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‘C’è ancora domani’: l’esordio di Paola Cortellesi emoziona e sorprende

L'esordio alla regia di Paola Cortellesi, che celebra le ‘donne che nessuno ricorda’, l’avvento della Repubblica e il voto alle donne. Un successo straordinario al box office

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C'è ancora domani

Era trepidante l’attesa per C’è ancora domani, il primo lungometraggio di Paola Cortellesi, questa volta dall’altra parte della cinepresa, cioè in veste di regista: la nota ed amatissima attrice e sceneggiatrice romana infatti, pur avendo scritto o co-sceneggiato buona parte dei ruoli da attrice protagonista portati sullo schermo (ad esempio nei film Gli ultimi saranno ultimi, Come un gatto in tangenziale, Ma cosa ci dice il cervello), non si era ancora mai cimentata con l’arte della regia e tutti si domandavano se le sue abilità, in questa impresa, sarebbero state all’altezza del personaggio di donna, attrice ed artista brava, competente, professionale ed impegnata da lei sempre, a ragion veduta, incarnato.

Non si sarebbe dovuto dubitare: C’è ancora domani – titolo comprensibile solo alla fine dei 118 minuti di un film in bianco e nero che riesce a catturare lo spettatore mantenendo un ritmo serrato fino all’epilogo inatteso e sorprendente – è stato meritatamente premiato nel concorso della XVIII Festa del Cinema di Roma (Progressive Cinema), lungamente applaudito alla proiezione stampa (e si sa, i critici non sono teneri).

Il film è attualmente disponibile su Netflix e Sky.

C’è ancora domani: le donne nell’Italia del Dopoguerra

Un progetto ambizioso, quello di Paola Cortellesi, ma per questo ancora più meritorio: ha il sapore dell’impegno civile, declinato nel doppio registro del dramma e della commedia, concepire e girare un film sull’Italia della seconda metà degli anni ‘40, gli anni del dopoguerra e della ricostruzione, difficili per tutti ma in particolare per le donne, per molte donne, che vivevano per la famiglia, in condizioni di quasi totale sottomissione ai mariti o agli uomini della famiglia, senza potere uscire da sole, né lavorare con un vero salario o tantomeno votare. Molte di queste donne hanno costituito il tessuto sociale del nostro Paese per tanto tempo, con fatica, lavoro e intelligenza.

È una storia femminista, quella raccontata dalla Cortellesi, scritta insieme ai fidati sceneggiatori Giulia Calenda e Furio Andreotti, sempre sfumata da una leggera ironia che lascia trapelare però una profonda serietà, vicina ai drammi e alle violenze di ieri, per ricordare anche quelli di oggi, simili seppur diversi per epoca e modalità, ma sempre rivolti ad umiliare e sottomettere tante, troppe donne.

Non c’è nulla di casuale nel film relativamente al tema della violenza – afferma la Cortellesi sull’attualità della questione ‘violenza alle donne’ – oggi le leggi ci sono ma le dinamiche rimangono sempre le stesse, e lo abbiamo accertato leggendo numerosi documenti processuali su casi di violenza. Lo scopo è sempre quello di svilire la persona e farla sentire una nullità. Ho fatto questo film perché volevo raccontare e celebrare le storie di quelle donne che nessuno ha raccontato, che non avevano ancora la consapevolezza dei loro diritti, che si sentivano delle nullità. Sono storie che ho appreso dai racconti dai veterani della mia famiglia: le nonne, ma anche le zie, i miei genitori. In quei racconti c’erano gioie e dolori delle vite che avevano incrociato: i parenti, i vicini di casa, le comari nel cortile, i bambini in strada. Storie drammatiche, divertenti, paradossali, a volte tragiche. In ognuna di esse c’erano donne comuni che avevano accettato una vita di prevaricazioni perché così doveva essere, senza porsi domande. Desideravo raccontare questa disillusione – in un’epoca in cui i diritti femminili erano pressoché inesistenti- e insieme la nascita di una consapevolezza, un germe spontaneo, nella vita di una donna qualunque.

C’è ancora domani e la storia di Delia: dalla schiavitù al voto alle donne

Il film racconta la storia di Delia, infelicemente sposata ad Ivano – un ottuso e violento esempio del maschilismo cresciuto all’ombra del fascismo – e madre di tre figli, due ragazzini pestiferi e Marcella, la più grande, fidanzata con un giovane benestante. La famiglia vive in un quartiere popolare (il film è girato nel quartiere romano di Testaccio ma potrebbe essere San Lorenzo o Pietralata), in un appartamento povero e seminterrato: ci sono molte scene girate nel cortile tipico delle case di epoca fascista, dove le donne chiacchierano, i bambini si rincorrono e la vita scorre, tra gioie e dolori.

