Presentato in anteprima alla 18esima edizione Festa del Cinema di Roma nella sezione Special Screening Enigma Rol di Anselma Dell’Olio esplora il mistero dell’esistenza attraverso la figura di un personaggio inafferrabile e misterioso.
Enigma Rol è prodotto da La Casa Rossa di Francesca Verdini con Rai Cinema, in coproduzione con RS Productions e Pepito Produzioni e in associazione con Luce Cinecittà. Uscirà nei cinema distribuito da RS Productions.

Enigma Rol di Anselma Dell’Olio
Realizzare un film su un personaggio così discusso come Gustavo Rol significa prendersi la responsabilità di fare luce sulla sua figura mettendo in campo anche chi in qualche modo ne racconta le contraddizioni e le zone d’ombra.
Come avrai capito mi appassionano le biografie, una predilezione che mi porta a includere, insieme con i meriti, proprio le contraddizioni e le imperfezioni delle persone che si racconta. Se mancassero quelli i nostri lavori sarebbero delle noiosissime agiografie, come la maggior parte delle biografie “autorizzate” dalla famiglia o fatte dai tifosi acritici.
In realtà, come suggerisce anche il titolo, non è facile raccontare un enigma e su un terreno che non propone certezze, dall’altra è comprensibile l’ambizione di aggiungere elementi che contribuiscano a una maggiore comprensione del problema.
Penso che l’enigma di Gustavo Rol sia destinato a rimanere tale, perché lui non è più tra noi. Io non l’ho conosciuto di persona, ma me ne ha parlato moltissimo Federico Fellini, per cui anche se mi sono fatta la mia idea, è necessaria la sospensione di giudizio. Nel film ho intervistato molte persone convinte che Rol non fosse chi diceva di essere, e in queste più che scetticismo ho trovato una sorta di neppure tanto velato negazionismo. Notorio fu il giudizio sprezzante di Piero Angela che lo definì un illusionista di poco conto, avendo lui la convinzione profonda che “il mistero” non esiste. Io non lo so se Rol fosse o meno anche illusionista, però gli scettici non hanno mai presentato prove a sostegno dei loro giudizi perentori. Hanno fatto solo ipotesi. Racconti costruiti a modo loro. Poi ci sono i testimoni diretti. Ne ho interpellati a dozzine e solo una piccola parte è entrata nel film. Sono vive ancora tantissime persone che hanno conosciuto i suoi prodigi e sono pronti a giurare sulla loro autenticità. Posso però dire che le testimonianze positive dirette, di prima mano, sono vastamente superiori di numero a quelle negative, che a parte Angela, testimoni oculari non sono chi lo definisce solo e unicamente un prestidigitatore. Sono supposizioni. Rol era ricercatissimo, soprattutto dalle persone comuni, e non si tirava mai indietro quando si trattava di aiutare chi era in difficoltà. Anzi, aiutare gli altri era la sua missione principale.

La costruzione della storia
Enigma Rol fa la cosa migliore, ovvero mette lo spettatore nella condizione di farsi la propria idea senza fare nulla per orientarlo da una parte o dall’altra.
Il mio desiderio era quello di presentare i fatti più convincenti che si conoscano, lasciando agli spettatori la possibilità di denigrare o esaltare il personaggio. Mi sono tenuta lontano sia dal fanatismo sia dal negazionismo, mentre la vera difficoltà è stata la rappresentazione del trascendentale, nel cinema una sfida impossibile, essendo quest’ultimo falso per definizione. Qualunque messa in scena deve fare i conti con il fatto che il cinema è di per sé artefatto. Persino il cinema verità non ne è esente perché nel decidere a priori cosa inquadrare, il regista ricostruisce una realtà parziale, priva di ciò che magari rimane fuori campo. Franco Zeffirelli mi diceva che in Fratello Sole Sorella luna aveva raccontato di proposito solo la prima parte della vita, del santo, la favola del giovane ricco che si spoglia dei suoi averi e si dedica ai poveri. La seconda, in cui avrebbe dovuto affrontare gli aspetti miracolistici e mistici della sua storia, non aveva pensato nemmeno di girarlo, perché rappresentare il soprannaturale era qualcosa che il cinema tende a rendere in maniera poco convincente.
