Our son diretto da Bill Oliver che, insieme a Peter Nickowitz, ha curato anche la sceneggiatura è il film d’apertura del Florence Queer Festival 2023. A Bill Oliver e a Peter Nickowitz abbiamo fatto alcune domande sul loro Our son.
Qui per la recensione del film
La genesi di Our son di Bill Oliver (e Peter Nickowitz)
Com’è nata l’idea di questo film?
Bill: volevamo fare un film su qualcosa che non era mai stato trattato in questi termini: due uomini che crescono un figlio, affrontano un divorzio e cercano di capire come gestire la relazione per il bene del figlio. Negli Stati Uniti le persone gay possono sposarsi e divorziare. E volevamo cercare di rappresentare e sviluppare il tema.
Un tema centralissimo che, però, nonostante sia incarnato dai due protagonisti che sono due uomini, si può considerare universale. Il film è indirizzato a chiunque.
Peter: speriamo che sia universale e suggerisca che i genitori gay hanno le stesse difficoltà di quelli etero. Pensiamo che possa essere una sorta di sfida e di impegno per le persone gay, lesbiche e per tutte quelle appartenenti alla comunità lgbtqia+.
Bill: abbiamo ambientato la storia a New York, dove non c’era troppa discriminazione per il fatto di essere gay, sposati, di avere bambini perché volevamo mostrare al pubblico gli aspetti universali di una rottura in generale, non di una rottura specificamente gay. Volevamo parlare alle persone queer, ma anche a tutti gli altri. Anche i gay sono esseri umani che devono affrontare delle difficoltà come gli altri. E, quindi, abbiamo fatto in modo che ci fosse un equilibrio per parlare a tutti.
Foto di Peter Elbrick
Anche i dialoghi aiutano in questo senso e vanno in questa direzione. Sono pieni di espressioni che li rendono universali così come il film stesso. Oltre alla storia e alla tematica, sono una parte fondamentale.
Bill: Sì, abbiamo sentito che molte persone si sono sentite legate a questo, hanno provato le stesse sensazioni che abbiamo portato sullo schermo.
Peter: volevamo semplicemente sottolineare la regolarità e la normalità di tutti i giorni.
Il titolo
Volevo farvi una domanda sul titolo Our son che, secondo me, ha due significati. Da una parte Our son significa che non è di nessuno, né solo di Nicky né solo di Gabriel, mentre dall’altra parte è da intendersi come nostro nel senso di pubblico. Owen può essere di chiunque perché tutti possono immedesimarsi in questa storia e credo che anche questo avvalori ancora di più il concetto di universalità di cui parlavamo prima.
Bill: sì, mi piace molto questa spiegazione. Speriamo rimanga questo significato anche nella traduzione nelle altre lingue.
Il punto di vista di Our son di Bill Oliver
Un altro aspetto che vorrei sottolineare è il fatto che non viene scelto o privilegiato un punto di vista preciso rispetto a un altro. Non siamo né dalla parte di Nicky né da quella di Gabriel. Vengono mostrati entrambi i punti di vista e spetta al pubblico decidere da che parte stare e valutare se c’è un migliore o meno.
Peter: oppure scegliere un migliore in un preciso momento. Anche perché le persone, soprattutto quando litigano, tirano fuori il peggio di sé e questo è qualcosa con il quale chiunque si sente connesso.
Bill: non volevamo che ci fosse un vero e proprio cattivo e penso che questo faccia parte della buona scrittura di un film. Volevamo vedere la reazione delle persone al comportamento dei personaggi, non prendere le parti di uno o dell’altro.
Peter: ricordo che qualcuno aveva sollevato il fatto che Gabriel fosse più presente per Owen perché non lavora. Personalmente conosco diverse persone che hanno bambini e spesso uno dei due è più presente dell’altro in casa e, quindi, più mi facevano notare la cosa e più dicevo che volevo lasciare questo aspetto.
Bill: c’è sempre qualcuno che dice “questo non va bene”, “a questo non riesco a relazionarmi”, ma credo che i film debbano mostrare successi e debolezze delle persone, così come può capitare nella realtà a ognuno di noi. Non ci deve essere la presunzione di essere perfetti. Lo scopo del film è far sì che i personaggi siano essere umani.
C’è anche un aspetto importante che solitamente non viene trattato nei film di questo genere. Qui è presente il punto di vista di Owen e credo sia importante perché è colui che, più di chiunque altro, è il vero protagonista delle conseguenze di questo divorzio. Com’è stato scrivere il punto di vista di Owen?
