In concorso alla XVI edizione dell’Ortigia Film Festival, Mi fanno male i capelli riporta dietro la macchina da presa Roberta Torre, a distanza di circa un anno dal suo ultimo lavoro, Le favolose. Alba Rohrwacher e Filippo Timi ne sono i protagonisti, mentre Latina è la location prescelta a ospitare la villa sul mare dei protagonisti.
Mi fanno male i capelli | La trama
Monica (Rohrwacher) ed Edoardo (Timi) sono una coppia felice, con una bella casa al mare e un rapporto fatto di amore e tenerezza. Purtroppo, però, qualcosa non va nella testa di Monica. I ricordi cominciano a svanire, e fa difficoltà persino a ricordare parole semplici come “libro” e “matita”.
Ti ricordi la prima volta che abbiamo fatto l’amore?
Quando le viene, infatti, diagnosticata la sindrome di Wernicke-Korsakoff, Edoardo deve far fronte a questa nuova e spaventosa situazione. Appesantito da debiti che non sa come saldare, l’uomo asseconda la moglie al meglio delle sue possibilità. Almeno sino a quando Monica non comincia a credere di essere la Vitti e a confondere la sua esistenza con quella dell’attrice sullo schermo.
La pellicola della Torre tratta una tematica complessa e delicata, come la malattia, in una chiave molto originale. Se la pecca che le si potrebbe imputare è di non essere sempre esattamente a fuoco, soprattutto da un punto di vista narrativo, lo stile interviene a sostenere e arricchire. Lo stesso fanno i due magnifici interpreti: la Rohrwacher e Timi formano una coppia credibile e commovente.
Ho l’impressione di scordarmi ogni giorno qualcosa.
La bravura di un attore si valuta anche dall’utilizzo del proprio corpo, ed entrambi riescono a sfruttarne ogni più piccolo elemento per immergersi (e immergerci) nei loro personaggi. Mani, occhi, sorrisi. Dinanzi a noi si palesano un uomo e una donna veri, tangibili, con le loro emozioni e una sofferenza sotto traccia che rischia di separarli.
Un universo sospeso tra allucinazioni e verità
Al contrario, la regia della Torre è marcata. La presenza della cineasta si avverte spesso, nella scelta di alcuni inserti, nella simbologia delle inquadrature, nello sguardo ammaliato nei confronti di un cinema d’altri tempi. Cinema popolato da artisti che sono entrati nelle case della gente e non se ne sono mai andati, amici e amori impossibili, ai quali rivolgersi e tornare nei momenti di difficoltà.
Come fai a voler bene a una persona se non la conosci?
Monica è una di loro. La situazione in cui verte la conduce in un mondo di allucinazioni e apparizioni. Marcello Mastroianni e Alberto Sordi la intrattengono, ricordandole qualcosa di una vita che non ha mai realmente vissuto. Al suo fianco, Edoardo si fa carico di un peso più grande di lui, in nome di un amore che non ha mai smesso di provare – straziante e profonda la scena sul divano, in cui piange alle spalle della moglie intenta a recitare.
Immaginazione e verità si confondono, trascinando tutti (personaggi e spettatori) in un universo sospeso. Cosa è reale e cosa non lo è? Come si può convivere in questo modo? Quanto sono importanti i ricordi? Queste e altre sono le domande che si sollevano nel corso della narrazione e che la rendono così pregna di significati.
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