È disponibile su RaiPlay The story of film: An Odissey, un’opera mastodontica scritta e diretta dal regista e critico cinematografico Mark Cousins.
Un’avventura epica che attraversa la storia della settima arte.
Marck Cousins realizza un viaggio avvincente alla scoperta delle più importanti innovazioni della cinematografia mondiale. Storia del cinema, ma anche storia di uomini e donne che hanno rivoluzionato il modo di vedere, portando alla luce ciò che si nasconde sotto la fragile apparenza delle cose.
La trama di The story of cinema: An Odissey
Il cineasta irlandese rilegge la storia del cinema attraverso spezzoni di film, interviste ad attori, attrici e registi provenienti da ogni angolo del mondo. Quindici episodi della durata di un’ora ripercorrono la nascita del cinema per arrivare fino al passaggio dalla pellicola al digitale.
Cinema e parola scritta
The Story of film è un progetto ambizioso, coraggioso e per certi aspetti riesce a rendere possibile l’impossibile. Ogni opera cinematografica può essere definita testo, anche se la sua natura non è basata sulla parola scritta ma sull’immagine in movimento. Il cinema è appunto un’arte visiva.
Questa sua peculiarità è da sempre in contrasto con la parola scritta, attraverso la quale oggi come ieri, si commenta, si apprezza o disprezza un singolo film. Recensioni fatte da professionisti o anche esternazioni di semplici spettatori che rendono pubbliche, attraverso vari canali sempre più diffusi con la nascita dei social, le loro opinioni e i loro gusti cinematografici. Dunque si utilizza la parola scritta per evocare qualcosa di non scritto, ma che potremmo definire volatile, come l’immagine filmica impressa con l’uso sapiente della luce. É da qui che nasce il desiderio di rivivere l’esperienza filmica attraverso l’immagine cinematografica. Parlare di film attraverso i film.
Un processo naturale, ma allo stesso tempo arduo se non impossibile, almeno per quanto riguarda il passato. Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, le novità cinematografiche erano fruibili solo nelle sale e rimanevano relegate li. Il critico, come lo spettatore comune, poteva rivedere il film attraverso i ricordi oppure tornare in sala e vedere ancora una volta l’opera cinematografica. Tutto ciò aveva qualcosa di magico, sacrale e andare al cinema era un’esperienza unica.
Il cinema oltre lo schermo
Impossibile recensire un film attraverso le sue immagini e la parola scritta era l’unico strumento a disposizione per la critica cinematografica. Ma poi arrivano i VHS e successivamente i DVD. E con questo ultimo supporto si rende possibile la critica attraverso le immagini. Può sembrare banale, ma già la semplice divisione in capitoli, presente in ogni DVD, è una specie di critica. E se con la parola scritta si portava avanti un lavoro di commento a un’opera cinematografica, con le immagini è possibile accompagnare alla pura recensione, un’operazione artistica e realizzare attraverso i film un altro film.
Con il passare degli anni le innovazioni tecnologiche hanno permesso la manipolazione delle immagini già esistenti e sono sempre più frequenti i casi in cui cineasti realizzano delle vere opere cinematografiche attraverso i film degli altri. Dunque è nata una nuova critica, ma anche un nuovo genere cinematografico del tutto innovativo.
Mark Cuisins con The story of film utilizza in maniera radicale questa nuova prassi, mettendosi alla ricerca delle trovate più nuove che hanno portato allo sviluppo della cinematografia mondiale. Il suo è un lavoro di critica, ma attraverso il montaggio firma una sua originale Storia del Cinema, che diventa un film autonomo, composto da immagini inedite e non e definirlo documentario risulta del tutto insufficiente.
The story of film è stato realizzato nel 2011, riscuotendo una certa attenzione da parte del pubblico, quando è stato distribuito nelle sale. La sua durata, circa 15 ore, rende l’opera ideale per la fruizione attraverso DVD o le piattaforme streaming, come quella di RAIplay.
The story of film: Il cinema una bugia per dire la verità
L’incipit della colossale opera ci conferma che non siamo dinnanzi a un lavoro di sola critica, ma di un’opera anche artistica. Mark Cuisins (Marcia su Roma) sceglie di iniziare riproponendo alcune sequenze di Salvate il soldato Ryan e lo fa con un uno scopo ben preciso. Il cineasta, con semplicità e potenza, riutilizzando le immagini del film di Steven Spielberg, trasmette allo spettatore l’essenza della settima arte: una bugia per dire la verità.
Il cinema, però, è anche empatia e allora ecco un frammento di Film blu di Krzysztof Kieslowski, dove possiamo ammirare il volto di Juiliette Binoche illuminato dal sole, mentre poco distante da lei una vecchietta è in difficoltà. È questa una scelta multipla, che consente a Mark Cusins di indossare i panni di critico e al contempo quelli di regista e montatore. Le sue sono idee originali esternate attraverso le opere filmiche di altri cineasti.
