fbpx
Connect with us

Approfondimenti

Nicolas Winding Refn, l’ultimo cannibale del cinema

Nicolas Winding Refn parla di Ruggero Deodato e del cinema anni ’70 che lo ha ispirato

Pubblicato

il

Uno degli eventi più memorabili dell’80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è stata la masterclass di Nicolas Winding Refn, uno degli sguardi cinematografici più originali e abbaglianti del cinema contemporaneo.

Partito dalla Danimarca con la trilogia di Pusher e approdato a Hollywood con film come Drive o The Neon Demon, Nicolas Winding Refn ha ridefinito i generi, rimanendo lontano dagli stereotipi americani o virandoli in fiabe oscure al limite del cerebrale, ma sempre potenti, perturbanti.

L’incontro veneziano è stata una straordinaria opportunità per conoscere le radici del cinema di Nicolas Winding Refn, profondamente ancorate al cinema italiano e americano degli anni ‘70. Occasione della masterclass è stata un ammirato e sentito ricordo di Ruggero Deodato, regista scomparso un anno fa, che il Festival di Venezia ha omaggiato con la presentazione della copia restaurata di Ultimo mondo cannibale (1977), introdotto, in una proiezione speciale, proprio da Nicolas Winding Refn: «Un film estremo e unico, un’opera che potrebbe stare in un museo e che ha creato tante pellicole successive».

Ultimo mondo cannibale

Ultimo mondo cannibale

Il confronto tra i film e il mondo di questi due registi non poteva essere più carico di appassionanti suggestioni, nel montaggio visivo d’immagini e sequenze indelebili nella memoria di due autori così provocatori, soprattutto per la loro straordinaria abilità tecnica e narrativa nel rappresentare la violenza. Il loro cinema racconta, in maniera travolgente, come questa insista da sempre nell’immaginario degli uomini.

I film più celebri di Ruggero Deodato escono in un decennio, gli anni ‘70, che vedono un’esplosione della visione della violenza, dalla televisione al cinema, come effetto di un mutato contesto sociale, in un’Italia che sembrava impazzita, in un dilagare di terrorismo e brutale criminalità che faceva contare ogni giorno nei telegiornali il numero di morti e feriti nelle città. Come per Nicolas Winding Refn, anche in Ruggero Deodato la rappresentazione della violenza diventa una cifra stilistica in chiave spettacolare del racconto della società umana, in parte assecondando i gusti del pubblico, ma andando anche oltre.

Come dimostra la scelta del film presentato a Venezia, il tema del cannibalismo è quello per cui Ruggero Deodato è rimasto celebre. Tema legato alla percezione di un primitivo tabù, un’idea raccapricciante che fa riemergere antichi fantasmi, connessi a un mondo selvaggio da censurare e pur riemergente. Per il regista italiano, il cannibalismo era una metafora della società dei consumi, dello spettacolo ultimo di un’umanità persa nel suo istinto di regressione animale.

Ruggero Deodato

Ruggero Deodato

Nicolas Winding Refn ha rimarcato l’importanza visiva di quei film, «al di là delle loro storie. Erano uno spazio creativo incredibile. Sono non solo grandi film d’azione, pieni d’avventura, ma soprattutto incredibilmente liberi, lontani dai limiti politici e morali dei nostri giorni». Nicolas Winding Refn è tra coloro che hanno rivalutato quelle pellicole, emulando, in forme diverse, l’audacia di cineasti che hanno raccontato l’inquieta ferocia dei loro anni, in un cinema che osava il gusto dell’eccesso e che trova, ora, nuove forme di coscienza davanti ai nostri occhi.

Quanto quelle pellicole sono state tue fonti d’ispirazione?

Moltissimo. Ho visto quei film da ragazzo. Erano audaci e anche un modo per ribellarsi ai miei genitori, che li detestavano per la loro violenza. In realtà molta della mia cultura visiva viene dalla televisione. Quando ho visto Non aprite quella porta (1974) di Tobe Hooper ho capito che volevo fare cinema, che avrei potuto esprimere, attraverso questo media audiovisivo, la gamma delle mie emozioni, delle mie paure, dei miei desideri. Per me, il cinema americano è nel binomio di una doppia visione del mondo e della società: La vita è meravigliosa (1946) di Frank Capra è il perfetto film americano sotto ogni punto di vista (regia, attori, sceneggiatura), Non aprite quella porta è esattamente l’opposto, il lato oscuro del sogno americano.

Non aprite quella porta

Non aprite quella porta

La tua è una specie di controstoria del cinema.

