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Interviews

Intervista a Robert Guédiguian per il suo ‘E la festa continua’

Con questo film il regista torna ancora una volta nella sua Marsiglia. Del titolo passato in concorso alla Festa del cinema di Roma e ora al cinema ha parlato a Taxidrivers

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robert guédiguian Et la fête continue

Il nuovo film di Robert Guédiguian, E la festa continua (Et la fête continue!),  presentato in concorso alla Festa del cinema di Roma 2023 è ora in sala con Lucky Red.

Il film è una produzione Agat Films in coproduzione con Bibi Film e France 3 Cinéma.

Robert Guédiguian abbiamo chiesto qualcosa del suo Et la fête continue! 

Robert Guédiguian e il suo Et la fête continue!

L’inizio del film sembra quasi documentaristico. Quelle che vengono mostrate sono delle immagini d’archivio, in riferimento a un fatto realmente accaduto. È corretto dire che fanno pensare che ciò che vedremo dopo sarà qualcosa di reale e autentico? Seppur non raccontato sotto forma di documentario, quello che vediamo dopo è qualcosa di verosimile.

Sì e no. Credo che il film voglia mostrare come, a partire dal reale, bisogna fare della finzione. A partire dalla realtà il cinema deve esprimere un punto di vista su questa stessa realtà. Attraverso la finzione e la narrazione ci si impegna nella finzione. Si parte dalla realtà, come la statua di Omero, si fa della poesia, si interpreta la realtà, si fanno delle cose che sono più reali della realtà. Esse operano delle scelte nel reale e danno un punto di vista dell’autore. Dopo il punto di vista dell’autore è lo spettatore che guarda la proposta, la analizza e valuta se è d’accordo o meno.

robert gédiguian Et la fête continue

Per questo motivo abbiamo fatto questo prologo.

La coralità

Un aspetto che colpisce dei tuoi film è il fatto che si tratti spesso di racconti corali dove i personaggi si intrecciano e non c’è un vero e proprio protagonista assoluto. Si può dire che ce n’è uno che più degli altri tira le redini di tutto e che cerca di mettere d’accordo e far riflettere, ma, nonostante ciò, riesci abilmente a dare lo stesso spazio e la stessa voce a tutti. E questo permette anche di trattare tanti temi che lasci poi elaborare allo spettatore. La genesi del film nasce dal personaggio centrale o dalla storia che poi ti permette di individuare quello che potrebbe essere il protagonista?

Credo che il cinema, come il teatro e come tutte le narrazioni, abbia bisogno di personaggi principali, ma anche di personaggi secondari. Se si vuole parlare del popolo, se si vuole fare un cinema popolare bisogna mostrare la diversità del popolo (persone più giovani e più anziane, persone che agiscono in un certo modo, storie d’amore). Credo che quello che si debba fare è creare e mostrare un insieme. Per descrivere una società bisogna mostrare più personaggi. Usare più personaggi permette di trattare tanti temi che attraversano una società.

Per quanto mi riguarda il punto di vista era mostrare le differenti forme di azioni collettive della nostra società (le azioni collettive per l’Armenia, per gli immigrati, per la politica municipale e le elezioni). Sono modi diversi d’agire. Ciascuno deve scegliere cosa è meglio. Volevo abbracciare personaggi che hanno la volontà d’agire e di fare della politica, ma in modo diversificato. Non c’è un modo unico per fare la politica. E non c’è un solo modo per raccontare una storia.

Una metafora del mondo?

Tornando all’inizio del film, il crollo delle palazzine, in un primo momento, sembra soltanto un espediente, come detto prima, per affermare che ciò che vedremo è autentico. Poi, nel corso della storia, viene ripreso e, in qualche modo, influenza le decisioni dei personaggi. Addirittura sembra quasi che sia una metafora delle dinamiche stesse tra i personaggi. Così come inizialmente ci sono degli equilibri e tutto sembra andare per il meglio, improvvisamente tutto può crollare da un momento all’altro, che si tratti di palazzi o di relazioni e certezze. Il crollo iniziale, quindi, è presupposto e metafora molto più ampia?

Sì, assolutamente. Per me questo crollo è trattato nel film in modo metaforico, come un fondamento per fare la politica per noi anziani. È il fondamento dei nostri valori. I partiti ora non funzionano più come prima e nemmeno i sindacati. Quindi bisogna continuare ad agire in questo modo, come fa Rosa, come fa Alice.

robert guédiguian Et la fête continue

Importante è infatti l’idea di battezzare la piazza (che ha una storia ben precisa) per darle un nome. In questo modo i giovani che ci passeranno sapranno cosa è successo: è un modo di fare politica e storia, perché non si dimentichi, soprattutto per i giovani. Credo sia una maniera forte di agire.

Robert Guédiguian all’interno del suo Et la fête continue!

Un altro elemento ricorrente nella tua filmografia è Marsiglia che, anche in questo film, è protagonista. La sensazione è che la città si muova in funzione dei personaggi e i personaggi in funzione della città. Alice scrive sulla città e su cosa è successo, Rosa entra in politica per il bene della sua città. E a sottolineare tutto questo c’è Omero (“era cieco ma non sordo”) che vede la città. Scruta i personaggi, le loro decisioni, le loro evoluzioni costantemente per tutta la durata del film. A tutti gli effetti è un protagonista della vicenda. È una sorta di tuo alter ego? Lui osserva in silenzio e, allo stesso modo, te, in quanto regista, osservi e film la realtà. Una realtà che è proprio la tua, in quanto legata alla città di Marsiglia.