E sono appunto le idee che stanno alla base della grandiosità della settima arte, come quella di mostrare i fantasmi interiori dei personaggi attraverso le bollicine di un liquido. É ciò che avviene in alcune pellicole intramontabili: Taxi Driver e Il Fuggiasco.
La nascita del cinema
Dopo questo suggestivo inizio, The story of film rivive la nascita del cinema e la narrazione procede attraverso due luoghi fisici, ma potentemente simbolici per la nascita del cinema.
Questo nasce in simultanea nel New Jersey e a Lione. Stati Uniti e Francia, i due Paesi da cui in poco tempo il cinema si è diffuso in tutto il mondo. Edison fu il primo a capire che facendo scorrere delle immagini in una scatola chiusa si creava l’illusione del movimento. Dall’altra parte dell’Oceano, invece, i fratelli Lumiere realizzavano i loro primi esperimenti di avanzamenti e impressione della pellicola.
Sono questi i primi passi del cinema che raggiungono l’apice il 28 dicembre del 1895 con la proiezione del treno che buca lo schermo, spaventando il primo pubblico cinematografico. Illusione resa possibile per l’ingenuità degli avventori sul finire dell’Ottocento? Forse non è così se si tiene presente ciò che è possibile creare oggi con il digitale.
Senza mai essere banale, ma neanche sofisticato, The story of film continua rievocando le tappe salienti dello sviluppo del cinema. Mark Cousins crea una narrazione fatta di cerchi concentrici che collegano epoche e luoghi differenti. Il tema centrale, però, è sempre lo stesso: le innovazioni. Sono queste, infatti, che hanno consentito al cinema di uscire dal baraccone del circo ed entrare nella dimensione artistica. Un processo lento e continuo, il quale non ha cancellato le tecniche primordiali, ma le ha riutilizzante, mescolando il vecchio con il nuovo.
Ciò è avvenuto con l’utilizzo della luce, protagonista nella fine dell’Ottocento con i film di Georges Mèliès, ma altrettanto importante per cineasti successivi, come Orson Wells e Stenley Kubrick.
Hollywood: I film iniziano a volare
Poi la nascita delle diverse inquadrature e soprattutto del montaggio che hanno permesso il consolidarsi del cinema come un linguaggio autonomo, slegato dalla parola.
The story of film si concentra sulla nascita di Hollywood, dove i film iniziarono a volare. È qui che vari emigrati, spesso ebrei, a volte emarginati, gettarono le basi delle future produzioni americane. Hollywood iniziava ad imporre il proprio potere, trasformando il cinema in un’industria e vennero alla luce la Paramount, la Warner Bros e la MGM.
Il cinema ormai non era più esiliato nei barracconi da fiera, ma era diventato un modo per fare soldi e tutto veniva controllato nei minimi particolari, con maniacale ossessione. Un sistema produttivo che appariva come un regime dittatoriale, ma che spesso riusciva a sfornare dei veri capolavori.
Mark Cousins a questo punto introduce una preziosa testimonianza di Stanley Donen, il regista di Cantando sotto la pioggia.
“ Lo star system non si interessava davvero ai film, ma aveva il merito di mettere insieme i più grandi talenti per fare soldi… era una ditta che faceva soldi”.
I film prodotti nei primi anni di Hollywood erano sfavillanti, evocavano un mondo positivo e ricco. Come Il ladro di Bagdad che iniziava con un palese riferimento al grande sogno americano.
Buster Keaton e Charlie Chaplin in The story of cinema
In questo periodo storico del cinema le più importanti innovazioni arrivano dalla commedia. Il primo grande innovatore fu Buster Keaton, un architetto dello spazio filmico. É con lui che la macchina da presa, per la prima volta, diventa un vero e proprio sguardo, un occhio meccanico con un enorme potenziale.
In questo punto The story of film mette in campo una delle sue tante divagazioni. Per un attimo la narrazione da Hollywood si proietta in Medio Oriente, per raccontare le similitudini tra Keaton ed Elia Suleiman, un regista palestinese che trasformava la scontrosità in comicità.
Il secondo grande innovatore della commedia americana fu Charlie Chaplin. In questo caso l’attenzione principale non era posta sulla potenzialità della macchina da presa, ma sul linguaggio del corpo. Chaplin, infatti, usava la sua genialità per esaltare la capacità comunicativa basata sulle movenze corporali, giungendo a una comicità mista alla malinconia, come avviene nel suo film autobiografico, Il monello.
“Charlie Chaplin umanizzava il cinema comico”.
La sfida a Hollywood
The story of film racconta come Hollywood andava acquisendo il ruolo di capitale mondiale del cinema. Nello stesso periodo, però, sia in America che altrove, muoveva i suoi primi passi un cinema che contrastava l’illusione patinata delle produzioni di Los Angeles. Era il cinema del realismo.
