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‘Film Festival dei Diritti Umani’: l’intervista al direttore Antonio Prata

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Locandina del Film Festival dei Diritti Umani

Inizia oggi la decima edizione del Film Festival dei Diritti Umani di Lugano, manifestazione che ogni anno garantisce qualità e sensibilizzazione attorno ai principali eventi della nostra contemporaneità. Il cinema diventa qui una potente arma culturale, con cui diffondere al maggior pubblico possibile idee capaci di aprire la nostra mente verso nuovi orizzonti. Per celebrare l’inizio di una programmazione ricchissima di iniziative e sorprese, ho avuto l’onore di intervistare Antonio Prata, direttore del festival dal 2016, oltreché autore di opere di grande successo e di respiro internazionale.

Il direttore del Festival Antonio Prata

Antonio Prata

Un festival pieno di novità

Oggi il Festival spegne dieci candeline: un traguardo che è segno non solo di longevità ma anche di garanzia nel trattare poliedricamente alcuni dei temi più nobili e sentiti della nostra contemporaneità. E per festeggiare adeguatamente questo risultato avete deciso di regalarci un nuovo inizio, ossia la primissima edizione del CONCORSO INTERNAZIONALE DI LUNGOMETRAGGI. Otto film provenienti da varie parti del mondo gareggeranno per vincere almeno uno dei tre premi messi in palio dall’organizzazione dell’evento. Che cosa vi ha spinto ad ampliare una manifestazione che ha già dimostrato esaurientemente il suo valore? E quali obiettivi vi hanno guidato?

In questi primi nove anni di attività il festival ha maturato una certa consapevolezza non soltanto in base alle proposte da fare ma soprattutto in base all’esigenza di allargare, di occupare più spazio dedicato alla discussione e al dialogo, al confronto sui diritti umani. Per fare questo abbiamo anzitutto deciso di estendere le giornate di programmazione del festival, che non saranno più cinque ma dieci. Successivamente abbiamo optato per l’introduzione non solo di nuove location ma anche di altre attività, che coinvolgono diversi linguaggi artistici.

In questo ambito il concorso internazionale di lungometraggi vuole far sì che il pubblico incontri più da vicino l’opera e rifletta attentamente sui contenuti e le forme dei film a cui assisterà. Il concorso inoltre ci permetterà di entrare lentamente, negli anni, in un contesto più ampio, di respiro internazionale e capace di offrire sempre una prospettiva fertile da cui guardare i problemi che trattiamo con questa manifestazione. Noi vogliamo dare continuamente più spazio ad autori che mettono a disposizione la propria opera e dunque la loro esperienza di vita, piena di rischi, per portare avanti un discorso artistico e personale che avvicini e sensibilizzi l’audience.

Tanti ospiti prestigiosi

Un compleanno ben organizzato non può assolutamente fare a meno degli invitati. E per questa edizione la scelta è ricaduta su delle personalità artistiche straordinarie: in particolare, tra i tanti ospiti in programma, quest’anno il festival potrà vantare la presenza di Manijeh Hekmat, regista e produttrice iraniana la cui opera ha saputo testimoniare arditamente della delicata situazione sociopolitica del suo paese. A Lugano riceverà da un suo collega e conterraneo, l’affermatissimo regista Abbas Amini, il Premio Diritti Umani Per l’Autore 2023. Alla premiazione seguirà poi la proiezione di ben due lavori dell’artista iraniana. Quanto ha significato per voi poter accogliere a braccia aperte due grandi artisti internazionali come loro?

Questo è sicuramente uno dei momenti di grande risalto del festival. Siamo felicissimi di aver ricevuto qualche giorno fa la conferma dei visti necessari per poter uscire liberamente dal loro paese. Sarà senza dubbio un momento particolare: Manijeh Hekmat è non solo una regista di grande talento, ma anche una produttrice coraggiosissima, che ha saputo supportare innumerevoli lavori contrari alla volontà di un regime politico ferreo e oppressivo. Il fatto che si tratti inoltre di una donna costituisce un valore aggiunto, in quanto saprà dirci molto sulle difficilissime condizioni di vita delle donne nel suo paese.

