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Cinema queer: 5 pellicole straordinarie

Il cinema LGBTQ+ attraverso una selezione di lungometraggi da non perdere.

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Restano pochi giorni all’uscita del nuovo film di Ferzan Ozpetek su Netflix, intitolato Nuovo Olimpo. Consolidato promotore cinematografico della cultura LGBTQ+, Ozpetek è celebrato per la sua capacità di abbracciare e rappresentare le molteplici sfumature del sentimento amoroso. Ciononostante, la settima arte è vasta e varia. Nel corso degli anni, molte opere hanno esplorato le intricate tematiche di un genere che è costantemente prossimo alla sperimentazione di nuovi linguaggi.

Di seguito proponiamo 5 titoli rappresentativi della corrente New Queer Cinema.

Cinema queer agli eccessi: Party Monster (2003)

Scritto e diretto da Fenton BaileyRandy Barbato, Party Monster è un film del 2003 che tratta la vera storia di Michael Alig, definito il King of Club Kids. Il protagonista è interpretato da Macaulay Culkin, il bimbo prodigio dei più noti Mamma ho perso l’aereo (1990) e Richie Rich  (1994), stavolta alle prese con un ruolo eccentrico e stravagante, orientato ad un apoteotico successo insito di pericolosi eccessi.

Anni ’90. Trasferitosi a New York, Michael conosce James St. James (Seth Green) che lo introduce all’ ambiente delle feste fino a renderlo uno degli organizzatori di eventi mondani più in voga del momento. Droghe, moda e ambiguità sessuali accompagnano il successo del protagonista, che all’apice della notorietà commette un omicidio. Il delitto, confessato all’amico James, inizialmente viene preso come uno scherzo, ma alla vista del cadavere, egli come altri troverà il traumatico evento conveniente per riacquisire la popolarità sottrattagli da Michael.

Party Monster cattura l’anima più estrema ed eccentrica della queer culture, con costumi sfavillanti, personaggi particolarmente stravaganti e sfrenato desiderio di apparire. Il plot evolve in un tumulto di eventi, mettendo in evidenza l’insolita amicizia tra i protagonisti in una bizzarra competizione per dominare la scena della Grande Mela. Chiari riferimenti e un’esagitata necessità di espressione sussurrano alla cultura drag, seppur privandola di un adeguato contesto scenico e delle radici artistiche che ne costituiscono il fondamento distintivo. La libertà individuale si intreccia con la rimozione delle barriere sociali, ma l’uso di droghe e alcol non contribuisce all’obiettivo di emancipazione e inclusione, enfatizzando, invece, un evidente senso di grottesco. Party Monster, sebbene adotti un linguaggio attuale, non incarna una visione intrinsecamente moderna. Al contrario, si rifugia in schemi predefiniti e politicamente scorretti, all’interno dei quali si dimostra a proprio agio.

Scena tratta dal film Party Monster

Contro le tradizioni: I Segreti di Brokeback Mountain (2005)

Sotto la direzione di Ang Lee e con un cast straordinario che include i protagonisti Heath Ledger e Jake Gyllenhaal, I Segreti di Brokeback Mountain ha ricevuto l’approvazione unanime della critica, come dimostrato dalle sue otto candidature agli Oscar del 2006, tra cui tre prestigiosi premi: Miglior Regia per Ang Lee, Miglior Sceneggiatura non originale attribuita a Larry McMurtry e Diana Ossana, e Miglior Colonna Sonora realizzata da Gustavo Santaolalla.

Nel pittoresco Wyoming del 1963, un allevatore assume due cowboy per condurre un gregge di pecore a Brokeback Mountain. Jack Twist (Jake Gyllenhaal), loquace ed estroverso, e Ennis del Mar (Heath Ledger), schivo e taciturno, sono costretti a confrontarsi con le reciproche differenze. Obbligati a trascorrere l’estate insieme, dopo un periodo di assestamento i due cominciano a conoscersi, condividendo segreti e passioni. Nasce un’amicizia che gradualmente diviene un amore profondo. Tuttavia, alla fine dell’estate, le circostanze sembrano separarli irrimediabilmente.

Ne I Segreti di Brokeback Mountain , si assiste ad una delle più romantiche trasposizioni dell’amore omosessuale sul grande schermo. L’ambientazione e il periodo in cui si svolge la storia aggiungono un tocco di malinconia a una trama coinvolgente, intrisa di un amore ostacolato dai pregiudizi di un contesto radicato nelle tradizioni,  che costantemente mette alla prova i due amanti. Una trascrizione lineare: un amore che inizia e affronta le difficoltà di una società che rimarca con astio la differenza di genere. Al contempo, una rappresentazione magistrale del disagio e delle imposizioni dettate dall’assenza di un’alternativa all’impreparata epoca. Il tenore crepuscolare, tempi nostalgici e contorno opprimente sono gli elementi che fortificano le qualità interpretative dei due protagonisti, collocando l’opera nella sfera più intima del cinema queer.

Disponibile su: Apple TV+ , Rakuten TV , ChiliGoogle Play , Prime Video

Cinema queer d’attualità: Mater Natura (2003)

Mater natura, il film d’esordio di Massimo Andrei, viene presentato in Italia nel corso della XX Settimana internazionale della critica di Venezia del 2005, ottenendo il premio del pubblico.

Nel cast emergono Maria Pia CalzoneValerio Foglia Manzillo Vladimir Luxuria.

Napoli è il teatro della storia d’amore tra la prostituta transgender Desiderio (Maria Pia Calzone) e Andrea (Valerio Foglia Manzillo). Un amore che convince Desiderio ad abbandonare la strada per costruire un futuro con Andrea. Ma la vita è imprevedibile e, inaspettatamente, Andrea decide di abbandonarla per sposare Maria, sua compagna da tempo e in attesa di un bambino. Gli amici Europa e Massimino, ognuno alle prese con i propri problemi, sostengono Desiderio, illusa dalle aspettative. Tuttavia, un evento drammatico cambierà irrimediabilmente il corso delle loro vite.

