A man of reason di Jung Woo-sung è un gangster movie coreano presentato in anteprima al 28° Busan international Film Festival, e poi in Italia al Florence Korea Film Fest 2024, interpretato da Jung Woo-sung (Il buono il matto e il cattivo, Nido di vipere), Kim Nam-gil (Hunt, Emergency Declaration), Kim Jun-han (Nido di vipere, The drug king) e Park Sung-woong (Hunt, Hostage: missing celebrity).
Dialoghi scarni e un grande lavoro di presenza a cui Jung Woo-sung è ben abituato. Nel suo salto dietro la macchina da presa, evidentemente supportato da un budget più che onesto, omaggia senza troppo timore egregi predecessori di cinema d’azione. Un semplice film ma che scorre dove Jung esce da supereroe.
A man of reason di Jung Woo-sung, la trama
Soo-hyuk (Jung Woo-sung) è appena uscito di prigione dopo dieci anni, e va subito in cerca della donna a cui è legato. Lì scopre di avere una figlia, In-bi, e che in realtà il suo passato ancora lo perseguita. Il suo ex-capo Woo-jin (Kim Nam-gil) e il suo braccio destro Sung-jun (Kim Jun-han), infatti, sono sulle sue tracce per riaverlo in azione. Ma Soo-hyuk non è più dell’idea, dal momento che la compagna è malata e la figlia ha bisogno di un padre.
Incastrato da due folli mercenari incaricati di ucciderlo, Soo-hyuk sarà costretto a lottare per la sua libertà e per la salvezza della figlia, mentre la catena di vendette e omicidi sembra non avere mai fine.
L’esordio di Jung Woo-sung è solo Jung Woo-sung
Malgrado un inizio di film egregio, girato ammiccando apertamente al western di Sergio Leone, e ad atmosfere di crudeltà tra Tarantino e Park Chan-wook, la narrazione di A man of reason di Jung Woo-sung non è del tutto all’altezza delle premesse.
Alcune sequenze di azione pura si distinguono per spettacolarità (e budget): l’esplosione della chiesa, l’inseguimento in motocicletta piuttosto che l’irruzione nel locale del giovane Soo-hyuk, che picchia tutti sotto il fascio rettilineo e suggestivo di una torcia.
Nonostante sia arrivato a dirigere questo film in un secondo momento, Jung Woosun ha le idee chiare, avendo masticato una grande quantità di gangster movie, così tanti da essere del tutto a suo agio nella doppia veste di regista e protagonista. Tuttavia, malgrado l’inizio quasi maestoso, A man of reason finisce per essere un film standard nei momenti in cui ci sarebbe voluta più decisione.
Molto raffinato il personaggio della cattiva, una strega feroce, preparatrice di bombe poké ball. E altrettanto raffinato e quasi poetico, il diffuso rimando al Joker: il ghigno in faccia, gli incendi, la risata. L’idea di Joker come un dramma esistenziale che affligge i cattivi, che quindi sono stati ad un certo punto della loro vita, forzati ad essere tali: e su tutti, un Jung Woo-sung che lotta contro il destino criminale come il giustiziere notturno di Seoul.
Qualcuno la deve farla finita recitano di continuo i personaggi. E forse solo quando ci rimangono tutti c’è una speranza. Tutti, tranne l’highlander, il Jung Woo-sung padre tenace, che si porta a casa un film un po’ già visto, dove la sua interpretazione scarna di dialoghi regge completamente la riuscita e la riflessione sulla vacuità della violenza.