The Other Son (El otro hijo, 2023) di Juan Sebastián Quebrada, in concorso ad Alice nella città, è un solido dramma familiare, a cui si unisce il Coming of Age, la differente resilienza che ogni individuo può avere dopo un gravoso lutto.
Una pellicola che si può mettere a confronto con In the Bedroom (2001) di Todd Field, con La stanza del figlio (2001) di Nanni Moretti, oppure con il classico Gente comune (Ordinary People, 1980) di Robert Redford. Valutare come in questo caso l’approccio alla difficile rielaborazione del lutto sia molto più stratificata.
The Other Son, la trama
Federico (Miguel Gonzalez) e suo fratello Simon, sono due adolescenti come tanti, una sera a una festa Simon cade dal balcone e muore. Da quel momento nulla sarà più come prima. Sua madre Clara (Jenny Nava) è annientata dal dolore e non riesce a reagire in nessun modo, Federico si sente perso e abbandonato al suo dolore in una famiglia che lentamente va in frantumi.
Cerca di vivere normalmente, reprimendo le sue emozioni e continuando ad andare a scuola. Non riesce a piangere. L’unica persona che sente vicina è Laura, la fidanzata di Simon, con cui finisce per stringere un legame stretto che lo aiuta ad uscire dal suo incubo.

La morte… le relazioni umane
Terza regia per Juan Sebastián Quebrada, usualmente montatore. Due lungometraggi e nel mezzo un cortometraggio. In questa già breve carriera si evince che il regista predilige storie in cui si possono studiare con profondità le relazioni interumane. Negli altre due opere il comun dominatore era una relazione tra un ragazzo e una ragazza, qui il rapporto tra genitori e figli, e tra coetanei.
Un allargamento dell’indagine da parte di Quebrada, anche autore della sceneggiatura. Un improvviso lutto sgretola quell’unità e giovialità familiare, che forse era soltanto apparente. I genitori sono già separati.
Una pesante situazione che vediamo, ascoltiamo e viviamo attraverso il personaggio di Federico, che è l’altro figlio. Un adolescente che si ritrova catapultato in dramma dopo tanta baldoria. Un ragazzo che ha una resilienza differente rispetto a quella struggente della madre.
Le accuse della madre a Federico che non ha scoppi di pianto, oppure la critica dei compagni che è tornato a scuola troppo presto, non sono dovuti a un atteggiamento freddo, perché il suo dramma è interiore e trattenuto. Il lutto del fratello gli ha mostrato un’altra realtà fino a quel momento sconosciuta. Finanche quello di scoprire il perché il fratello è morto.
È Federico che deve farsi carico della disperazione della madre, abbracciandola come se lei fosse l’adolescente da proteggere. E chiarificatrice la scena in cui la madre guarda un vecchio filmato di Simon neonato: nell’inquadratura ci sono soltanto Federico e la madre, mentre del padre è inquadrata soltanto la mano sulla spalla di lei.
The Other Son non mostra soltanto il lutto, con inquadrature che prediligono i primi piani sui volti annichiliti dei personaggi e movimenti di macchina – a spalla – nervosi. L’elaborazione del lutto soprattutto lo sentiamo. Le strazianti urla della madre sovrastano le scene, ci rendono consci del suo impazzire e si contrappongono al silenzio di Federico.
E ugualmente sentiamo in tutta la sua forza la rabbia di Federico quando la madre gli cambia i prossimi piani post scuola.
The Other Son non evita un certo schematismo, con annessa catarsi, ma la potenza del film, oltre al sapiente uso di costruzione visiva e soprattutto uditiva, è che non vuol essere ricattatorio. Rispetto agli altri film sopracitati non cerca un accomodamento, e il finale, che si riallaccia all’inizio, non si può accogliere precisamente come un sicuro assestamento.
E questo efficace dramma funziona anche per l’interpretazioni degli attori, che sanno rendere profondamente umani e veritieri i personaggi. Jenny Nava non scade in un’attuazione da filodrammatica: il suo volto distrutto e le sue urla sono agghiaccianti. E lo stesso Miguel Gonzalez, che passa da un’interpretazione repressa a giusti sobbalzi d’umore, dando al personaggio una completezza rara.