Bill: volevamo mostrare la sua personalità anche se ci siamo concentrati più sugli adulti. Non c’era molto spazio per lui inizialmente. Abbiamo cercato di farlo parlare attraverso la sua attenzione e cura delle piante. Si prende cura delle piante ed evita che vengano distrutte.
Come se fosse una sorta di metafora della sua vita.
Bill: Esatto. Il film è sulla custodia, ma anche su qualcosa che ho capito solo dopo averlo finito e averlo guardato: qualcuno che si prende cura di qualcun altro. In questo caso Owen si prende cura delle piante.
La famiglia
Legato a questo aspetto si può dire che un altro tema del film è la famiglia nel senso più universale del termine. Our son è pieno di diversi tipi di famiglie. C’è quella formata da Gabriel, Nicky e Owen; c’è quella di Gabriel; c’è quella di Owen, ma ci sono anche quelle formate dagli amici di Nicky e Gabriel. Come a dire che la famiglia è il posto in cui si è liberi e si può essere noi stessi, non per forza quella dove siamo nati o cresciuti.
Bill: volevamo far vedere che la famiglia non è solo quella biologica, si può creare una famiglia, sceglierla ed è un aspetto, ancora una volta, universale. Non è qualcosa di frequente per le persone queer che, invece, vengono spesso rinnegate o discriminate anche delle proprie famiglie e dalla società.
Peter: e poi crescendo si capisce che la famiglia diventa più piccola, qualcuno se ne va, e tutto cambia.
Bill: e il divorzio fa capire che non si deve dare per scontato quello che si ha, ma anzi bisogna apprezzarlo.
Non solo la comunità lgbtqia+
E poi c’è il fatto che i due protagonisti non sono solo la rappresentazione della comunità queer, ma incarnano anche un’altra differenza: Nicky è bianco e Gabriel è nero. Ci sono delle scene in cui questo viene fuori seppur non in modo evidente come il resto. Ancora una volta è un altro elemento che avvalora il fatto che il film sia davvero universale sotto tutti i punti di vista.
Bill: volevamo raggiungere più persone possibili. Sono diversità che riflettono le persone che siamo e il film vuole guardare proprio a questo, al mondo e alla realtà e al fatto che ci sono delle varietà.
Peter: idealmente volevamo che questo mondo fosse quello vero. Vorremmo rendere il mondo come quello che abbiamo creato nel film che, per certi aspetti, è meglio di quello reale.
Bill: anche se non è realistico al 100% è quello che vorremmo che fosse.
E infatti alla fine del film c’è una speranza. Nel complesso si può considerare un film positivo.
Bill e Peter: Esatto!
Importante è anche il fatto che venga mostrato come la vita va avanti dopo il divorzio. Solitamente non viene mostrato il processo di accettazione, ma eventualmente le conseguenze.
Bill: volevamo mostrare che la fine della relazione può essere bella e importante come l’incontro iniziale. Divorziare non significa sempre e per forza che quella persona non sarà più nella tua vita. Billy Porter ha scritto una canzone per il film a tal proposito, sul fatto di avere la persona che ti è stata accanto nella tua vita anche dopo una separazione. Si intitola Always be my man e dà questa sensazione.
Un finale… reale
Ho apprezzato il fatto che non abbiate optato per un finale aperto consegnando al pubblico una decisione. Avete fatto una scelta e credo sia stato difficile prendere una posizione.
Peter: in realtà, come in tutti i film, volevamo che questi ragazzi tornassero insieme per Owen e perché lui stesse bene, ma sappiamo che la vita è la vita e non sarebbe stato così. Quello che abbiamo scelto è quello che succede quasi sempre.
Bill Oliver e Peter Nickowitz di nuovo insieme dopo Our son?
Per questo film avete lavorato insieme. State già pensando a un altro progetto insieme?
Bill: vorremo fare altri film come questo, che riflettano la nostra realtà e ciò che succede vicino a noi. Questo è stato il più soddisfacente che abbia mai fatto e mi piacerebbe farne un altro così, non identico ma sulla falsa riga a livello di tematiche.
Peter: L’altro film che abbiamo fatto insieme, Jonathan, non aveva queste caratteristiche.
Bill: abbiamo dato vita a questo film uscito a dicembre negli USA e ora lo stiamo portando nel resto del mondo. Stiamo pensando di sviluppare qualcosa partendo dai personaggi che sono in questo film. Non gli stessi, ma le tipologie di personaggi.
Peter: pensiamo a qualcosa riguardante la famiglia perché Our son da questo punto di vista fa sentire vicino a queste persone.
Sono Veronica e qui puoi trovare altri miei articoli