All’interno del 21° Florence Queer Festival, il festival dedicato alle culture queer, è stato proiettato Bellezza, addio, il documentario rivolto al poeta romano Dario Bellezza. La pellicola ha fatto il suo debutto all’interno della Mostra Internazionale del Nuovo Cinema di Pesaro 2023.
Il lavoro dei registi Carmen Giardina e Massimiliano Palmese segue l’omaggio che gli stessi hanno fatto, in precedenza, a un altro autore queer, Aldo Braibanti. Per il titolo, Giardina e Palmese hanno preso spunto dalla raccolta epistolare omonima di Anna Maria Ortese.
L’omaggio a Dario Bellezza
Il lavoro dei due registi e autori racchiude un periodo storico di interesse culturale rilevante e legato al mondo della poesia. Dario Bellezza è il protagonista indiscusso di questo approfondimento ma Giardina e Palmese riescono a portare alla luce anche la realtà che lo circondava.
I due registi ripercorrono le vie dell’autore di Lettere da Sodoma, anche in senso letterale. Non usano una struttura cronologica lineare, preferiscono sfogliare l’esistenza di Bellezza per tematiche. Questo tipo di esplorazione non va a inficiare sull’efficacia della narrazione, anche se alcune parti possono essere meno approfondite. Come lo scandalo sulla terapia di Giuseppe Marineo, che usava un macchinario a suo dire efficace contro l’AIDS, a cui Bellezza si stava sottoponendo.
L’inizio del film parte da questo momento apicale, ovvero il pubblico ludibrio nei confronti di Bellezza, a causa di un articolo di giornale che rendeva pubblica la sua malattia. L’AIDS, o Monsieur SIDA – come Bellezza chiamava il suo compagno di viaggio – fu usato per cercare di demolire un personaggio che era già in un momento di difficoltà.
Bellezza, addio – Dario Bellezza
Una vita dedicata al suo amore: la poesia
Dalle immagini che scorrono non si può eludere l’evidenza che il poeta romano avesse fatto una scelta di vita ben precisa: legarsi all’arte che amava in maniera indissolubile. Un amore che lo portava a lotte estreme anche contro quelli che erano pilastri della cultura dell’epoca come Cesare Pavese, che il poeta romano trovava mediocre e finto borghese.
Questa sua irriverenza, mal vista da buona parte dell’ambiente letterario di quegli anni, era frutto della sua passione e del desiderio di poter emergere. Una volontà non facile, soprattutto in una società consumista e poco incline al riconoscimento del lavoro di artista. Una decisione che aveva costretto il poeta romano a richiedere il vitalizio previsto dalla legge Bacchelli.
Il cortometraggio scivola lungo l’esistenza di Bellezza, fra la sua venerazione per Pier Paolo Pasolini – di cui fu segretario – e l’amicizia irrimediabilmente compromessa con Elsa Morante. Fra gli altri, troviamo interventi di Franco Cordelli, Elio Pecora, Nichi Vendola, Ninetto Davoli, Maurizio Gregorini, Paco Reconti e Giuseppe Carrera. Ma sono soprattutto i racconti di Barbara Alberti e Fiammetta Jori che ci accompagnano all’interno di quella famiglia, che oggi definiremmo queer, a cui Bellezza apparteneva. Tutto ciò senza dimenticare la parte puramente artistica, come il Festival Internazionale dei Poeti del 1979.
Bellezza, addio – Barbara Alberti
Un racconto dove tante sono le persone che portano il loro contributo e dove sono molti i filmati recuperati dagli archivi d’epoca. Una ricerca che è sicuramente indicativa della passione di Giardina e Palmese. Fra tutti, spicca lo scontro fra Dario Bellezza e un giovane Aldo Busi: una contrapposizione fra artisti omosessuali in cui il primo soffriva la mancanza di notorietà e il secondo aveva trovato la via del successo popolare.
“Nel film, poeti, scrittori e amici di Dario danno un prezioso e affettuoso contributo non solo con le testimonianze personali, ma anche con un confronto a distanza sullo stato di salute della poesia, permettendo di allargare lo sguardo dal mero racconto biografico ad un orizzonte più ampio” (Carmen Giardina)
La classicità di Giardina e Palmese
L’esposizione per immagini di questa storia interessante avviene in maniera classica, fra interventi attuali – alcuni dei quali paiono poco spontanei – e filmati affascinanti di repertorio. Andrea Campajola riesce a creare dei passaggi che non siano netti e men che meno didascalici, accompagnando lo spettatore in quella Roma d’altri tempi.
Il lavoro diventa così didattico, un po’ elitario, rivolto ad appassionati e meno portato verso giovani spettatori, abituati a una narrazione più immediata e con mezzi di trasmissione più smart.
La musica ha una parte fondamentale in questa narrazione. Il commento musicale di Pivio e Aldo De Scalzi è sicuramente significante, anche se alle volte trasbordante. Questa presenza importante rischia di surclassare il racconto di una Roma d’altri tempi, dove l’omosessualità non doveva essere per forza riconosciuta, come retaggio del periodo fascista.
“Ancora una volta, la collaborazione con Pivio e Aldo De Scalzi è stata per me basilare, la colonna sonora è uno dei pilastri su cui è costruita l’architettura del film. Una musica che non si nasconde, anzi, diventa quasi un personaggio in più, spaziando dall’elettronica al lirismo dei brani orchestrali” (Carmen Giardina)
La Sodoma capitolina di quegli anni, fatta di serate a L’Alibi, di battuage notturni e di closet, iniziava a lasciare spazio al pride, che incominciava a sbocciare grazie anche a movimenti come Fuori! Un passaggio storico che assume un valore ancor più rilevante all’interno di una manifestazione come il Florence Queer Festival.