Te l’avevo detto, presentato al Rome Film Festival, e precedentemente in anteprima mondiale al Toronto Film Festival, è la seconda regia di Ginevra Elkann, a quattro anni di distanza dal suo l’esordio Magari (2019). In sala grazie a Fandango Distribuzioni dal 1° febbraio.
Là una storia di famiglia, qui un film corale, con dentro dei nuclei famigliari. E se lì si trattava di una vicenda di un focolare caotico, qui addirittura c’è di mezzo una probabile fine del mondo. Una storia grottesca che si svolge nell’arco di una giornata, sulla falsariga de L’ultimo capodanno (1998) di Marco Risi.
E il film di Risi aveva insegnato che il grottesco bisogna saperlo maneggiare. Infatti il suo insuccesso era un monito: l’aveva detto.
Te l’avevo detto, la trama
Durante un fine settimana invernale, le temperature salgono inaspettatamente e il termometro comincia a segnare valori del tutto insoliti per il periodo. All’inizio le persone sono molto contente di questo fenomeno, che oltretutto regala loro un sole splendente.
Quando il caldo continua ad aumentare raggiungendo livelli insopportabili, tutti, compresi gli animali, sembrano impazzire e si ritrovano costretti ad affrontare tutto ciò che fino a quel momento avevano abilmente evitato nelle loro vite.
Avevano usato sesso, cibo, droghe e perfino amore come vie d’uscita, ma ora sono in trappola, impossibilitati a scappare. Devono attraversare questa ondata di calore e permettergli di trasformali, ognuno in modo diverso.
Umanità sull’orlo di una crisi di nervi travolta in un insolito caldo nella Roma di fine gennaio
Certamente va dato merito a Ginevra Elkann, coadiuvata in sede di sceneggiatura da Chiara Barzini e Ilaria Bernardini, di essere una regista ambiziosa, di andare oltre le storie “du’ camere e cucina”.
Ma questa benemerenza riguarda soprattutto gli intenti, perché poi il risultato, benché abbia una buona confezione, lascia un po’ perplessi. Una serie di grotteschi personaggi che restano in superficie, e una cattiveria nell’abbozzarli che si trasforma in pietà.
È questa l’umanità di oggi? Mostri odierni soltanto nella raffigurazione, perché sono soltanto poveri animaletti che vivacchiano. Ogni personaggio è affetto da un problema (alcolismo, bulimia, droga, fanatismo religioso, protagonismo) che fa provare compassione, più che ribrezzo. Sono lontani i tempi del perfetto e fustigante ritratto italico I mostri (1963) di Dino Risi.
In questa storia collettiva si distingue qualche assolo attoriale del cast. Ad esempio la fanatica religiosa interpretata da Valeria Bruni Tedeschi, che pure avrebbe avuto altra caratura grottesca nelle mani di Pedro Almodóvar.
La recitazione di Danny Quinn, in particolar modo per il suo fluente italiano. Debole invece la parte di Alba Rohrwacher nell’interpretare un’alcolista debole. Solo di passaggio, purtroppo, Riccardo Scamarcio, e Greta Scacchi.
Interessante, in Te l’avevo detto, Valeria Golino, che fa una simpatica parodia di Cicciolina, sebbene un po’ troppo caricata.
Una storia di fine millennio che resta tutta sullo schermo, con un finale felliniano rivisto da Ferreri ma senza l’acume di Marco Ferreri.