Amini invece è il regista che contestualmente ci permetterà anzitutto di conoscere in maniera approfondita e ravvicinata il suo cinema, diffondendo così anche il grido dei suoi colleghi, che quotidianamente vengono censurati e messi da parte. Il fatto che sia lui a consegnare il premio è l’opportunità perfetta per stabilire un confronto sulla povera condizione artistica degli autori iraniani. Non bisogna però dimenticare che quando si parla di libertà di espressione e di censura, indirettamente si fa sempre riferimento a una situazione che riguarda da vicino anche noi e il resto dell’Occidente.

Manijeh Hekmat: Premio Diritti Umani per l'Autore 2023 - Film Festival Diritti Umani Lugano

Manijeh Hekmat

Andare OLTRE

La caratura internazionale però non sarà l’unica caratteristica distintiva del festival. Infatti, l’organizzazione e lo staff sono lieti di annunciare l’OLTRE FESTIVAL. Alle proiezioni e agli incontri con i vari autori si affiancheranno parallelamente degli eventi off. Si tratta di una serie di incontri, mostre e iniziative culturali esterni al luogo della sala cinematografica, e che vedono la collaborazione attiva e la valorizzazione di innumerevoli realtà territoriali. Quanto ritenete produttivo l’incontro tra tanti e diversi linguaggi artistici? E soprattutto quali potrebbero essere i pro e i contro di una simile proposta?

Lugano ha assolutamente bisogno di fare questo discorso, specialmente guardando alla vasta proposta culturale che, partendo soprattutto dal basso, non riesce a trovare in questo tessuto urbano un proprio spazio espressivo. Noi invece crediamo fortemente che il cinema sia un’arte profondamente contaminata, che dipende nella sua essenza da molti altri linguaggi espressivi, tutti degni e meritevoli di poter comunicare in piena libertà. Per questo abbiamo voluto dare personalmente un’occasione a queste realtà che purtroppo ancora faticano tantissimo a emergere.

Inoltre, intavolare un discorso che vada ben oltre i confini della sala cinematografica fa sì che il pubblico possa incontrarsi in maniera più intima e meno istituzionale con i nostri ospiti e con la loro arte. Bisogna far sì che le persone siano in grado di porre (e porsi) qualsiasi domanda, senza avere paura della formalità del contesto. Simili dilemmi della nostra contemporaneità andrebbero affrontati quotidianamente. E per abituare la gente a farlo è giusto confrontarsi partendo dagli spazi in cui per l’appunto spendiamo e consumiamo la nostra quotidianità.

Il cinema è di tutti

I diritti umani sono di tutti, e ciascuno dovrebbe goderne assieme anche alla possibilità di discuterci sopra. Per tale ragione il festival, all’insegna dei valori che vuole promuovere, ha pensato anche quest’anno a come integrare nel dialogo le fasce più delicate della comunità, ossia i giovani e i detenuti. Si tratta di due categorie che oggigiorno rischiano costantemente di essere estromesse dai meccanismi della società. È stata dunque dedicata esclusivamente a loro una programmazione specifica. Entrambi assisteranno alla proiezione di alcuni film, a cui seguiranno poi degli incontri formativi con esperti e con figure chiave delle tematiche trattate. Come può il cinema aiutarli a (re)immettersi adeguatamente nella società?

Credo che, per quanto riguardi i detenuti, sia necessario aiutarli ad andare oltre i limiti ristretti dello spazio in cui sono confinati. L’arte per loro può essere un collegamento fondamentale con l’esterno, capace di tenerli vicini alla realtà più di quanto possano fare le sole visite familiari. Credo che in questo senso un film porti dentro ognuno di noi un intero mondo, fatto di input, sensazioni e sentimenti universali, che inevitabilmente permettono di stabilire un legame costante con quanto accade attorno a noi.

