Il conflitto israelo-palestinese raccontato dai registi israeliani è stato spesso al centro delle loro opere. Molti di loro, Amos Gitai e Ari Folman in primis, la guerra l’hanno vissuta sulla loro pelle da giovanissimi. Hanno, pertanto, usato i loro film per superare il trauma subito, veicolando un messaggio di pace.
Il conflitto israelo-palestinese raccontato dai registi israeliani: la voce di Amos Gitai
Per un focus sullo scontro israelo-palestinese nel cinema israeliano non si può che iniziare con Kippur di Amos Gitai del 2000. Il regista, nato a Haifa nel 1950, era militare durante la Kippur o guerra dello Yom Kippur, combattuta dal 6 al 25 ottobre 1973 tra una coalizione araba e lo stato d’Israele.
Prima di riuscire a girare il suo film più difficile, ha esordito col cortometraggio House del 1980 sull’espropriazione di una casa palestinese per opera dei soldati israeliani. Non è stato mai trasmesso nei media locali perché troppo scomodo. Da qui parte il suo rapporto complicato con il suo governo. Amos Gitai ha vissuto per lungo tempo in Francia ed è tornato in patria soltanto nel 1993.
In Kippur del 2000 il giovane Amos interpretato da Livon Levo sta partendo con un amico per le alture del Golan armato solo di una piccola telecamera. Si rifiuta di combattere e viene assegnato ad una squadra di soccorso per i feriti in battaglia. In una sequenza indimenticabile lui e i suoi colleghi cercano disperatamente di portare via un soldato rimanendo impantanati nel fango.
La realtà israelo-palestinese tra realtà e finzione
Il film è stato definito da qualcuno “il Platoon israeliano” per la crudezza delle scene di guerra. La chiave di lettura è apertamente antimilitarista, in bilico tra finzione e documentario. La regia è pulita e priva di fronzoli, con un tocco di poesia all’inizio del film, con le iconiche scene d’amore tra il giovane Amos e la sua ragazza che fanno l’amore in un tripudio di colori, gli stessi che lo accolgono al suo ritorno.
Il suo è un netto messaggio di pace ma l’opera, presentata al Festival di Cannes nel 2000, non è stata gradita a Israele. Il regista girerà nel 2015 il documentario Rabin, the Last Days, in cui ricostruisce gli ultimi giorni di vita di Yitzhak Rabin, da poco firmatario degli accordi di Oslo con Arafat a Washington. Si tratta di un atto di denuncia sui nemici interni al processo di pace isreaelo-palestinese, cercato con grande sforzo dal presidente statunitense Bill Clinton e purtroppo non andato a buon fine.
Kippur è disponibile sulla piattaforma israeliana https://israelfilmcenterstream.org e su https://vimeo.com/ondemand
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Kippur di Amos Gitai (2000)
Il conflitto nelle animazioni di Ari Folman
Ari Folman è il regista di Valzer con Bashir del 2008 sulla strage di Sabra e Shatila nel 1982 e in quei terribili giorni egli era militare di leva per la guerra in Libano. Nato il 17 dicembre 1962 ad Haifa da una famiglia ebrea di origine polacca sopravvissuta ad Auschwitz, ha usato il linguaggio dell’animazione per una vicenda che non poteva essere mostrata con vere immagini.
Come in Kippur, il suo alter ego è il protagonista che era presente all’eccidio perpetrato dalle milizie falangiste cristiane libanesi e dall’esercito del Libano del Sud con l’appoggio dell’esercito israeliano. Nei giorni dal 16 al 18 settembre nel quartiere di Sabra e nel campo profughi di Shatila, entrambi alla periferia ovest di Beirut, furono uccisi almeno 3500 civili indifesi, di cui molti donne e bambini. Il massacro fu una vendetta delle truppe falangiste per l’omicidio del presidente libanese Bashir Gemayel del 14 settembre.
Qualcuno ha criticato il regista per non aver parlato del ruolo di Israele e più nello specifico dell’allora ministro della difesa Ariel Sharon che avrebbe potuto fermare il massacro, ma non lo fece.
La responsabilità della strage non è delle truppe israeliane. E’ una cosa ben conosciuta. E’ vero però che i cristiani avevano un legame con noi, ma non volevo fare un’inchiesta. Non mi interessava, ho voluto realizzare solo un film contro la guerra dove i soldati sono solo mossi come delle pedine dai loro capi.
Candidato agli Oscar del 2009 come Miglior Film Straniero e vincitore del Golden Globe, è un’opera coraggiosa nel cinema israeliano, che riesce a dare dare viva voce ai protagonisti, i colleghi di Folman durante l’operazione, che non volevano o potevano apparire nel film. Tutte le loro testimonianze sono assolutamente vere e l’elemento visionario del film è rappresentato da una muta di cani feroci che l’alter ego del regista sogna ossessivamente e che lo spingono a trovare la verità rimossa per pura sopravvivenza.
Valzer con Bashir è disponibile sulla piattaforma streaming https://miocinema.com/it
Il ruggito di Lebanon
Samuel Maoz Nato nel 1962, è stato anche lui militare a venti anni nel 1982 in Libano e ha combattuto in un carro armato. Lo stesso che sarà al centro della sua opera prima Lebanon del 2009, presentata al Festival di Venezia, dove vinse il Leone d’oro. Il film è claustrofobico e ed è girato tutto all’interno del mezzo. I protagonisti sono quattro ragazzi normali costretti a combattere una guerra, cosa che accade da sempre in Israele dove la leva è obbligatoria per uomini e donne.
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Bloccati da soli durante una missione sono completamente allo sbando perché abbandonati dai loro superiori. Quello che accade fuori il carro armato sembra quasi irreale, perché visto dal visore della torretta. Il regista racconta così il caos in cui si combatte nel suo paese senza risparmiare allo spettatori dettagli crudeli come l’uso delle bombe al fosforo vietate dalla Convenzione delle Nazioni Unite su certe armi convenzionali .
L’intero film si svolge all’interno del carro armato mentre la guerra è vista solamente attraverso il mirino ed è stata creata dalla mia mente con l’intenzione di usare le memorie del mio soggetto, questo è stato il filtro attraverso il quale ho voluto raccontare la mia storia.
Lebanon è disponibile sulla piattaforma: https://www.rakuten.tv
Eran Riklis, un autore che sogna la pace israelo-palestinese
Tra i registi israeliani si distingue Eran Riklis, nato a Gerusalemme nel 1954, che parla nelle sue opere di possibile coesistenza pacifica israelo-palestinese. Nel 1991 gira Cup Final, presentato con successo a Berlino e Venezia. Ne è protagonista un soldato israeliano rapito dai palestinesi durante la guerra in Libano nel 1982 durante i mondiali di calcio.
Dancing Arabs del 2014 vede protagonista un ragazzo palestinese con padre terrorista che riesce a entrare in un collegio israeliano. Tra mille difficoltà, riuscirà a integrarsi in un mondo mondo non suo come “dancing arab” a trovare l’amore.
Tuttavia, il suo lavoro più iconico resta Il giardino di limoni del 2008, su una donna palestinese che lotta in tutti i modi per difendere il suo giardino di limoni dalla distruzione. La causa è il suo nuovo vicino ministro della difesa israeliano, che per sicurezza vorrebbe abbatterlo. Tra mille difficoltà, troverà un’alleata nella moglie del politico che la supporterà nella causa in tribunale. Un’opera che riesce a veicolare un messaggio di speranza tutta al femminile ed è tratta da una storia vera.
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