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FESTIVAL DI CINEMA

“Kauwboy”, diretto da Boudewijn Koole, è stato presentato presso la quinta edizione del Fiuggi Family Festival

Trionfatore al sessantaduesimo Festival di Berlino come migliore esordio, Kauwboy, produzione dei Paesi Bassi diretta da Boudewijn Koole, è rientrato tra i titoli presentati presso la quinta edizione del Fiuggi Family Festival

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Trionfatore al sessantaduesimo Festival di Berlino come migliore esordio, Kauwboy, produzione dei Paesi Bassi diretta da Boudewijn Koole, è rientrato tra i titoli presentati presso la quinta edizione del Fiuggi Family Festival.

Sceneggiato dallo stesso regista insieme a Jolein Laarman, racconta la vicenda di Jojo alias Rick Lens, ragazzino di dieci anni che finisce per trovare consolazione nell’accudire un piccolo merlo abbandonato, in quanto si vede costretto alla convivenza con il burbero padre, guardiano notturno; perché la madre, cantante country, sembrerebbe essere in tournée negli Stati Uniti.

Quindi, mentre viene tirata in ballo anche una coetanea che frequenta la stessa piscina di Jojo, una vicenda incentrata su un’insolita amicizia, oltre che destinata a far respirare una certa sensazione di solitudine.

Sensazione ulteriormente accentuata dalla scelta di porre in scena pochi personaggi, man mano che la macchina da presa quasi sempre in movimento provvede a fornire un effetto di realismo che non fa distaccare troppo il look dell’insieme da quello dei documentari.

Però, tra verità destinate a emergere (a dire il vero, piuttosto prevedibili) e fragile esistenza del protagonista messa in pericolo, i circa ottantuno minuti di visione sembrano mancare della giusta dose di situazioni interessanti atte a coinvolgere in maniera efficace lo spettatore dall’inizio alla fine del film.

Quindi, nonostante la buona prova del cast, comprendente anche Loek Peters e Cahit Ölmez, è facile avvertire la tendenza dell’insieme a cadere nella morsa della noia, accentuata, oltretutto, dai lenti ritmi di narrazione.

E anche la sua drammatica parte finale, probabilmente pensata per spingere il pubblico alla commozione, agli occhi dello spettatore italiano rischia soltanto di assumere toni grotteschi.

Anche se quest’ultimo è un aspetto che andrebbe valutato attraverso lo sguardo di coloro che sono residenti nella patria dell’operazione, di sicuro maggiormente portati per tipologie di racconto su celluloide del tutto diverse da quelle che caratterizzano i nostri lungometraggi o i prodotti a stelle e strisce.

Francesco Lomuscio

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