Per come hai costruito il dispositivo del film e per quello che hai appena detto Enigma Rol ricorda un po’ quello che succede nel processo di beatificazione e canonizzazione dei Santi. Anche lì si tratta di mettere insieme pro e contro e poi trarre un giudizio sulla natura del sottoposto.
Ci vuole sempre l’avvocato del diavolo. Nel mio caso questi erano gli scettici come Massimo Polidoro, fondatore del CICAP insieme ad Angela, o illusionisti come Raul Cremona, Francesco Maria Mugnai e Alain Iannone. Silvan ha preferito non farsi intervistare e mi ha rimandato a un piccolo video dimostrativo sul web, dove “replicava” un esperimento di Rol del cosiddetto “book test”, un classico “effetto” dell’illusionismo: ossia leggere libri a distanza. La differenza è che Silvan stava a casa sua, con i libri suoi, mentre Rol leggeva anche in libri chiusi in altre città, altre biblioteche, altre librerie. Chi mi ha divertito e ho amato molto è stato Paolo Pietrangeli, oggi purtroppo non più tra noi. Paolo trovava Rol molto antipatico e lo definiva come l’uomo più reazionario che avesse mai conosciuto. Nonostante questo però fu obbiettivo e sincero nella descrizione di fenomeni inspiegabili. Nel salotto di Rol, Pietrangeli si è trovato di fronte la zuccheriera che stava a casa dei genitori sulla credenza, e che invece in quel momento è apparso di colpo di fronte a loro a Torino, a settecento chilometri di distanza da Roma. Se lo sono dovuti portare loro a casa, la zuccheriera, perché a Roma non c’era più.

Il personaggio raccontato da Anselma Dell’Olio
Rol è assurto alle cronache più che altro per essere frequentato da eminenti personalità come Fellini, Strehler, Valentina cortese, Jean Cocteau, Muti e molti altri. In realtà Enigma Rol evidenzia come questi incontri fossero eccezioni poiché Rol aiutava soprattutto persone anonime e bisognose.
Anonime è il termine giusto. Il suo telefono squillava 24 ore su 24 come dice il suo medico Pier Giorgio Manera. A volte non rispondeva, altre lo faceva ma con una vocina che è la stessa utilizzata da Fellini per non farsi riconoscere al telefono, il quale probabilmente fu ispirato proprio da Rol. Non ne ho le prove ma so che le frequentazioni avvenivano solo nella casa di quest’ultimo, dunque potrebbe avere assistito più di una volta a quel trucchetto. Chi lo ha frequentato sa che Fellini aveva mille occhi, guardava e assorbiva tutto. Io ho collaborato con lui a lungo, e so bene che Fellini sapeva ricamare gloriosamente cose accadute, però era anche un uomo molto concreto, con i piedi per terra. Annusava subito il falso. Nel suo lavoro non ammetteva nessuna intromissione; eppure quando pensava a un film chiedeva sempre a Rol consigli sul cast, sul tipo di storia, sulla salute, su qualsiasi cosa. Per lui era un confidente totale e non lo sarebbe mai diventato se Federico avesse percepito che era anche lontanamente un mitomane o un turlupinatore.
Enigma Rol racconta di una personalità profondamente attuale, perché il suo operato mette insieme aspetti di ordine religioso e altri di carattere scientifico. Da una parte Rol agisce rimettendosi a Dio, dall’altra parla dei suo carismi come conseguenza di capacità che l’uomo ha in sé, ma di cui si è “dimenticato”.