Delia fa piccoli lavoretti, punture e rammendi, e non ha aspirazioni, naturalmente inserita com’è nei ruoli (moglie e madre) che definivano la donna nell’Italia del dopoguerra, tranne quella di vedere la figlia Marcella (la giovanissima e talentuosa Romana Maggiora Vergano), sua meta e ragione di vita, sposata ad un ‘buon partito’. Tra i preparativi per il fidanzamento della figlia e le confidenze con l’amica Marisa (una deliziosa Emanuela Fanelli nel ruolo dell’amica  complice e confidente, che lavora al mercato e vive col marito un rapporto di vera parità), sarà l’arrivo di una lettera misteriosa a far capire a Delia che ci può essere una vita migliore.

‘Stringete le schede come fossero biglietti d’amore’

Il film evidenzia inoltre tre generazioni di uomini che si tramandano, dietro una maschera di presunto amore, lo stesso approccio nei confronti della donna/moglie/fidanzata, volto al possesso e alla ‘riduzione in schiavitù’: il terribile suocero allettato (interpretato da un sempre strepitoso Giorgio Colangeli), il marito ‘ammazzasette’ (un Valerio Mastandrea perfetto nel rivelare la banalità del male, quella dell’uomo qualunque che va a messa la domenica e picchia ogni giorno la moglie) e perfino il fidanzato della figlia Giulio (nel ruolo il giovane Francesco Centorame), che già si rivela geloso e possessivo prima ancora del matrimonio.

Ma proprio in quegli anni arrivano i primi segnali di una rinascita di consapevolezza e partecipazione delle donne, con la chiamata al suffragio universale, il 2 giugno 1946, attraverso schede inviate a tutte le donne sopra i 25 anni, in occasione delle elezioni amministrative dell’Assemblea costituente e del Referendum fra Repubblica e Monarchia.

Tra dramma e commedia, intravedere un domani migliore

Il film alterna con grazia la cifra della commedia a quella del dramma, aiutato da una sceneggiatura compatta e dalle numerose prove ‘teatrali’ che il cast ha potuto fare prima di girare il film. Memore del cinema degli anni ’40, la Cortellesi ha scelto di girare in un elegante bianco e nero, e di usare il formato 4/3 per la sequenza che apre il film prima dei titoli di testa per poter riprodurre, nei primi minuti, le atmosfere di quel cinema, e per “allargare” subito dopo sia il formato e sia l’argomento. Ne risulta un’ottima ricostruzione storica (la scenografia è di Paola Comencini), vintage nello stile ma non nostalgica, al contrario.

Le scene di violenza assumono una valenza ‘rituale’, quasi onirica, poiché la Cortellesi non voleva risultassero realistiche, ma piuttosto che lo spettatore le immaginasse come le viveva Delia, cioè facendo finta di niente, andando avanti e raccontando a se stessa che anche i segni dei maltrattamenti lasciati sul corpo dalla violenza del marito erano passeggeri o inesistenti. Originale anche la scelta delle musiche e delle canzoni, quasi tutte recenti (come nel caso di Lucio Dalla) e spesso di forte impatto.

Tra i protagonisti del film anche Yonv Joseph, nei panni di un soldato americano incontrato ai posti di blocco della polizia militare (ancora presenti per le strade romane), che comprende le difficoltà di Delia e si offre di aiutarla, e Vinicio Marchioni, il primo amore di Delia, meccanico di professione, ancora innamorato di lei, che le offre di fuggire insieme al nord – dove si trova lavoro – per ricominciare da capo.

Le imprese straordinarie delle vere donne

In balìa di un marito padrone e di un suocero canaglia, prigioniera del focolare, paladina del cortile – prosegue la Cortellesi – Delia ha come unica aspirazione il matrimonio imminente della sua primogenita, figlia prediletta e suo unico grande amore, per la quale nutre speranze di una vita agiata e serena. Sembra una delle trame  – sempre un po’ sinistre – di molte fiabe per bambine e invece è storia, piuttosto consueta, di una famiglia italiana qualunque, nella seconda metà degli anni ’40. Uno schiaffone in pieno viso e via, come se niente fosse. Delia non vale niente, così le hanno insegnato. Ma una lettera con sopra il suo nome e l’amore per sua figlia le accendono il coraggio per cambiare le cose.

Ho tentato di immaginare cosa abbiano provato quelle donne, quelle reali, nel ricevere una lettera in cui qualcuno – tanto più importante dei loro aguzzini domestici – certificava il loro diritto di contare. Con C’è ancora domani ho voluto raccontare le imprese straordinarie delle tante donne qualunque che hanno costruito, ignare, il nostro paese. Delia è le nostre nonne e bisnonne. Chissà se abbiano mai intravisto un “domani”. Per Delia un domani c’è. È un lunedì, ed è l’ultimo giorno utile per cominciare a costruire una vita migliore.

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C'è ancora domani

  • Anno: 2023
  • Durata: 118'
  • Distribuzione: Vision Distribution
  • Genere: Commedia
  • Nazionalita: Italia
  • Regia: Paola Cortellesi
  • Data di uscita: 26-October-2023