con le persone non sono mai casuali, o fatti perché devono succedere per forza, ma rientrano nel disegno del percorso di crescita insita già presente dentro di loro.

Parlando di dramedy il film gioca molto sulla dialettica dei corpi dei due protagonisti la cui diversità di figura ricorda un po’ Don Chisciotte e Sancho Panza. Denni e il Secco sono una strana coppia che produce molto simpatia.

L’idea era quella, infatti cerchiamo spesso di farli vedere insieme per far notare la differenza di cui parli. Si tratta di una soluzione che permette di mettere insieme dramedy e avventura perché poi per Denni il Secco è una specie di super killer, un supereroe pronto a salvare lui e la madre dalle grinfie dell’odiato genitore. La differenza di fisicità tra Francesco Lombardo e Andrea Lattanzi va incontro a questa visione della storia.

Per il Secco l’incontro con Denni rappresenta un vero e proprio riscatto esistenziale nel momento in cui lui decide di andare fino in fondo assumendosi le responsabilità fin lì scansate. 

Quello che volevamo raccontare nella sequenza che precede il finale è l’accettazione della paternità del Secco. Prima lui la rifiuta perché si sente inadeguato al modello genitoriale. Salvo ricredersi nel momento in cui deve decidere se salvare Denni o voltarsi dall’altra parte. È lì che scopre di poter essere un padre, forse anche migliore di quello che lui ha avuto.

Il cast

Gli attori, tutti, nessuno escluso, fanno a gara per essere uno meglio dell’altro. 

Grazie mille! Sono molto grato a tutte e tutti loro.

gianluca santoni

In particolare Francesco Lombardo nella parte di Denni e Andrea Lattanzi in quello del Secco, ma anche Swamy Rotolo, al suo primo film dopo la vittoria del David di Donatello. 

Il punto di partenza è stato trovare l’attore che doveva essere Denni. Per farlo mi sono fatto aiutare da una giovanissima sceneggiatrice romagnola, Giulia Campi, alla quale ho chiesto se era interessata a fare l’esperienza dello street casting, che sono contento abbia accettato. La ricerca è stata lunghissima al punto che abbiamo prima trovato l’interprete per il Secco. Ho provinato attori italiani davvero bravi, ma Andrea aveva qualcosa in più: la capacità di vivere il personaggio senza filtri. Lui è abituato a lavorare così, avvicinare il più possibile a sé il personaggio in maniera scomoda, vivendone ogni emozione in prima persona. Infatti per lui ogni ruolo è sempre una fatica fisica e mentale enorme. Lui ha un’incredibile tenerezza nascosta da questa corazza da tipo tosto, da strada, che poi in realtà non corrisponde fino in fondo a quello che c’è dentro. Per questo lui sembrava fatto a posta per essere il Secco.

Poi è toccato a Denni, che doveva essere capace di trovare la giusta alchimia con Andrea. Proprio Andrea mi ha aiutato moltissimo facendomi da spalla durante i provini. Tra tutti Francesco era quello che aveva lo sguardo da adulto, con tanta rabbia dentro, senza mai perdere la tenerezza, un elemento chiave per il personaggio di Denni. Lo stesso vale per Swamy. Mi sento molto fortunato ad aver lavorato con lei in questo film. Anche lei, come Andrea, vive i personaggi attraverso l’istinto. Con Andrea formano una coppia che suscita simpatia e tenerezza all’interno del comune dolore dei loro personaggi. Ma ci terrei a parlare di Barbara Ronchi, che sta vivendo una carriera incredibile. Per me è un onore sapere che Io e il Secco è nella sua filmografia. Lo stesso vale per Andrea Sartoretti, che ha fatto qualcosa di complicatissimo interpretando il padre di Denni. Il “lavoro sporco”, come dice lui. Senza dimenticare Alessandro Bernardini che mi ha aiutato molto nel ruolo che ha interpretato.

Con loro hai improvvisato o avete fatto delle prove prima di arrivare sul set?

Il lavoro non è stato quello di provare le battute, ma di lavorare sui personaggi e sulle relazioni. Spesso mi capitava di provare con gli attori scene di vita comune che avevano dinamiche uguali a quelle del film, ma senza ricorrere alla sceneggiatura. Questo mi è servito per vedere come funzionavano le loro dinamiche, senza però rovinare la spontaneità con cui avrebbero dovuto poi recitare le singole battute. Francesco per esempio non ha avuto la sceneggiatura. Quasi sempre ha recitato ripetendo le battute che gli dicevo prima di andare in scena. Gli spiegavo la situazione in cui si trovava e lui riusciva subito a farla con il tono necessario. Alla fine quello che hanno recitato è in gran parte esattamente quello che c’è scritto nel testo, con qualche piccola aggiunta. L’arma in più è stata la sintonia tra Francesco e Andrea e il fatto che sono diventati subito amici.

Il cinema di Gianluca Santoni

Parliamo del cinema che ti piace sia come regista che come spettatore. 

Faccio molta fatica a risponderti perché guardo un sacco di cose diverse. In generale non mi innamoro degli autori o delle autrici, ma dei singoli film. Ho una predilezione per i film che mettono al centro i personaggi e le relazioni. Tra questi mi piacciono molto quelli di Ken Loach, oppure This is England di Shane Meadows che ho amato moltissimo. Poi ti dico che sono un grandissimo fan di tutta la saga di Harry Potter.

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Io e Il Secco

  • Anno: 2023
  • Durata: 99
  • Distribuzione: Europictures
  • Genere: drammatico, commedia
  • Nazionalita: Italia, Croazia
  • Regia: Gianluca Santoni