Prima con una serie di documentari, come Nanuk l’esquimese di Robert Flaherty, e poi con una produzione di film di finzioni, ma con matrice realistica, si mise sotto attacco la visione opulente di Hollywood.
Con La folla, L’appartamento e Il Processo si rappresentava l’emergente società di massa e l’isolamento del singolo individuo. In questi film la messa in scena diventa scarna, spoglia da tutti gli orpelli di Hollywood. Mark Cousins indica Carl Theodor Dreyer come il massimo esponente di questa nuova cinematografia. Il regista danese, con La passione di Giovanna d’Arco raggiunge il massimo della scarnificazione del tessuto filmico. Usa il vero volto degli attori, senza trucco, sottolineando i loro stati d’animo, utilizzando un semplice sfondo bianco. Lo splendore non viene più impresso sulla pellicola. Dreyer e tanti altri registi usavano il cinema come laboratorio e andavano oltre la superfice, catturando il vero.
Lo stesso processo avvenne in Germania con l’espressionismo, che con poco più di trenta film riuscì a esportare la sua poetica in tutto il mondo. The story of cinema in questo caso non può fare a meno di soffermarsi sul capolavoro di Robert Wiene, Il gabinetto del dottor Caligari.
Ejzenstejn in The story of film
È poi il turno di un vero genio del cinema mondiale: Sergej Michajlovic Ejzenstejn. Il cineasta russo con la sua filmografia ha rivoluzionato la settima arte, il suo cinema aveva la potenza di arare la mente dello spettatore. Una personalità multipla, che viene sottolineata da Mark Cusins con un’efficace inquadratura dedicata a delle graziose matriosche. Ejzestejn, infatti, era allo stesso tempo marxista, cristiano e omosessuale.
Il regista de La corazzata Potemkin era, però, soprattutto un umanista, come viene confermato dall’intervista allo storico Naum Kleiman.
“La sua parola d’ordine era fratellanza e il suo cinema augurava la pace sulla terra”.
L’umanesimo del cinema giapponese
A proposito di umanesimo, ecco il Giappone. Una nazione perennemente in guerra con il mondo intero, dove gli amanti della settimana arte si sono concentrati sul singolo individuo e le sue disgrazie.
Come primo grande regista nipponico viene indicato Yusujro Ozu, non solo un cineasta, ma un vero filosofo. Non amava gli eroi e ciò lo poneva in prima linea nella simbolica guerra contro il sogno illusorio di Hollywood.
Dall’avvento del sonoro all’ondata del nuovo cinema
The story of film prosegue con puntuali descrizioni sulle più importanti innovazioni cinematografiche. L’avvento del sonoro che trasformò radicalmente la modalità di fare e subire cinema. Poi il Secondo Conflitto Mondiale e le sue tragiche conseguenze su ogni aspetto umano e ovviamente il cinema non poteva rimanere estraneo. Sulle rovine del mondo nacque un nuovo cinema della realtà, come il Neorealismo e qualche decennio più tardi l’ondata del nuovo cinema.
Dalla Francia, con Francois Truffaut e Jean Luc Godard, si diffonde una nuova modalità cinematografica, che inverte le regole prestabilite e mette in campo l’ennesima sfida al sistema produttivo hollywoodiano.
Con continui rimbalzi tra un’epoca all’altra e citando le cinematografie di tutto il mondo, come quella egiziana, dove troviamo l’arte di Yusuf Shahin, un cineasta ribelle che ha realizzato il capolavoro del melodramma, intitolato Stazione centrale, arriviamo al XXI secolo e cinema lo filmò.
Il cinema del XXI Secolo
Mark Cousins ancora una volta non si limita ad analizzare il cinema del nuovo millennio, ma aggiunge il suo personale tocco artistico. Seleziona un gruppo di spezzoni dove appare un gorilla. L’autore di The story of film parte da lontano, mostrando una gang di Stanlio e Ollio dove viene trasportato un pianoforte su un ponte sospeso tra le montagne. Ma ecco che un certo punto arriva sulla scena un gorilla. È questo animale, selvaggio e buffo allo stesso tempo, che rappresenta la novità del cinema del Duemila, travolto dall’avvento del digitale.
Il gorilla, una figura naturale e inquietante, che appare nei nuovi film per indicare la duplice o meglio dire multipla natura umana. Come succede in Mulholland Drive di David Lynch. Un film costruito sui sogni. Non si tratta, però, del sogno d’oro di Hollywood, ma di un mondo onirico perverso e pericoloso, fatto di fantasmi e delusioni.
Il viaggio epico di Mark Cousins si conclude avanzando alcune proposte su come sarà andare al cinema nel futuro. Proponendo, inizialmente, una previsione pessimistica, come avviene in Inception di Cristopher Nolan, The story of film, si conclude con augurio per il cinema mondiale.