Il fatto che noi usiamo una piccola parte del cervello è un fatto risaputo dalla scienza. Rol diceva di essere come tutti gli altri e di non sapere per quale ragione era nato con doti così particolari. Ma in futuro molte più persone le avrebbero avuto, secondo lui. Perché il nostro cervello è sempre in movimento. Secondo Fellini lui riusciva a fare una vita normale grazie alla sua fede profonda. Apparteneva alla più alta borghesia torinese ma amava incontrare le persone del suo quartiere, aiutando la vecchietta che aveva bisogno d’assistenza, le suore del Cottolengo che avevano bisogno di soldi, il padre di famiglia che aveva necessità di lavorare. Di questo aspetto della sua vita si sa poco proprio perché lui ha fatto di tutto per evitare che fosse pubblicizzato.

L’inizio del film di Anselma Dell’Olio
Il film si apre con l’incontro notturno tra Mussolini e Rol che in veste di capitano degli Alpini si presenta al Duce che gli vuole chiedere degli esiti della guerra.
Mentre si sa che Hitler era molto interessato all’esoterismo pagano, è meno noto l’interesse di Mussolini e del fascismo per la materia. Eravamo nel ’42 e forse qualche cosa che non tornava si iniziava a intravedere nel conflitto, per cui sapendo che c’era questa persona dell’alta borghesia torinese con doti di preveggenza aveva voluto convocarlo.
Nel film racconti che Mussolini gli salvò la vita tre volte avvertendolo del pericolo di essere portato a Berlino dai tedeschi.
Hitler mando più volte i suoi uomini a prenderlo e portarlo in Germania per essere interrogato. Mussolini mandò i suoi commissari fascisti ogni volta per dire a Rol di andare a nascondersi in montagna per non farsi trovare. Non credo che il Duce lo abbia fatto per affetto verso Rol ma perché non gli conveniva politicamente che un italiano andasse dal Fuhrer per raccontare che il partito fascista e quello nazista sarebbero stati sconfitti.
Verso il lungometraggio di finzione?
Dal punto di vista cinematografico, mentre nei film di Ferreri e Fellini avevi dalla tua le immagini dei loro film, qui le interviste sono alternate a immagini di fiction che danno conto visivamente di alcuni episodi della vita del protagonista. Ti chiedo come ti sei trovata a girarle e se questo potrebbe essere il preludio del tuo esordio nel lungometraggio di finzione?
Rol non si è mai fatto riprendere. Di lui esistono solo delle foto, non molte. Lorenzo Pellegrino, che racconta della sua camminata sull’acqua nel laghetto delle anatre del Parco Valentino, dice che quando andava a trovarlo portava sempre la macchina fotografica, ma le foto che gli faceva erano sempre bianche, cioè la pellicola non riportava immagini. Anche di interviste scritte ne esistono pochissime. Le uniche a cui fare riferimento sono quelle di Remo Lugli, giornalista della stampa di cui lui si fidava e che frequentava spesso. In questo senso mi sono ritrovata a fare un film su un fantasma. Era mia intenzione fare qualcosa di diverso dall’ennesima agiografia tv con musiche da film de’ paura. La sceneggiatura l’avevo iniziata a sviluppare con Riccardo Tozzi che da sempre ama le storie di questo tipo. Lui oggi lavora con Netflix e, come sai, questa piattaforma pretende una serie di gabbie protocollari che tu devi rispettare (se non sei famoso come Cuaron o Scorsese) e che riguardano la forma, la struttura del racconto; proprio come descritto da Nanni Moretti nel suo ultimo film, Il sol dell’avvenire. Su Netflix ho visto documentari come San Pà, molto professionali e godibili, ma privi di personalità registica. Sembrano fatti da un comitato molto accorto e abile ma senz’anima. Allora ho smesso di scocciare il mio amico Riccardo, che stimo infinitamente, e che mi seguiva più per affetto che per convinzione. Poi mi ha chiamato Francesca Verdini di La casa rossa per fare il film Franco Zeffirelli, conformista ribelle. Le ho raccontato di Rol, che non conosceva, e lei lo ha subito voluto produrre. Ha un gran fiuto, Francesca.