Ambientato nella Napoli di inizio anni 2000, la storia di Desiderio e dei suoi amici si scontra pesantemente con un contesto criminale e di rifiuto. La commedia dal tono ironico lascia intravedere il grigiore di un profondo dramma esistenziale. Le tematiche affrontate sono varie e, anche se non spulciate nei minimi dettagli, colpiscono per il loro valore attuale: la lotta con un corpo non accettato, il conflitto tra la repressa individualità e l’esuberante esteriorità, e il senso di minoranza di fronte a chi oscilla tra indifferenza e ingiustificato astio. Il film offre momenti di leggerezza e ilarità, ma questi risaltano ancor di più in contrasto con la triste realtà vissuta dalla comunità trans napoletana. Uno sguardo autentico sulla dura condizione di chi lotta per sopravvivere. Tuttavia, emerge anche la costante forza di rialzarsi e reinventarsi, incarnando l’autentico spirito partenopeo nell’arte di arrangiarsi.

Disponibile su: YouTube

La forza femminile: Viola di Mare (2009)

Film del 2009 per la regia di Donatella Maiorca, Viola di mare è basato sul romanzo Minchia di re scritto da Giacomo Pilati. Il film ha ottenuto due nomination ai Nastri d’Argento nel 2010, come Migliore attrice protagonista per Valeria Solarino e Miglior canzone con Sogno di Gianna Nannini edita nell’album Gianna Dream del 2009. Oltre alle protagoniste Valeria Solarino Isabella Ragonese, il cast vanta la partecipazione di Maria Grazia Cucinotta.

Nella Sicilia di metà Ottocento, Sara e Angela condividono un passato di difficoltà infantili e crescono come inseparabili amiche. Sara perde suo padre durante la guerra, mentre Angela è costretta dal suo a sposare un uomo che non ama. Con il passare degli anni, entrambe scoprono un legame reciproco più profondo di un semplice affetto. Tuttavia, comprendono che la società dell’epoca non è pronta ad accettare la loro unione, spingendo una delle due a prendere una decisione: diventare un uomo.

Viola di Mare ci regala un affascinante viaggio nel tempo, riportandoci alle radici di una società ermetica verso i cambiamenti. Questo film, ambientato nella Sicilia ottocentesca, offre uno sguardo storiografico e antropologico fondamentale per comprendere la complessa relazione tra le due donne. Il loro atteggiamento come subordinate agli uomini amplifica la complessità della relazione tra Angela e Sara, costantemente messe alla prova ma profondamente innamorate l’una dell’altra. Il conflitto tra tradizione e modernità si fa presente in modo inesorabile, con la netta prevalenza della prima sulla seconda. Maiorca, tuttavia, estrae il coraggio dalla figura femminile, la forza di rinnegare la propria identità per difendere ciò che ama. Un coraggio che non ammette compromessi in un’epoca priva di diritti, ma che attraversa le ere storiche per consacrare la verità di un sentimento.

Disponibile su: PrimeVideo

 

 

Isabella Ragonese e Valeria Solarino in Viola di Mare 

Cinema queer e ribellione sessuale: Great Freedom (2021)

Selezionato per rappresentare l’Austria agli Oscar 2022, nella sezione Miglior film internazionale, Great Freedom è diretto da Sebastian Meise. Il film vanta un palmarès di diversi premi in Europa:  European Film Awards del 2021 (Miglior fotografia a Crystel Fournier e Miglior colonna sonora a Peter Brötzmann e Nils Petter Molvær), Festival di Cannes del 2021 (Premio della giuria Un Certain Regard) e Torino Film Festival del 2021 (Miglior attore a Franz Rogowski).

Hans Hoffmann (Franz Rogowski), sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti in cui era imprigionato a causa della sua omosessualità, vive tra la libertà e l’ombra del carcere. L’articolo 175 per cui è divenuto vittima dell’Olocausto continua a negare i diritti degli omosessuali, processandoli e condannandoli se colti in flagrante. Il protagonista, con il supporto di vari flashback, vive la sua ennesima esperienza detentiva tra i ricordi del passato e un presente in cui tutto sembra immutato.

Il suggestivo film del regista austriaco inizia con l’occhio dello spettatore fissato al mirino della cinepresa, scrutando gli incontri occasionali del protagonista. Questi fugaci momenti di passione sono racchiusi in un riquadro ristretto, quasi a simboleggiare la limitata sfera in cui gli omosessuali sono costretti a vivere, cercando di soddisfare le loro pulsioni. Nella prima parte del film, emergono sentimenti sterili e primordiali, che si sovrappongono alla volontà di affermare la propria identità. Il semplice atto sessuale diventa un mezzo di ribellione contro un sistema ostile. Solo in seguito, grazie a dei salti temporali, assistiamo a un approfondimento psicologico del protagonista, che si ritrova da solo, alla ricerca di qualcuno con cui condividere i suoi sentimenti. Una costante presenza di fiammiferi accesi, usati da Hans, simboleggia l’oscillazione tra sfocatura e intensità della fiamma, trasmettendo gli incessanti conflitti che deve affrontare. Un film con una componente autoriale enigmatica e, a tratti, esclusiva, riesce comunque a ritagliarsi un suo spazio nel panorama cinematografico. Questa pellicola richiama un passato traumatico e offre una prospettiva d’insegnamento all’interno del mondo del cinema queer.

Disponibile su: MUBI

Qui per la recensione di Great Freedom

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