Gli studenti invece finiscono sempre per insegnarci molto di più di quanto siano in grado di inculcargli gli adulti. Per noi è davvero utile e soddisfacente poter assistere ai loro dibattiti; i giovani hanno tanta voglia di unirsi e di comunicare. Purtroppo siamo tutti costretti in una società individualista, dove la volontà c’è ma viene soffocata costantemente dalle tante situazioni di vita quotidiana. Dunque, i confronti organizzati dopo le proiezioni diventano per loro un momento di totale libertà espressiva, dove spesso finiscono per segnalarci delle nuove possibilità. Ci portano a guardare la realtà con occhi diversi. In conclusione, si tratta di un momento di puro arricchimento. Ma potrà essere funzionale solo se il dialogo comincia ad estendersi oltre lo spazio del dibattito, ossia in famiglia e in quelle situazioni che abitualmente tendono a minimizzarli e a silenziarli.

Gli studenti sono una costante per la buona riuscita del Film Festival dei Diritti Umani

Il ruolo delle ONG

È giusto adesso dedicare alcune parole anche agli ultimi grandi protagonisti del festival, ossia le ONG che ogni anno contribuiscono attivamente alla promozione e alla valorizzazione dell’evento. Quest’anno il Premio ONG verrà assegnato da Amnesty International, storica organizzazione che da sempre si impegna su più fronti. Personalmente, lei ritiene che le ONG abbiano attualmente la libertà d’azione che meritano? Nel caso, che cosa può fare l’evento per supportarle e dar loro il giusto spazio?

Non sono affatto convinto che le ONG abbiano la libertà d’azione che meritano, anzi, penso sia vero l’opposto. Spero vivamente che il nostro festival le aiuti a superare le intricate maglie della burocrazia e della politica, è fondamentale che trovino la giusta continuità. Noi ci rendiamo conto dell’immenso sforzo che quotidianamente queste associazioni svolgono. E questo premio vuole appunto significare tutto il riconoscimento e l’incoraggiamento che il festival cerca di trasmettere annualmente verso il loro impegno costante. Sempre in questo senso, sarebbe fantastico se anche il approfittasse dell’occasione per avvicinarsi sensibilmente alle cause per cui i gruppi come Amnesty combattono. Sono davvero tanti gli argomenti di cui parlare e su cui schierarsi.

Il principale obiettivo del Festival

La lista è certamente lunga, ma l’attualità mediatica è spesso e volentieri interessata a costruire delle precise narrative, garantendo il focus a precisi argomenti e sottraendo attenzione a cause altrettanto importanti. Esaminando da vicino quanto sta accadendo in questi giorni a Gaza, com’è riuscito il festival a gestire una situazione riaccesasi improvvisamente poco tempo dopo la fine delle selezioni delle opere in programma? Che cosa pensate del suo grande rilievo mediatico? Non ha più senso parlare ancora della guerra in Ucraina o della triste situazione in Afghanistan?

Lo scopo del Festival è proprio questo: evitare e aggirare la notiziabilità da cui dipendono le principali testate, capace di oscurare la rilevanza che andrebbe dedicata anche ad altre tematiche. In fondo si tratta di un subdolo meccanismo del potere, il quale giova della nostra ignoranza e della sempre più scarsa voglia di informarsi. Alcune dinamiche politiche hanno bisogno di tenerci ingabbiati per legittimare il loro operato. Tentano di toglierci quella sensibilità che ci consente di fare i conti con una situazione globale profondamente complessa e articolata. L’approfondimento è un’arma di cui il festival vuole munirsi affinché tutti si rendano conto che ciò che abbiamo rimosso dai nostri pensieri è ancora in atto. Dobbiamo prescindere da questi meccanismi nocivi della comunicazione odierna, atta a ridurci in automi dediti soltanto alla lettura scarna e superficiale di precise nozioni.

La conoscenza e l’approfondimento saranno sempre gli strumenti di cui il Film Festival dei Diritti Umani si doterà per aggirare il buio istituzionale in cui siamo confinati quotidianamente. Sapere è potere.

Film Festival dei Diritti Umani Lugano

  • Anno: 2023
  • Durata: 10 giorni
  • Nazionalita: Svizzera
  • Data di uscita: 19-October-2023