Sono film più difficili da vedere, sono sgradevoli e imperfetti, ma sono cose che mi ispirano. In quel passato degli anni ‘70 puoi trovare parti buie e preziose della storia del cinema e della cultura in cui puoi rispecchiare te stesso.

Tra i tuoi autori di culto di quegli anni c’è anche Radley Metzger.

Il suo cinema era arte, anche se per molti solo pornografia: ha portato un senso narrativo pieno d’inventiva a un cinema erotico molto libero e spregiudicato.

Ti sei anche impegnato per la valorizzazione di Curtis Harrington e la conservazione dei suoi film.

Ho avuto la fortuna di riscoprire un certo cinema americano degli anni ‘70 che si tende a perdere e a trascurare. Invece, fa parte di una cultura pop piena d’interesse, non solo dal punto di vista cinematografico, ma anche musicale e storico. Non della grande storia, ma di un tipo di cultura troppo spesso negletta. Io ho sempre combattuto per i film in cui credevo, per quanto possano apparire strani ed estremi. La mia visione l’ho imparata da quel cinema, anche italiano, non solo americano, degli anni ‘70. Poi sono riuscito a fare i film che avrei voluto vedere.

Le piattaforme on line e internet aiutano nel recupero di questi film, oggi?

Con lo streaming, internet, hai tutto e hai niente. Trovi libertà, ma sei anche nella ragnatela del marketing, della grande industria. Si è controllati nell’illusione di essere totalmente liberi. Poi, il cinema in sala, per me, rimane centrale, come esperienza collettiva. Ora abbiamo, certo, tanti supporti, li uso anch’io, ma quella della sala è un’esperienza viscerale, fisica. Il vero senso e l’autentico piacere del cinema si vive lì, non su internet.

The Neon Demon Nicolas Winding Refn

The Neon Demon

Hai avuto anche tu problemi con la censura, come tante volte è capitato a Ruggero Deodato?

No, poche volte, sono stato fortunato. I miei film non hanno avuto grossi problemi, a parte in quei Paesi in cui il nudo è proibito in ogni sua forma. Credo anche che internet abbia aiutato ad allargare le maglie della censura, che trovo sempre odiosa: mi sembra ogni volta ingiusto che qualcuno decida per te cosa tu possa o non possa vedere. D’altro canto, credo anche che internet sia sempre più invaso dal porno e che questo stia influenzando sempre più il mondo del cinema contemporaneo.

Spingi sempre gli attori al loro massimo nei tuoi film.

Ho avuto la fortuna di lavorare con grandi interpreti che si sono affidati a me. Li ho scelti ogni volta con cura perché, sì, ci sono le scuole per attori, per esercitarsi, per migliorarsi, ma essere grandi attori è un dono di Dio: ce l’hai o non ce l’hai.

Quanto quel cinema avventuroso alla Ruggero Deodato si è perso?

Il mondo del cinema è completamente diverso rispetto ad allora, ma il cannibalismo, per il quale lui è rimasto famoso, mi sembra stia tornando di moda all’interno della nostra visione apocalittica del mondo.

Pusher II Nicolas Winding Refn

Pusher II

Come si rimane autori originali con il passare del tempo?

Il mondo cambia velocemente e tu devi seguirlo, ma anche radicarlo nelle tue passioni, comprese quelle cinematografiche. Il nodo è mantenere la creatività viva, senza farsi incasellare. Resistere alle pressioni dell’industria e delle mode che s’impongono è la lotta più dura.

Quanto l’essere daltonico è stato un problema nella tua carriera registica?

Questa mia debolezza è diventata la mia forza. È un modo diverso di vedere il mondo e anche di filmarlo.

Che consigli daresti a un aspirante regista che voglia diventare come Nicolas Winding Refn?

Di non ascoltare nessuno. Di seguire la propria strada. Di vedere anche la tv, di usare il cellulare, di costruirsi un proprio mondo e poi di fare il film che si vorrebbe vedere. Ora la tecnologia semplifica la vita: quindi sfruttarla, andare avanti.

Oggi, tanto cinema, soprattutto d’azione, assomiglia a un videogioco.

È vero, si influenzano. E certo alcuni videogiochi sono anche arte. Sono forme narrative che, a volte, hanno forme di convergenza, perché sono entrambe arti visuali, ma poi ognuno deve trovare la sua strada e costruirsi la sua specificità.

Sceglieresti mai un film di Ruggero Deodato per farne un remake?

No, perché? Non ce n’è alcun bisogno.

Drive Nicolas Winding Refn

Drive

Vuoi mettere in gioco le tue competenze di marketing e data analysis? Il tuo momento è adesso!
Candidati per entrare nel nostro Global Team scrivendo a direzione@taxidrivers.it Oggetto: Candidatura Taxi Drivers