Sì, è così, con tutta la modestia possibile. Non si sa se Omero sia davvero esistito, non ci sono certezze. Il regista, poi, è qualcuno che parla al posto degli altri. In Francia si usa l’espressione écrivains publics cioè qualcuno che scrive per gli altri. Qualcuno che scriveva le lettere d’amore per chi non sapeva scrivere o che scriveva lettere ai bambini o alle mamme per conto di coloro che erano in guerra. Si facevano pagare poco per scrivere al posto degli altri.

Allo stesso modo il regista racconta la storia e scrive dei personaggi per gli altri. Guarda gli altri e scrive al loro posto. Scrive quello che gli altri potrebbero dire.

Per quanto riguarda Marsiglia, invece, la amo perché è la città dove sono nato e perché è una città che contiene il mondo intero. Ci sono anche molti italiani e attira, anche grazie al suo clima, molte persone che sono stanche della vita contemporanea e cercano qui il benessere. C’è un bel clima, i prezzi sono meno alti, e ci sono molti stranieri, come l’Alice del film. Persone che non sono di Marsiglia, ma che vengono in città. Quindi ci sono immigrati di tutti i paesi. Tutto si mescola a Marsiglia.

Il personaggio di Rosa

I momenti in piscina con Rosa che riflette e dà voce (seppur fuori campo) ai suoi pensieri sono come un diario dell’intero film. Hai scelto lei come protagonista perché è quella apparentemente con meno vincoli, ma allo stesso tempo anche quella con più vincoli? O perché è quella che, nonostante tutto, è colei che incarna più di chiunque altro la speranza?

È giusto quello che dici e mi fa piacere. Se dovessi descrivere il film in un altro modo direi che è un diario segreto mascherato, dove la parola si incarna in molti personaggi. È vero che sono più vicino per la mia biografia ai personaggi più anziani. Rosa e Henri (e più precisamente Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin) sono la mia generazione, anche nelle citazioni, fanno riferimento a molti libri letti e a molte citazioni.

Sono, però, vicino anche ai giovani perché ascolto il loro punto di vista e riconosco il come e il perché criticano noi, per il fatto che ci siamo appropriati dei giovani attraverso un nuovo modo di agire. Credo che oggi ci siano dei cambiamenti, dei giovani che riformano dei collettivi, che non vogliono vivere come il capitalismo ci vuole imporre. Le preoccupazioni etiche sono la speranza che ho oggi nel mondo che viene.

Tornando al personaggio di Rosa, la scena in cui lei è sul palco, da sola, è emblematica del personaggio e di quello che vuole essere il messaggio del film, un messaggio appunto di speranza. Non a caso è lei che pronuncia la frase “Niente è finito e tutto comincia”. Si può dire che in questo caso ti sei sostituito a lei? Hai preso in prestito il suo personaggio per parlare direttamente con il pubblico e lanciare il messaggio del film?

Quella a cui fai riferimento è l’ultima frase. Sì! Lei praticamente dice che bisogna andare oltre il passato, fare uno sforzo di pensare in questo modo. Non bisogna lasciarsi andare alla tristezza e alla nostalgia, ma bisogna pensare che il mondo di domani non sarà peggiore, ma migliore. E per questo bisogna entrare in azione.

Il messaggio del film di Robert Guédiguian Et la fête continue!

Lo sguardo verso il mare è liberatorio e apre a nuovi orizzonti, ma è sintomatico il fatto che comunque noi rimaniamo sempre un passo indietro. Non riusciamo a vedere completamente l’orizzonte perché lei copre una parte della visuale. Perché? Perché il film trasmette speranza, ma non è una speranza assoluta e universale? E/o perché ognuno deve essere in grado di costruirsi la propria?

Bisogna abbandonare la costruzione, noi diventiamo un mezzo per costruire la vita. Soprattutto nei momenti in cui intorno a noi sembra tutto drammatico. Sembra che quello che succede intorno a noi, a livello internazionale, non ci tocchi. Ma in realtà viviamo tutti nello stesso mondo. Le problematiche dei personaggi sono le stesse in tutto il mondo.

C’è ancora speranza?

Il film è anche molto attuale. Sono temi universali e ultimamente sempre più presenti. Sembra quasi guardare al futuro attraverso i temi che presenta.

Sì, mi sembra che sia un elemento ricorrente nei film che amo e nel cinema che amo (un cinema che solleva questioni di tutta l’eternità). Il contenuto deve essere universale. Quelli che mi piacciono, che ho visto e che mi hanno formato sono film che appartengono al cinema italiano, americano, russo, ma le problematiche, le motivazioni e i personaggi mi toccano direttamente perché penso di farne parte anche io perché viviamo tutti nello stesso mondo.

Non a caso il titolo scelto è emblematico: Et la fête continue! come a dire che ancora bisogna scrivere una parte di storia che, se scritta in un certo modo, si può trasformare in una festa.

Esattamente. Ha un doppio significato il titolo e per questo ho messo il punto esclamativo. Sia come qualcosa di certo, sia come qualcosa che potrebbe continuare, ma sta a noi decidere.

Pensa che avevo già in mente il titolo prima di cominciare a scrivere il film. È come se volessi dire che la vita continua.

Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli

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Et la fête continue!

  • Anno: 2023
  • Durata: 106'
  • Distribuzione: Lucky Red
  • Nazionalita: Francia
  • Regia: Robert Guédiguian