Filippo Timi, con l’ausilio dell’ex marito Sebastiano Mauri, porta sul grande schermo Favola. Il prodotto, nato per il teatro, era stato portato in tournée dall’attore perugino nel 2011. In scena c’era anche Lucia Mascino, che ritroviamo nel film.
Favola ha visto la sua anteprima al Torino Film Festival 2017, dove ha partecipato nella sezione After Hours. In seguito, è stato distribuito nelle sale come evento speciale nel 2018 ed è ora disponibile su RaiPlay.
“Chi dovrebbe vedere Favola? Lo dovrebbero vedere tutti, perché è un’opera che prova a sfuggire a un’idea di identificazione ben precisa. È un film che parla di identità, di donne e di emancipazione. Non ci sono argini per certe storie”. (Filippo Timi per Movieplayer)
Cosa racconta Favola
Mrs Fairytale trascorre le sue giornate in una non ben identificata cittadina statunitense degli anni Cinquanta. La donna è sottomessa a un marito violento. Passa le giornate a confidarsi con il cane impagliato Lucy, voce della sua coscienza, e con l’amica Mrs Emerald. Ha anche tre ospiti frequenti, fratelli gemelli, che le permettono di mettere in gioco la propria femminilità.
Mentre Mrs Emerald scopre il tradimento del marito, la protagonista si rende conto di subire una trasmutazione da donna a uomo. Inizierà una relazione tra le due, che escogiteranno un piano per eliminare Stan, marito di Mrs Fairytale. All’uomo è fortemente legata la madre della protagonista e ciò crea un forte disagio in lei.
Fra ufo, gemelli impenitenti e Lucy che continua a sparire, si arriva a un finale imprevisto che apre le porte a un nuovo mondo dove tutto pare perfetto.

Favola – Un frame della pellicola con Filippo Timi
Favola : dal teatro al cinema passando per la televisione
Ciò che viene trasposto in pellicola è molto affine al teatro. La storia di Mrs Fairytale è naif ma non kitsch, viene raccontata prestando attenzione ai dettagli e tale commistione rende interessante questo prodotto ibrido. La teatralità non viene richiamata solo nel recitativo ma soprattutto a livello scenografico: Alessia Anfuso ha costruito un habitat davvero molto specifico legato agli anni Cinquanta senza però diventare barocca. Gli oggetti sono ben equilibrati, in forma e colore e la fotografia di Renato Berta ne esalta le potenzialità.
In quell’ambiente domestico, la protagonista sviluppa la sua esistenza, fatta di una solitudine accettata e una sottomissione inculcata. E se l’interpretazione di Timi, con il suo play teatrale, diventa un elemento di rottura al classico schema cinematografico, meno lo sono i costumi dei protagonisti.
Fabio Zambernardi presenta degli abiti interessanti ma che, rispetto al resto del costrutto, perdono di impatto. Come anche il montaggio di Osvaldo Bargero e Susanna Scarpa, indirizzati da una scelta registica precisa. Il loro lavoro diventa molto simile a quello che siano purtroppo abituati a vedere in televisione: stacchi netti per unire due parti comunque consecutive, come se si volesse dare un salto temporale che però non ha una finalità ben definita. Ciò porta a una fatica maggiore dello spettatore, il quale non viene accompagnato nel mondo di Mrs Fairytale in maniera agevole.

Favola – Il protagonista Filippo Timi
Quando gli attori aiutano una regia non pienamente riuscita
Una frenesia che, insieme ad altri indicatori, fa comprendere come il regista voglia mettersi in gioco in prima persona, andando però a far perdere di efficacia tutto il resto del complesso narrativo. Sono apprezzabili alcune idee: una su tutte, il non parlato di Stan, marito della protagonista, quando si sente la sua voce nonostante stia bevendo. Rimangono tuttavia fini a se stesse e non riescono ad amalgamarsi alla trama complessiva.
La storia ricorda quella di Shutter Island di Scorsese. Il Maestro statunitense riesce a mantenere alta la tensione fino alla fine. In Favola, invece, il regista non si avvicina a quel risultato. È ben chiaro che Mauri si ispiri anche a Hitchcock, come per l’uso della musica incisiva di Aldo De Scalzi e Pivio. Il cambio di percorso caratterizzante il finale diventa però macchinoso e davvero troppo immediato.
Filippo Timi e Lucia Mascino interpretano efficacemente le due amiche, anche loro mantenendo un ché di teatrale. Compito più complesso per Luca Santagostino e Sergio Albelli. Il primo ha il gap di scontrarsi con ben tre personaggi – i fratelli gemelli Tedd, Tim e Glenn – e, per quanto li caratterizzi, non riesce ad essere impattante. In maniera analoga, Albelli ha poco spazio per dare una dimensione ben connotata al suo Stan. In compenso, Piera Degli Esposti lascia il suo segno indelebile nell’interpretazione della madre di Mrs Fairytale: i suoi primi piani diventano magia, anche con un semplice movimento di occhi.
[…]”Io e Lucia lavoriamo in teatro da più di quindici anni, io ho scritto la pièce e il ruolo per lei, per giocare con lei in scena”. (Filippo Timi a Gay.it)

Favola – Un frame della pellicola
Peccato che l’omonormatività abbia la meglio
Se tutta la parte di narrazione precedente, nella sua surrealtà, è incisiva, il lieto fine conclusivo si rivela non soddisfacente. Ciò, in virtù del messaggio queer che si vuole evidenziare legato al mondo transgender. Una deficienza autorale e la mancata indagine dei personaggi di Timi e di Mascino portano l’epilogo a una mera rappresentazione da famiglia omonormata. E l’omonormatività, così come più in generale la queer-normatività, sono aspetti da cui il cinema italiano non riesce, purtroppo, a staccarsi.