E sulla possibilità di esordire nel cinema di finzione cosa mi dici?
A me piace la vita reale e le biografie ne sono l’espressione che preferisco. Trovo che le persone siano quanto di più interessante esiste. Non c’è un romanzo più ipnotizzante della vita di una persona qualunque, a patto che dica la verità. Se io prendo la mdp e inizio a intervistarti sulla storia della tua famiglia, dei tuoi genitori, i tuoi nonni, sono sicura che ne viene fuori un racconto coinvolgente. Quindi è quasi certo che se dovessi fare un film tutto recitato, sarebbe un biopic. Peraltro ho già scritto una sceneggiatura anni fa sulla fondatrice del primo ordine di suore missionarie italiane, la santa patrona degli immigrati, Francesca Saverio Cabrin. È uno dei cento personaggi più importanti del novecento italiano. È molto poco conosciuta in Italia, dove è una suora fra tante e molto celebre nelle americhe, dove ha lavorato molto. Negli Usa ci sono dei boulevard a New York e a Chicago con il suo nome; è stata una grande imprenditrice lombarda. È morta nel 1917, con un ordine forte di duemila suore al suo comando, e avendo fondato 67 istituti su tre continenti. Una grande italiana che conosceva la politica, con una vita avventurosa che merita di essere conosciuta. Ha esportato e promosso la cultura italiana all’estero, perché gli emigrati non perdessero le loro radici. Francesco Saverio Nitti disse che se fosse stata un politico, sarebbe stata una magnifica presidente del consiglio.
Il modo di raccontare
Difatti un tratto della tua poetica cinematografica è quella di raccontare dei personaggi fuori dagli schemi e difficili da irreggimentare: nessuno di questi è profeta in patria.
Quasi mai, è vero. Persino Fellini è stato molto criticato da certa critica di sinistra come Aristarco. Era “tollerato” perché ancora giovanissimo aveva vinto due Oscar quindi non lo potevano completamente ignorare e denigrare.
Il mistero è un tema che ritorna più di altri nei tuoi film.
Sono particolarmente catturata dal cinema che io chiamo metafisico, come quello di Ozu, di Robert Bresson. Cinema trascendentale di Paul Schrader è il libro di testo sul cinema che più mi ha colpito. L’ho letto almeno dieci volte. Nel mio piccolo ambisco all’asciuttezza di questi registi. Nei miei film cerco di togliere ciò che non è essenziale; infatti non ci sono io e non c’è la voce narrante. Preferisco che a parlare siano – il più possibile – le immagini. E i dialoghi devono essere avvincenti. Nei film di questi maestri di cinema non ci sono mai grandi movimenti di macchina e tutte quelle bellurie anche ammirevoli, che a volte sembrano soprattutto esercizi di bravura. Bresson usava sempre lo stesso obiettivo perché, diceva, l’occhio umano non cambia mai. Oltre a quelli, gli altri registi “trascendentali” che mi emozionano (mentre a certi colleghi fanno venire l’orticaria) sono Terrence Malick, Andrei Tarkowskj, Carl Dreyre, Nuri Bilge Ceylan, e Apichatpong Weerasethakul.
Il cinema di Anselma Dell’Olio
Il cinema che preferisci.
Tokio Story di Ozu per me è inarrivabile. Tutto il cinema di Bresson, in particolare Pickpocket, Un condannato a morte è fuggito, Il processo di Giovanna d’Arco. Lui ha preso gli atti del processo a Giovanna D’arco e ne ha tratto il film. È di un’asciuttezza assoluta ed è quello che mi ha soggiogato. “Avevo la volontà di credere”, dice la Santa al giudice che la interroga, perfettamente consapevole che poteva essere fraintesa. Quella frase mi accompagna nella vita da quando l’ho sentita per la prima volta. Non ho nessuna voglia di “imitare” Bresson ma di lasciarmi guidare dai suoi Appunti sul cinematografo.